Tu ne sei innamorata?

59 5 2
                                    

Bellatrix: "Tu ne sei innamorata?"


Guardai per un'ultima volta lo spettacolo che avevo davanti agli occhi, mi soffermai qualche istante mentre i miei compagni lentamente si smaterializzavano tutti, uno dopo l'altro.

Davanti a me c'era un silenzio di morte, corpi esanimi fulminati, bruciati vivi in un istante.

La battaglia era ormai terminata.

Avevo vinto io.

Li avevo uccisi tutti, i loro cadaveri erano stesi davanti a me e io li guardavo senza provare nulla di particolare.

Assolutamente nulla.

Li avevo uccisi tutti, ma non sentivo niente, né pietà né rimorso, niente.

Li guardavo immobile. Volevo piantare nella mia memoria che ero stata capace di una cosa simile senza il minimo tentennamento e senza il minimo sentimento.

Fu Alecto a scuotermi per indicarmi di tornare al Quartier Generale.

"Allora? Non volevamo tornare dal Signore Oscuro?"

Annuii, ma non mi spostai.

"Muoviamoci allora, qui c'è una puzza insopportabile di carne bruciata, andiamo."

Mi apprestai a smaterializzarmi anche io senza pensare più a niente, volevo solo sapere l'opinione del mio maestro sul mio operato.

Mi importava realmente solo di lui.

Quando arrivai mi guardai velocemente attorno e capii subito che non c'era.

Provai una stretta fortissima al cuore, fu una delusione cocente.

Non era lì ad attendere notizie della battaglia svoltasi in nome suo e men che meno gli importava di sapere cosa avesse fatto la sua allieva.

Niente di niente.

Sentii le lacrime bruciarmi prepotentemente gli occhi.

Desideravo tanto vederlo, volevo che mi considerasse brava, non solo durante le lezioni, o gli allenamenti, ma anche davanti ai veri nemici e al pericolo e alla lotta, mi ci aveva mandato lui, mi aveva detto cosa e come fare, mentre ora nessuna considerazione.

Dovevo rassegnarmi al fatto che le sue priorità fossero altre.

Non potevo comunque piangere davanti a tutti, rimasi zitta, non parlai con nessuno e mi separai velocemente dagli altri, entrai in una piccola stanza appartata lasciandomi cadere su una poltrona con un profondo sospiro.

La tensione scendeva lentamente e iniziavo a sentirmi sempre più stanca, l'adrenalina lasciava posto alla spossatezza, alla delusione, alla tristezza.

Ero stanca da morire: fu proprio quel pensiero a spaventarmi, mi morsi le labbra improvvisamente allarmata.

Per un attimo non pensai più al mio maestro. Ricordai di aver letto su un libro che, un mago, o una strega con poteri realmente forti, non subivano perdite di vigore ed energia al termine di uno sforzo, anche se molto intenso come era stato il mio.

Mi venne dunque una gran paura di scoprire di non essere così potente come pensavo, mi sentivo talmente stremata che mi attanagliò il terribile presentimento di essere una strega mediocre e debole.

Rimasi alcuni istanti senza sapere cosa fare.

Non volevo affrontare quella paura, eppure dovevo capire la verità: non potevo crogiolarmi nell'incertezza.

Con un sospiro cercai di prendere coraggio. Portai la mano destra alla bacchetta, sfilandola dal fodero della veste nera.

La afferrai con entrambe le mani, osservandola, rigirandola fra le dita, pregandola in cuor mio di funzionare come aveva sempre fatto.

Il Maestro di Arti OscureDove le storie prendono vita. Scoprilo ora