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<<Tesoro, vieni qui!>>
Mamma mi corre in contro, senza aspettare che arrivi alla macchina parcheggiata appena fuori dall'aeroporto e mollando la valigia a terra, la accolgo in un abbraccio stritolante.
Nonostante tutto, mi è mancata così tanto.
Rimaniamo in questa posizione due minuti buoni, in silenzio e a coccolarci per tutte le volte che non lo abbiamo mai fatto.
Poi è il turno di papà, ma essendo meno affettivo, dopo una sola stretta forte si separa battendomi una pacca sulla spalla e mostrandomi un sorriso orgoglioso.
<<Finalmente sento la tua voce! Devo dire che all'inizio mi sono preoccupata, poi il tuo capo ci ha sempre tenuti aggiornati, chiamandoci due volte alla settimana e mandando sul telefono diverse foto di te e di voi insieme. È davvero un bell'uomo!>> esclama soddisfatta, facendomi l'occhiolino.
Rimango sbalordita dalla sua affermazione, domandandomi chi è questa donna e che fine ha fatto mia madre.
Forse la lontananza ha fatto bene un po' ad entrambe, smussando qualche lato critico dei vari caratteri.
<<Dai, andiamo a casa, così ci racconti tutto!>>
Annuendo in silenzio, mi lascio aiutare con i miei effetti personali e una volta in viaggio, perdo lo sguardo fuori dal finestrino, accarezzandomi di tanto in tanto la pancia.
Forse è solo suggestione, ma è come se l'esserino al mio interno percepisse il mio umore e si calmasse ogni qualvolta che lo accarezzo, come se si sentisse consolato.
Magari sono ancora sotto l'effetto di Dagon o magari, per davvero, si sta già creando un legame.
Non ho il coraggio di dirlo ai miei.

Una volta arrivati a casa, mi fermo qualche secondo sulla soglia dell'ingresso, guardando il salotto e tutto quello che mi circonda, come se non ci avessi mai abitato prima.
Sembra tutto così nuovo, diverso. 
Devo dire che mi è mancata la mia routine quotidiana e tutto quello che mi appartiene, ovvero, gli spazi e il tempo.
Salgo in camera trascinandomi dietro la valigia e una volta arrivata, mi sdraio sul letto a peso morto, fissando il soffitto.

<<Sono nei guai>> commento ad alta voce e inconsciamente rigiro fra le dita il ciondolo di Dagon.
Se facessi veramente quello che Raphael mi ha detto? Riavrei la mia vita indietro e la libertà.
Non dovrei svelare la verità a nessuno e potrei forse riguadagnarmi la fiducia degli angeli.
Questo è quello che vogliono loro. Il bambino è quello che vuole Dagon, e io? Che cosa voglio veramente?
Non mi sono mai soffermata a pensare e a prendere una decisione vera e propria.
Vorrei parlarne con la mia migliore amica o con qualcuno che possa capirmi e aiutarmi, ma so che è fuori discussione.
Mi sono messa nei casini da sola e da sola ne devo uscire.
Non posso diventare madre e morire così giovane. Voglio vivere questa vita appieno, godendomi ogni singolo momento con le persone che amo e visitando ogni angolo di mondo.
Non voglio nemmeno ferire Dagon, ma non posso fare altrimenti.
Solo il suo pensiero continua a tormentarmi la mente, in ogni istante e, il piccolo demone dentro di me mi si avvinghia addosso, come a volermi dissuadere dal liberarmene.

<<Va tutto bene? Sembri strana.>> 
Mamma fa capolino nella stanza, venendo poi a sedersi al mio fianco con un'aria pensierosa.
<<Spero ti sia divertita e che tu abbia dato una buona impressione! Ci è stato comunicato che ti hanno fatto una proposta per continuare, in un'altra sede però, più lontana e che ti stanno lasciando il tempo di prendere una decisione.>>
Mi accarezza i capelli come quando ero bambina e dal tono della voce, sembra essere d'accordo sul fatto di poterli abbandonare di nuovo. 
Sospiro leggermente affranta. Se solo sapesse come stanno veramente le cose.
Che Dagon abbia soggiogato anche le loro menti? No, non lo farebbe mai.
Ha promesso che sarebbe stato fuori dalla mia vita finché non sarebbe arrivato il momento.
<<Forse questa è l'occasione che stavi aspettando da tanto. Ormai sei cresciuta e non sei più la nostra bambina. È tempo che tu viva la tua vita, come noi abbiamo fatto con la nostra e non è giusto che ti tratteniamo qui per paura che ti possa succedere qualcosa.>>
I suoi ragionamenti risuonano nuovi alle mie orecchie, visto che fino ad un mese fa o poco più, era del parere completamente opposto.
<<Non so cosa voglio fare della mia vita, mamma. Mi sembra tutto così difficile.>>
Sbuffo, mentre lei trattiene un piccolo sorriso sul volto.
<<Ci siamo passati tutti, non farti prendere dallo sconforto. Non so cosa il futuro ci riservi, ma so che tutto accade per un motivo e quest'opportunità, non capita a molti. Perderla, potrebbe essere un grande errore.>>
Mi alzo a sedere e l'abbraccio forte.

