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Finalmente, dopo tanto tempo, non ho avuto incubi.
Come si suol dire, ho dormito come un angioletto.
Al mio fianco, un uomo possente e perfetto anche con i capelli scompigliati e la faccia fresca di chi non sente la stanchezza, né soffre di occhiaie verdastre.
Con lo sguardo fisso al soffitto scuro, ripenso alla sera precedente, alla litigata e all'amore, se così vogliamo chiamarlo, che ci ha rappacificato.
Alla fine ho ceduto e mio malgrado, non ne sono più così angosciata anzi, provo leggerezza e quasi sollievo nell'essermi concessa.
Le preoccupazioni si sono volatilizzate così anche i problemi e le ansie. Ho svuotato il cervello, simile ad un temperino colmo di residui e punte rotte.

<<Buongiorno>> sorride e mi accarezza i capelli, con l'animo quieto e la calma che caratterizzano la domenica mattina.
Scruta il mio corpo, osservandone i dettagli e soffermandosi sulle parti che preferisce come se fosse la prima volta che lo vede così, candido e impuro dai peccati della lussuria, che mi hanno resa debole, corruttibile e umana.
Mi alzo a sedere, coprendomi con l'asciugamano e lo vedo copiare i miei gesti, solo per non farmi sentire l'unica e non perché, in realtà, provi vergogna.
Non ha pudore, non si sente in difetto. Perennemente a suo agio in qualsiasi situazione.
Allora mi alzo e lasciando scoperta schiena e natiche, sotto le iridi rosse che mi sento scorrere sulla pelle, mi dirigo lentamente alla finestra e osservo le colonne di macchine già formate lungo la strada.
<<Vorrei fare colazione al bar.>>
Attraverso il riflesso del vetro, vedo tutti i suoi muscoli tendersi nell'intento di farlo alzare per poi raggiungermi silenziosamente, come se i suoi piedi non toccassero il pavimento.
Contento del mio buon umore e, non vedendoci niente di male nella mia proposta, acconsente lasciandomi un bacio sulla fronte.

Come la prima volta, chiedo in prestito a Dagon una maglietta per uscire, visto che non mi entusiasma l'idea di ritornare nello stesso posto della sera prima vestita uguale e dopo cinque minuti, mi rifila una t-shirt semplice nera.
Mi lavo i denti, spazzolo i capelli ed una volta pronti, propongo come destinazione il Bounty bar.
Ci sono un'infinità di locali e pasticcerie, ma il mio primo scopo non è mettere qualcosa in pancia, ma vedere Gabriel.

Una volta seduti, lui ordina dei french toast salati e io lo seguo a ruota, sotto il suo sguardo perplesso.
<<Mi sembravi una da colazione dolce, come mai hai cambiato stamattina?>>
Sono stupita anche io della mia scelta, non so darmi una spiegazione ma il profumo di pane tostato, mi ha invogliato a sceglierlo.
<<Mi conosci ormai, sai che spesso, scelgo a caso>> una pessima condotta per mia vita.
Se mai c'è stata una scelta giusta da fare, io ho sempre abbracciato quella sbagliata.

La cameriera prende gli ordini svogliatamente, per poi dirigersi dietro il bancone.
Il locale è stranamente più vuoto rispetto al solito e non ho ancora intravisto il mio angelo custode.
<<Hai monete?>> chiedo con fare innocente a Dagon, che come sempre e senza fare domande, annuisce lasciandomi quanto chiesto.
Ho letto su internet che gli angeli si possono manifestare in maniere differenti; con la comparsa di piume, monete trovate per caso, canzoni inaspettate e con un significato in base alla situazione che si sta vivendo ed infine, numeri doppi.
Non so se sia vero o se sia opera di qualche mente deviata, ma infine, tentar non nuoce.
Abbastanza convinta di questa stramba idea, mi avvio al jukebox per scegliere una canzone che lo induca a presenziare seduta stante.
La maggior parte dei brani, rimanendo in tema con il bar, risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta, quindi inserisco le monete nell'apposita fessura e dopo qualche istante, dalle casse del bar risuona la canzone "Devil in disguise" di Elvis Presley.

Ritorno a sedermi con le orecchie tese, pronta a cogliere qualsiasi segnale, mentre Dagon mi guarda compiaciuto e forse un po' stranito.
Evidentemente non si aspettava scegliessi qualcosa di un periodo che anche i miei genitori hanno semplicemente sfiorato.
Tamburello le dita sul tavolo, attendendo impaziente la mia colazione e guardandomi attorno fingendomi affamata, quando in realtà spero come una scema nell' imminente comparsa di Gabriel, che però non accenna a farsi vivo.
I toast arrivano ber preparati e fumanti, seguiti da un bicchiere di succo di frutta.
<<Vorrei tornare in hotel dopo. Ho bisogno di una doccia e di sistemare alcune cose. Vorrei anche chiamare i miei genitori, dato che non gli ho ancora sentiti da quando sono arrivata.>>
Divora quello che ha nel piatto come se avesse digiunato per una settimana.
Finisce il tutto prima di me, in tempi record e mi sento leggermente in imbarazzo.
<<Dopo ieri sera, ci voleva>> mi strizza l'occhio pulendosi la bocca col tovagliolo e io tossisco rischiando di soffocarmi col boccone che ho in bocca.
<<Non mi sembra che avessi fatto chissà quali numeri>> gli lancio una frecciatina per ritornarne al nostro solito gioco sarcastico, dove gatto e cane si rincorrono a vicenda.
<<Beh, possiamo sempre rifarlo dopo la colazione, così ti rinfresco la memoria.>> Arrossisco, trattenendo una piccola risata di disagio.
<<Tu non ti stanchi mai?>> questa domanda mi esce spontanea, dato che le mie orecchie non hanno ancora percepito lamentele o sbadigli. Non accenna alla sonnolenza o alla fatica, anzi, Hulk scapperebbe davanti alla sua presenza.

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