Rientro in hotel con gli occhi rossi e gonfi, facendo tappa dalla ragazza in reception ancora sveglia e pronta ad aiutare.
Le spiego il problema con la mia carta magnetica e dopo due minuti, me la restituisce con un sorriso e un cioccolatino in regalo, scusandosi per l'inconveniente.
Accetto il pensiero e ritorno verso le mie amate scale. Non prenderò più l'ascensore in vita mia.
Raggiungo a fatica e senza fiato il solito corridoio e, dopo esser scattato il verde, mi precipito a letto, piombandoci sopra con poca grazia, concedendomi lo sfizio del cioccolato fondente.
Non ho nessuna voglia di struccarmi e lavarmi i denti, quindi semplicemente mi spoglio, mi avvolgo nel lenzuolo e chiudo gli occhi, sperando che l'incubo finisca.
Ma in realtà, non è che appena iniziato.Mi trovo in un corridoio lungo e stretto, le luci a basso consumo energetico bianche sfarfallano, impedendomi di vedere chiaramente.
Le pareti in pietra gocciolano per l'umidità e un odore acre pervade l'ambiente.
Cammino dritta, con le gocce a schiantarsi sul terreno come unico rumore di sottofondo.
Apro una porta tagliafuoco e mi ritrovo in una sala sporca, piena di polvere e con tende sgualcite.
Un lettino da operazione al centro e diversi mobili in legno contenenti svariate boccette e vasi riempiti di liquido verdastro.
Un cigolio spaventoso mi fa rabbrividire e quando mi volto, una sedia a rotelle si muove nella mia direzione.
La tensione mi divora e il cuore scalpita come se volesse scappare.
Il cervello cerca di inviare l'impulso alle gambe per svignarsela, ma non riesco a muovermi.Sono seduta sulla sedia a rotelle e qualcuno mi sta conducendo lungo il corridoio, ma non riesco a girarmi per vederne il volto.
Scariche di elettricità mi risuonano nei timpani come se le avessi addosso, seguite da urla disperate.
<<No, no. Non voglio>> cerco di alzarmi, ma le gambe non rispondono.
I polsi sono legati alla sedia e solo adesso noto di indossare un camice da ospedale.
Svoltiamo in un corridoio più stretto, con porte serrate da tutte e due i lati che sbattono con veemenza.
Conficco le unghie nel poggia mani, affondandole fino a farmi male, temendo che qualcuno possa uscire a saltarmi addosso da un momento all' altro.
Facciamo capolino in una stanza spaziosa e vuota, con una vasca da bagno lurida, posizionata al centro della stanza.
Lotto contro me stessa per scappare, rovesciare la sedia o provocare qualche danno per evitare una fine dolorosa.Indosso una camicia di forza.
Da dove è sbucata?
La stessa persona che spingeva la carrozzina, ora invece mi solleva per farmi entrare nella vasca.
Non riesco a vedere il contenuto ma posso immaginare che ci sia del ghiaccio.
Tento di nuovo di salvarmi ma un'improvvisa fatica, mi impedisce di tenere gli occhi aperti.
Provo ad assottigliarli e quando mi immerge, un calore primordiale mi avvolge.
Il liquido è caldo, denso, compatto.
Sono immersa in una vasca di sangue.
Di nuovo il rumore dell'elettroshock e la stessa persona si avvicina a dei pulsanti rossi con l'intenzione di premere quello che, sicuramente, rilascia la scarica. Bip.Mi sveglio urlando come una pazza in un bagno di sudore, che parte dalla testa fino ai piedi e con le mani sporche di sangue, dovuto alle ferite auto inferte nell'aver affondato le unghie.
Respiro a pieni polmoni, reggendomi la testa fra le mani.
Il bussare con insistenza alla porta mi costringe ad alzarmi, prendendo di sfuggita una vestaglia, per poi andare ad aprire.
<<Cos'è successo?>> Max entra in camera senza attendere il mio permesso, visibilmente preoccupato.
<<Niente. Solo un incubo>> mi sfrego la fronte, ancora con la sensazione di avere gli occhi stanchi.
Si siede sul letto e senza indagare oltre, mi sventola davanti al naso una busta bianca, che afferro con una certa dose di perplessità.
<<Devi aver far fatto centro con il nostro amico>> mi strizza l'occhio con mezzo sorrisino.
<<L'hai già aperta!?>> alza le spalle e davvero non posso crederci che non abbia un minimo di ritegno.La apro con le mani tremolanti, scoprendo un cartoncino bianco con una frase scritta in bella calligrafia e quasi sicuramente con la penna stilografica.
"Vieni e vedi" e subito sotto, l'immagine di una macchinina e un cavallo.
<<Secondo me, vuole farti vedere la sua Ferrari>> conclude alzandosi in piedi per raggiungermi e guardare meglio le immagini.
<<Hai l'immaginazione limitata.>>
Sbuffo prendendolo in giro, riflettendo su quelle tre parole. Sono sicura di averle già sentite, ma non ricordo dove o in quale contesto.
<<Vuole che venga accompagnata dove ci sono dei cavalli. Ci saranno delle scuderie nelle vicinanze, no? Crede che tu sia il mio autista, per quello ha inserito la macchina. Sa che ci posso arrivare tranquillamente >> appoggio foglio e busta sul mobiletto all'entrata, aprendo poi l'armadio per cercare dei vestiti adatti, ovvero, jeans e t-shirt.
<<Sì, l'unico centro di equitazione è il Saint Johns, situato vicino alla spiaggia.>>
Bingo. Quale altro posto, se non quello dove siamo stati soli la prima volta?
<<Ottimo. Conoscendo il tipo, avrà lasciato il biglietto e sarà andato subito lì. Dammi venti minuti e sono pronta, ci troviamo direttamente nella hall.>>
Annuisce e dopo essere uscito fuori, mi dirigo sotto la doccia per darmi una rinfrescata e soprattutto, una svegliata.
STAI LEGGENDO
HOTEL INFERNO
ParanormalDi nuovo l'interferenza mi stordisce l'orecchio. "So dove sei" Oh no, di nuovo. > l'uomo con gli occhi azzurri e i capelli biondi lisciati all'indietro continua a stuzzicarmi, ma ho perso la concentrazione. "Sono qui con te" Mi guardo attorno scatto...