Lascio che mi racconti di come Dagon si sia presentato ufficialmente con galanteria, di come sia stato orgoglioso del mio lavoro e del mio approccio con le varie mansioni.
Ha mostrato foto mai scattate della sera sulla terrazza, della passeggiata a cavallo e di momenti in cui lavoravo al computer.
Ha decantato le mie qualità e la mia bellezza disarmante, alludendo qualche battuta sul fatto che potremmo essere una coppia perfetta.
Ha convinto i miei genitori, rimanendoci in contatto come se facesse parte della famiglia e loro, sembrano adorarlo.
Quando si dice che il Diavolo si presenta a noi sotto forma di ciò che più desideriamo al mondo; così seducente e irresistibile.
Dalla tasca estrae una lettera, ancora sigillata e me la lascia sul letto dicendomi che è arrivata la mattina stessa a mio nome, dalla California.
Certe cose non cambiano mai.

Dopo gli ultimi racconti e abbracci, mi lascia da sola, sia per sistemarmi che per riflettere.
Al solo pensiero di disfarmi del piccolo demonietto, un crampo alla pancia mi fa piegare a metà, togliendomi il fiato e facendomi lacrimare improvvisamene.
<<Cristo>> impreco tra i denti, mente cerco di rimettermi in piedi, dolorante.
"Il dolore sarà praticamente dilaniante".
Mi dirigo in bagno per constatare le forme del mio corpo che sembrano essere rimaste invariate, mentre io mi sento come se avessi già la pancia da terzo mese.
Ritorno in stanza e dopo un respiro profondo, apro la lettera con curiosità e nostalgia.

"Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere perché anch'io venga ad adorarlo".

Sotto la frase scritta in bella calligrafia, l'immagine di una corona e una stella.
Rimango perplessa e forse lusingata dalla bella premessa, domandandomi chi altro sa delle mie condizioni e ne va fiero, tanto da voler vedere di persona.
Fisso il foglio color panna, cercando di trovare una potenziale soluzione a questo enigma, più complicato dei primi ricevuti.
Sconfitta, afferro il mio smartphone e trascrivo la frase sul motore principale di ricerca, sperando di riuscire a ricollegarlo ad un possibile versetto della Bibbia.
Visitando diversi siti per accertarmi del giusto significato, ricollego le parole al Vangelo secondo Matteo.
Scorro la pagina, obbligandomi a leggere diversi paragrafi, per capire il contesto e il protagonista della storia.
<<Erode>>
La corona indica il suo titolo di Re e la stella è il segnale per i Magi, che indica loro il luogo della nascita di Gesù.
Mi informo sulla scheda anagrafica del personaggio e delle vicende a lui collegate, come per esempio, la strage di bambini.
Quindi qualche demone mi sta dando la caccia per trovarmi e mandarmi qualcuno ad uccidere il mio bambino?

Mi alzo scattante e cammino avanti e indietro nervosa, massacrandomi le unghie e respirando affannosamente.
Si tratterà sicuramente qualche discepolo di Lilith, incazzato per quello che le ho fatto e desidera vendicare la sua morte, ferendo sia me che Dagon. 
Mi blocco sul posto e faccio un respiro profondo.
Qualcosa nella mia mente e nel mio corpo muta e, come il serpente con la muta si libera dello strato epidermico superficiale, il mio stato d'animo mi scivola di dosso con un subitaneo sentimento di rabbia, che infuocato ribolle nelle vene, lasciando nella vecchia pelle gli indugi, paure e incertezze.
Le cellule del mio corpo si azionano, la mia temperatura basale si alza in modo percettibile e la cassa toracica che si alzava e abbassava spasmodica per l'ansia, ora viene sostituita dalla collera e dall'odio.
Digrigno i denti e serro i pugni lungo i fianchi.

Non toccheranno mio figlio.

Ora so quello che devo fare.



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