La città di Waasur parte I

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All'alba arrivammo difronte una foresta, che la mappa nel libro di John mi indicò essere il bosco Thartiehl

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All'alba arrivammo difronte una foresta, che la mappa nel libro di John mi indicò essere il bosco Thartiehl. I vascelli lentamente si avvicinarono al terreno, tanto che bastò per le ancore, immensi spuntoni di ferro che sprofondarono nel terreno, arrestando la corsa delle imbarcazioni. 

La distanza tra noi e il terreno era però davvero ragguardevole e mi chiedevo come, saremmo scesi da lì senza ammazzarci. Guardavo tutti in modo dubbioso attendendomi delle risposte. Da lontano vidi arrivare numerosi soldati, nelle loro armature non più splendenti e perfette, ma sporche e ammaccate. In dieci trasportavano una pesante tavola di legno massello con dei ganci alla fine. 

Perplessa li fissa con altre volte. Vidi che le poggiarono sul ponte per poi issarle una ad una e farle scorrere sui bordi di sinistra e destra della nave. Le fecero scivolare dolcemente sino a terra e poi le fermarono con i ganci finali. Una volta sistemata vidi che le palanche non erano altre che delle tavole realizzate per fare da scale. Ogni metro era infatti una tavola di legno sporgente che serviva per fissare il piede al suolo.

Il popolo si stava già accingendo a scendere scortato davanti dai soldati che li precedettero. Mi prese un colpo! Un vero colpo, pensare di dover scendere per venti metri su di quelle tavole sospese in aria, senza scorri mano, sbiancai di colpo. Forse Terech se ne accorse perché mi fu subito accanto, mi strinse la mano e insieme iniziammo la discesa al suolo.

Trattenni il fiato per tutto il tempo, troppo terrorizzata anche solo per guardare in qualsiasi direzione, non so quando arrivammo a terra, ma so per certo che distrussi il braccio di Terech a forza di strattonarlo tanta era la paura. 

Durante il viaggio ebbi modo di riflettere, i avevano prima ucciso e la città degli Ugaji. Ora anche la città di Araapas e la sua regina erano stati cancellati insieme a molti dei suoi abitanti. Cominciai a comprendere il loro obbiettivo e mi fece paura. L'intero popolo dei Celac era stato privato della sua regina e terra. Il demone voleva sterminarli tutti.

Cominciammo a scendere dalle navi e a depositare le armi che erano riusciti a salvare in terra, insieme a i feriti e ai viveri. 
Terech appena sceso si guardò intorno freneticamente, non capivo cosa stesse cercando, ma poi da lontano vidi arrivare la sua cavalcatura. «Non era tornata a casa?» «No, non ha mai smesso di seguirci». L'immensa bestia Maia atterrò sollevando un immenso polverone tutto intorno a lei.
«Io tornerò nella mia patria. Voglio vedere con i miei occhi se qualcuno di noi è scampato alla morte o se è tutto perduto per la mia gente».

Il tono della sua voce non ammetteva repliche, mi diede un bacio veloce e poi si alzò in volo sulla schiena di Maia. Sapevo che doveva affrontare da solo quel viaggio, ma avrei tanto desiderato essere al suo fianco.

Restai per qualche secondo a guardarlo scomparire tra le nuvole, poi mi voltai e cominciai come tutti gli altri a spostare tutte le attrezzature e a creare delle fasce che ne permettessero il trasporto. Al tramonto realizzato tutto il necessario per trasportare i feriti e le armi. Era stato persino imparato a creare dei carretti e degli zaini con legni intrecciati e funi create con le liane, era stata una bella giornata in cui ero a scordare ciò che era successo.
Ma quel clima di serenità non era destinato a durare, una finzione resta pur sempre racconto.

CRISTAL IN VIAGGIO VERSO L'IGNOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora