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17 giugno 2022

Scendo gli scalini dell'aereo decisamente intontita; dodici ore di viaggio, neanche una di sonno e il sedere che ormai ha preso la forma del sedile.
Guardo lo schermo del cellulare che nel buio della sera brilla come un faro, notando che segna le 9.30 pm.
Seguo la scia di gente dirigersi ad un'andatura sostenuta verso l'interno dell'aeroporto e avvolta nella mia giacca in jeans ancora destabilizzata dall'aria condizionata, accelero il passo.

Una volta ammucchiati davanti al nastro trasportatore, inchiodo lo sguardo nel vuoto e consapevole della lunga attesa che mi spetta, ne approfitto per fare mente locale delle poche informazioni ricevute dal signor Ward.

Il clima non è così diverso come mi aspettavo, forse c'è qualche grado in più, ma tutto sommato è come essere a casa, in Canada.
Mi hanno avvisata che all'uscita avrei trovato qualcuno ad aspettarmi per condurmi direttamente all'hotel e nonostante la stanchezza del viaggio, sono davvero emozionata.
Sembra di stare dentro ad un film, dove sono io la protagonista.

Mi arriccio involontariamente una ciocca di capelli, ansiosa di poter cominciare e leggermente spaventata; questo sarebbe il mio primo lavoro serio e pertinente al settore dei miei studi.

L'unica cosa che mi ferma dal distruggermi le unghie dall'ansia, è la valigia rossa che finalmente spunta e tiro un sospiro di sollievo nel vederla tutta intatta.
Si sa che razza di lanci fanno fare a queste povere creature per sistemarle in stiva.
La sollevo senza troppa fatica e mi dirigo spedita verso l'uscita.

Quando si aprono le porte automatiche noto una ventina di persone, vestite di tutto punto e chi anche con cappello e guanti, con un foglio in mano e sopra stampato il cognome della persona attesa.
Senza troppa fatica leggo il mio cognome sul foglio tenuto in mano da un uomo sulla quarantina circa, con lunghi capelli neri e pettinati col gel in un accurato chignon.
Camicia bianca aderente, gilet ben stretto sul punto vita ad evidenziare la larghezza notevole delle spalle ed infine pantaloni e scarpe nere.
Mi avvicino sorridente, decisamente colpita dal bell'aspetto del soggetto in questione e di risposta ricevo un sorriso e un occhiolino.

<<Signorina Lavoie, se vuole seguirmi. >>
Annuisco fievolmente sotto lo sguardo curioso di quello che sicuramente sarà il mio autista.
<< Devo mostrarle i documenti?>> non faccio in tempo a tastare nelle tasche della giacca, che senza perder tempo getta il foglio nel cestino e si fa spazio tra la folla per farci passare.
<< Non serve >> risponde secco, continuando a camminare a passo svelto.
Rimaniamo in silenzio per tutto il tragitto finché non arriviamo al cospetto di un' Audi Q8 nera e lucidata.
Si avvicina alla portiera del passeggero posteriore e con galanteria innata apre la portiera, indicandomi con un gesto della mano di accomodarmi.
Senza esitare, mollo la valigia e mi faccio spazio nei sedili morbidi in pelle.
E' bellissima e profuma ancora di nuovo.

Una volta sistemato il tutto in bagagliaio e giunto a bordo, incrocio i suoi occhi scuri come il caffè attraverso lo specchietto retrovisore, che puntualmente aggiusta per assicurarsi di riuscire a vedermi da ogni angolazione.
<<Il mio nome è Maximilian, ma chiamami Max. Da questo momento ci daremo del tu, in modo da poter entrare in confidenza. Ora ci dirigeremo all'Hotel, dista un'oretta circa quindi, prendila comoda e dormi pure se vuoi.
Domani mattina faremo colazione insieme alle dieci, ti prego di essere puntuale, poi ci sposteremo nella sala meeting dove parleremo del lavoro che dovrai svolgere e dove potrai farmi tutte le domande necessarie.
Ora ti serve sapere solo che, da adesso, sarò il tuo autista e la tua ombra, ti seguirò ovunque e ogni tuo passo, anche se non fisicamente. >>

Lo sguardo attraverso lo specchietto si assottiglia e si indurisce al contempo.
La situazione sta prendendo una piega strana e non so se è perché sono stanca e non sto capendo molto, o perché c'è davvero qualcosa che non mi torna.
<< D'accordo Max >> annuisco facendogli capire di averlo ascoltato e di aver registrato tutte le informazioni.
Torna a fissare la strada e io di riflesso fuori dal finestrino, ammirando meravigliata i grattacieli e le mille luci che li illuminano.

                                 *

<<Benvenuti all'Hotel Platinum>>
Sono quasi le undici e ad accoglierci all'ingresso di questo immenso hotel a cinque stelle, è una ragazza giovane con i capelli biondi lunghi sulla schiena a formare voluminosi boccoli e due occhi cristallini come il ghiaccio.
Vestita in tailleur bianco e fazzoletto al collo dorato, ci offre le tessere magnetiche delle nostre stanze indicandoci la posizione delle scale e dell'ascensore.
<< Il servizio in camera è incluso nel suo pacchetto di soggiorno signorina Lavoie, non esiti a chiamarci dal telefono in camera. >>
Sbalorditivo è dire poco. Non ho mai approfittato del servizio in camera dato il sovrapprezzo decisamente notevole.

Osservo il numero della mia chiave magnetica e di conseguenza fisso Maximilian con un sopracciglio inarcato.
<<< 666. E' uno scherzo? >> domando sarcastica, fissando la sua carta e leggendo il numero 665.
<< Sei una ragazza religiosa o semplicemente superstiziosa? >> accenna una piccola risata e io lo seguo scuotendo la testa.
<< Nessuna delle due e ora andiamo, che sto morendo di sonno>>.

La hall dell'hotel è imperiale.
Cammino su una distesa di marmo roseo con colonne stile Corinzio a sorreggere possenti il soffitto irraggiungibile.
Il capitello di questi colossi è decorato di classici fiori d'abaco e foglie d'acanto, posizionati lungo tutto il diametro della stanza a formare un cerchio perfetto.

Il mio scanner visivo si sposta agli elementi ornamentali come i tappeti, sicuramente persiani e dai colori rosso, beige e oro. I divanetti in pelle bianca seguono un'andatura più moderna come gli svariati quadri dalle immagini astratte.
Un contesto lussuoso che amalgama due espressioni diverse ma perfettamente combaciabili.

Ci dirigiamo verso l'ascensore, perché nessuno dei due ha la voglia di percorrere sei piani di scale con una valigia da scarrozzare e rimango nuovamente sorpresa nel vedere che anche quest'ultimo, è dorato.
<<Non hanno badato a spese qui>> fisso il mondo circostante come Pinocchio nel paese dei balocchi, scrutando ogni dettaglio e ogni ornamento.
L'ascensore si apre e si chiude con lentezza, come se non avesse fretta di compiere il suo dovere e nell'attesa di arrivare al nostro piano, una musica classica si avvia in sottofondo.

<<Questa deve essere la mia>> commento non troppo entusiasta del numero in lettere dorate appeso fuori dalla porta bianca.
<< Suppongo di sì. Buonanotte Ariel, domani mattina giù alle dieci. >>
Annuisco, appoggio la tessera su un quadrato in plastica trasparente dalla luce a neon blu e una volta scattato il verde, entro, mi appoggio alla porta e tiro un sospiro di sollievo.

HOTEL INFERNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora