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Una mano scivola lungo la linea del mio fianco, scendendo verso una Terra esplorata e destinata a pochi.
Il calore eccessivo mi obbliga a disfarmi del lenzuolo e dei boxer divenuti di impiccio.

I raggi lunari filtrano curiosi tra le tende, creando un gioco di ombre proiettato su tutte le pareti della stanza.
Una scia di baci umidi lungo la carotide mi provoca una scarica di brividi che lancia segnali di adrenalina attraverso tutto il corpo, attivando ogni nervo e ogni cellula dormiente.
Non ricordo di essermi girata a pancia sopra, ma impotente di muovermi, come se catene immaginarie mi tenessero inchiodata al letto, rispondo agli stimoli a cui vengo sottoposta.
Un corpo pesante preme leggermente, senza però abbandonare completamente il peso.
La stessa bocca si sposta sulla mia, prendendone possesso avidamente e, la mano che fin prima regalava dolcezza, ora viene sostituita da un qualcosa di prepotente, feroce.

Mani graffiano la carne, gocce di sudore imperlano i corpi amalgamati in un'unica, oscena danza.
Incapace di opporre resistenza, incapace di allontanare il desiderio.

Dagon mi guarda con i suoi occhi rossi, traboccanti di brama e piangenti di lacrime di sangue.
Ma non mi fanno più paura.
Anche le sue fauci sono ricoperte di sangue, così come i nostri corpi e con l'immagine dei fuochi d'artificio che esplodono, il piacere ci sovrasta inesorabile.

Mi sveglio di soprassalto in una stanza luminosa e vuota.
Respiro a pieni polmoni con gli occhi spalancati e una mano sulla fronte, indolenzita dall'eccesso di alcol della sera prima.
<<Cristo Santo>> esclamo ad alta voce, con le immagini ancora vivide di un sogno così reale da sentirne ancora gli spasmi.

Scendo in cucina, scorgendo in silenzio Dagon nell'intento di preparare la colazione, vestito con maglietta nera e pantaloni della tuta dello stesso colore.
Una domanda continua ad assillarmi. E' stato veramente solo un sogno o l'alcol mi ha fatto dimenticare qualcosa che non sarebbe dovuto accadere?

<<Buongiorno, signorina>>
Farcisce una ciotola realizzata col guscio di cocco con dello yogurt bianco, sommerso da una cascata di marmellata alle ciliegie e, su un altro piattino, due fette di pane appena tostato.
<<Non avevo altro a disposizione>> mi guarda con aria furba, inumidendosi poi il pollice sulle labbra per ripulire l'ultimo residuo di marmellata.
Mi sciolgo al solletico delle farfalle nello stomaco.
Convincendomi che potenzialmente è solo fame, mi siedo sullo sgabello dell'isolotto, aspettando che si prepari anche lui la sua porzione.
Mi stupisce come abbia praticamente azzeccato i miei gusti e come, fatalità, in casa non ci siano latte o cereali o che so io.
<<Sarebbe perfetto se avessi anche dell'Ibuprofene>> rido alla mia stessa battuta, massaggiandomi la fronte pulsante.

Dopo aver finito la colazione, mi invita a sedermi sul divano di fianco a lui per scambiare due chiacchere e all'istante metto in chiaro di non avere troppo tempo a disposizione, sapendo perfettamente della rigida puntualità di Max.
Ci siamo alzati di buon'ora, ma comunque non voglio trattenermi a lungo.
Vorrei parlare a qualcuno delle voci che sento, di tutto quello che è successo quando ero piccola e del perché la storia si stia ripetendo.

<<Allora Ariel, cosa ci fai a San Diego?>>
Apre le danze con una domanda piuttosto semplice. Menomale che Maximilian mi ha preparato il discorso da utilizzare in caso di necessità.
Merda. Dovevo dirgli che era mio amico e non il mio autista, ora devo inventarmi qualcosa.
<<Sono in vacanza, con la persona che mi ha accompagnata ieri sera. Sai, provengo da una famiglia molto protettiva, ho quasi sempre la scorta dietro.>>
Ma chi voglio ingannare. Miss nessuno che gira con la guardia del corpo?
<<Sì, ma come mai proprio a San Diego?>>
Mi massaggio nuovamente la fronte per prendere tempo, sperando che nel frattempo il medicinale che mi ha recuperato faccia effetto.
<<Non lo so, ho scelto a caso. Come avrai sicuramente notato, agisco di impulso. Ho puntato la prima meta presente sulla cartina geografica e ho fatto le valige>> mi congratulo mentalmente con me stessa, potrei anche cavarmela.

<<Ma dimmi di te invece>> lo interrompo prima che possa pormi un'altra domanda personale <<come fai ad avere tutto questo?>> allargo le braccia indicando la stanza e il panorama fuori dalla finestra.
<<Determinazione, prontezza d'animo e sacrificio.>>
Questa è buona, vorrei proprio sapere i "sacrifici".
<<Senza ombra di dubbio, ma di cosa ti occupi nello specifico per riuscire a mantenere il tuo impero?>>
La piega che sta prendendo il suo volto non è molto rassicurante, tanto che si sfrega il mento, ma senza nervosismo.
Lo sto mettendo in una situazione scomoda, adesso vediamo se mente.
<<Ho a che fare con una vasta rete di persone.>>
Non mente.

Se gli domando perché non si apre, si chiuderà ancora di più o cambierà discorso, devo cambiare strategia.
<<Ti prego insegnami. Dico sul serio, voglio anche io arrivare dove sei arrivato tu, avere quello che hai tu. Sono pronta a tutto>> mi mostro seria e volenterosa e, l'offerta, sembra venir presa in considerazione.
<<Sei pronta, a sacrificarti?>>
L'ultima parola risuona inquietante alle mie orecchie, ma forse sono solo suggestionata dal sogno della notte precedente.

Rifletto alle sue parole; una rete di persone, sacrificio, prontezza d'animo. Non ha a che fare con la droga, ma bensì con la prostituzione.
Sicuramente sfrutta dei secondini per gestire il tutto, apparendo così pulito e innocente.
Maximilian e sua piccola azienda investigativa non possono intercettare chiamate o messaggi, solo la polizia può farlo, per questo devo vestire i panni del testimone.
Mi alzo in piedi di scatto, soddisfatta della mia teoria e devo assolutamente condividerla con Max, quindi, questo è il momento perfetto per alzare i tacchi.

Guardo la maglia ampia farmi da vestito e decido che va benissimo per uscire, perché non ho nessuna intenzione di rientrare nel tubino di paillettes. Sarò anche ridicola con i tacchi, ma devo solo arrivare alla macchina per tornare a casa.
<<Te ne vai di già?>> finge dispiacere, ma in realtà non è preoccupato della mia fuga.
<<Come ti ho detto, non rimango troppo a lungo senza la mia guardia.>>
Sciolgo i capelli per rendermi presentabile, recupero le scarpe ancora imbrattate di sabbia e mi avvio verso l'uscita.

<<Vorrei rivederti>> la serietà muta sul suo volto come non avevo ancora visto e quell'affermazione, risuona più come un bisogno che una volontà.
Chiamo l'ascensore evitando di rispondere, innervosendolo maggiormente.
<<Dove alloggi?>> Ecco, domanda della lista nera.
Come l'ascensore arriva, mi ci fiondo dentro.
<<Visto che la determinazione ti ha portato ad avere tutto, suppongo la impiegherai anche nelle risorse necessarie per trovarmi.>>
Sorrido e saluto con un gesto della mano, mentre le porte si chiudono sotto il suo sguardo agghiacciante.

Una volta al piano terra, mi ritrovo in mezzo ad un marciapiede affollato, vestita come una disperata e senza avere la minima idea di dove mi trovo, ma, come da accordi presi, vedo Maximilian dall'altra parte della strada, appoggiato all'Audi con le braccia incrociate al petto e Rayban calati sul naso ad osservare sconvolto come sono conciata.
Assicurandomi di non venire investita, attraverso dove non ci sono le strisce pedonali e senza dire niente, monto in macchina nei sedili posteriori.
Max mi segue a ruota entrando a sua volta, voltandosi poi a guardare l'unica cosa che ho addosso.
Sorride a trentadue denti con soddisfazione, mi strizza l'occhio e si riaggiusta gli occhiali da sole.

<<Non è come pensi!>> alzo le mani in segno di innocenza, con lo sguardo però di chi è solo in grado di combinare guai.
<<Sì sì, ti credo. Indossi qualcosa sotto la maglietta?>> scoppia a ridere, divertito nel vedermi impacciata e sicuramente viola in viso.
<<Sì, pervertito!>>
Questo improvvisamente mi ricorda di aver preso il vestito ma non il perizoma. Stupida.

<<Comunque, cazzate a parte, forse ho scoperto di cosa si occupa ma ti avviso, è solo un'ipotesi e niente di certo.>>
Mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore, annuendo finché non termino il discorso.
<<Facciamo così. Ora passiamo in un negozio a prenderti qualcosa di decente da indossare e poi andiamo a pranzo, e allora avrai modo di spiegarmi com'è andata. Sono proprio curioso di sapere i dettagli!>>
Lo vedo sogghignare sotto i baffi e arrendendomi alle sue battute pietose, mi ritrovo a seguire la sua risata contagiosa.
<<Cosa mi compri di bello?>> lo incalzo con un tono giocoso, sfidando la sua pazienza.
<<Ehi piccoletta, nessuno ti ha detto di fare la pazza scatenata a tal punto da seminare vestiti in giro. Questo te lo detraiamo dallo stipendio.>>
Sbuffo alzando gli occhi al cielo e immettendoci nel traffico, andiamo a fare spese per sistemare questo piccolo incidente di percorso.

HOTEL INFERNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora