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<<Lasciali andare. Se li vuoi uccidere, allora passerai sopra il mio cadavere.>>
Tento di schermare i due angeli sistemandomici davanti, che per tutto il tempo sono rimasti nella posa di una sorta di croce, tenuti sollevati per le braccia, con il capo chino, sudato e sporco.
I demoni compiono in sincronia un passo in avanti per avvicinarsi, ma con un gesto della mano alzata, Dagon li ferma, evitando lo scontro.
<<Non dire sciocchezze. Può finire in un solo modo e lo sai.>>
Mentre si avvicina, i lamenti delle anime dannate riecheggiano come un ululato angosciante ed inquietante, bramosi di lottare e di uccidere. 
Disposti a cerchio, si spalleggiano a vicenda per sostenere e difendere il loro capo.
Volgo lo sguardo verso Michael, che nella stessa posizione e con il fiato corto, solleva il viso appena per farmi l'occhiolino e chinare nuovamente il capo, mostrando i muscoli contratti delle braccia e della schiena.

Il tatuaggio inizia a brillare formando la sagoma della spada e, istintivamente, realizzo di poterla utilizzare, data la mia antica discendenza.
Ripetendo il suo stesso gesto, afferro l'aria all'altezza del disegno dell'impugnatura e tirando verso il mio corpo come se la stessi estraendo dal fodero, la lama d'acciaio si libra nell'aria, scintillante, sotto lo sguardo ammaliato e terrorizzato di tutti.
Mi giro soddisfatta, con un ghigno sul viso di chi non ha più paura e, puntandogliela contro, lo sfido a farsi avanti.
<<Esattamente, può finire in un solo modo.>>
Non ho la minima idea di come si maneggi quest'arma e non so nemmeno se avrò il coraggio di fare la scelta giusta, ma tra le mie mani risulta così leggera e sinuosa.
La faccio roteare con il polso creando un cerchio di luce, come se non fosse la prima volta e come se quest'abilità mi appartenesse da sempre.
<<Ariel, non immischiarti. Non sono questioni che ti riguardano, quindi, fatti da parte.>>
Tutti gli occhi rossi rimangono sull'attenti, aspettando un unico gesto di via libera per l'attacco.
<<Se non li lasci subito, userò questa spada, ma non per ucciderti>>
Rimane in silenzio, titubante sul da farsi.
<<Ma per trafiggere tuo figlio.>> 
Sono più che sicura che la spada non mi ucciderà, ma comunque il mio bluff sembra convincerlo, visto che mi punta l'indice contro, guardandomi terrorizzato.
<<Non oseresti>> la rabbia ritorna in superfice, a fior di pelle, come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
<<Tu dici?>> punto la lama in orizzontale sulla pancia, alzando la maglietta e l'illuminando l'ombelico.
Il calore brucia appena sulla pelle, arrossendola lievemente, ma senza far troppo male.
<<D'accordo! Hai vinto.>>
Con un cenno della stessa mano ritira i suoi scagnozzi, imponendogli di arretrare dietro di lui e obbligando la libertà dei miei angeli, che crollano a terra esausti.
Faticano a riprendere le forze, strisciano di qualche centimetro sotto le risate dei loro avversari.
La bionda li guarda esterrefatta, contrariata nel volerli seguire e non capendo l'esecuzione degli ordini di Dagon.

<<NO! NON ERANO QUESTI I PIANI!>> sbraita incattivita, trattenendo sempre Matthew che non osa muoversi o parlare. Con il palmo aperto e un battito di ciglia, attira a sé la daga che ritorna in suo possesso magicamente, sferrandola contro la gola del prete.
<<Lilith! Ho detto di lasciarli andare! Basta così, per oggi.>>
Scuote la testa irritata e su di giri, come se le stesse crollando il mondo addosso.
<<Io non prendo ordini da nessuno, stronzo.>> 
Soffia su un ciuffo biondo ricadutole davanti agli occhi e con un sorriso perverso, striscia l'acciaio sulla carotide, affondandola finché una cascata rossa e densa non ne esce a fiotti.

Urlo sconvolta, mentre Matthew si accascia a terra con gli occhi rivolti verso il cielo stellato e una mano al collo nell'intento di fermare l'emorragia.
Lilith si dissolve come un'ombra, sparendo nel buio della notte e lasciando il corpo inerme e agonizzante.
Corro disperata e con le lacrime agli occhi al suo fianco per premere sulla ferita.
Il sangue smania per uscire, mentre io duello per trattenerlo.
Incapace di aiutarlo, incapace di salvarlo e consapevole di non poter fare niente, se non aspettare e accompagnarlo nel suo percorso.
Il calore del sangue sulle mie mani tremanti, i miei occhi appannati dal dolore che mi acceca e i singhiozzi che coprono il silenzio andatosi a creare.
<<L-lysa>> un gemito gli esce spezzato, mentre dagli angoli della bocca un rivolo rosso cola lentamente, raggiungendo il suolo.
<<Andrà tutto bene, ora stai andando da lei>> gli afferro una mano, stringendola con tutta la forza che mi rimane, con la paura che possa perdersi in quello che verrà dopo o che possa sentirsi solo.
Gli spasmi muscolari cedono e il cuore pian piano rallenta, stanco di lottare, cessando ogni movimento.

HOTEL INFERNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora