La città di Zeltso parte II

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Non potevo credere alle parole che avevo letto, tutto quello che avevo fatto, mi aveva condotta alla morte, una morte che non avrebbe avuto nemmeno senso, e tutto questo solo per colpa mia, se avessi letto di più, se solo avessi dato retta a John, ora non mi sarei ritrovata in una situazione del genere.

La mia mente scorse tra le righe del libro, sperando di trovare il disegno di una qualche pianta che potesse aiutarmi.

Le piante contro i veleni:

La Xirone, cura dal veleno ....

La Erethir cura dal veleno del fuoco dei ...

Elencò ben venti piante tutte ben disegnate, ma non c'era nulla che servisse ad aiutarmi, così sfogliavo velocemente senza soffermarmi a lungo sulle pagine. Poi mi ricordai di quei petali che avevo raccolto nel giardino e che Terech mi aveva detto servissero per curare dai velini. Quindi cominciai a cercare nello zaino fino a quando non estrassi quei petali, violacei. Di risposta cercai ancora sulla guida di John, quando trovai il fiore che corrispondeva alla mia necessità lessi:

La Wenderyat, può curare da ogni veleno, tranne da quelli inflitti dalle Faerith, l'unico potere che ha questo fiore è di rallentare l'effetto di tale veleno, esso se masticato a lungo e poi posto sulle ferite inflette da questi animali, può concedere un giorno o due in più, se si ha molti petali se ne possono masticare, almeno due al giorno, sino a quando non si finisce le scorte. Masticare due petali al giorno vuol dire applicare poi questo unguento che ne deriverà sulla parte lesa, due volte al dì, questo comporterà un aumento della possibilità di sopravvivenza, ma il dolore e le allucinazioni non diminuiranno, ansi più i giorni passeranno, più le visioni potranno solo aumentare.

Anche se non eramolto, potevo dire che forse avevo trovato una via di fuga, contai i petali cheavevo con me erano venti, questo voleva dire che ne avevo due al giorno peralmeno dieci giorni, e a me né bastavano solo cinque. Iniziai subito amasticare i primi due petali, quando cominciai a sentire che si stava sciogliendo,capii che era pronto e cosi lo spalmai sulla spalla. Sentii subito un fortesollievo. Decisi allora che non potevo perdere altro tempo e ricominciai la miamarcia, avvolta nella mia barriera e nella forte luce, nessuna bestia di quelluogo spettarle osò avvicinarsi a me. Grazie alla barriera anche la visibilità migliorò molto. Quando anche il sole calò, all'interno della gola tutto fu buoi, solo la mia luce mi permetteva di continuare ad avanzare, alla fine stremata e con la febbre, decisi di rannicchiarmi in una fessura che avevo trovato tra due sassi e di concedermi un po' di riposo. Lo scettro vegliava su di me ed io potei addormentarmi serena.

Mi svegliai che il sole era già molto alto nel cielo, masticai ancora due petali e li disposi sulla spalla, e poi con molta lentezza cominciai a camminare, avevo molta sete e quindi bevevo molto, la febbre stava aumentando, e così si stavano facendo largo nella mia mente strane visioni, di persone che amavo o della città dei Tecar, ma grazie alla guida di John sapevo che non dovevo fidarmi e cosi continuavo a camminare.

Dopo un paio di ore, fui costretta a fermarmi di nuovo, il mio volto era un bagno di sudore come tutto il mio corpo, inoltre avevo anche esaurito l'acqua. Guardai la mappa di John, avevo ancora due giorni di marcia d'affrontare e in quelle condizioni non ero sicura di farcela. Mangiai uno spicchio di arancia e poi ripresi il cammino. Quando decisi di fermarmi, le stelle erano già alte in cielo, masticai altri due fiori anche se ormai la mia salivazione era ridotta al minimo e lo spalmai sulla spalla, poco dopo mi addormentai.

Gli ultimi due giorni passarono in questo modo, il mio corpo bruciava così tanto che mi sembrava di stare su di una graticola. Le mie labbra erano completamente asciutte e disidratate, screpolate e doloranti, la mia testa mi implodeva sia per la febbre che per le continue visoni che avevo di fermarmi lì di arrendermi. Sentivo che non c'è l'avrei mai fatta. Avevo bisogno di aiuto, ma non cera nessuno che potesse offrirmelo. Questa era la mia missione e stavo fallendo miserabilmente, come avevo fallito già molto tempo prima.

Alla fine delsecondo giorno quando ormai la luna era nel suo punto massimo nel cielo,raggiunsi l'uscita di quella dannata gola. Una volta fuori, mi accolse unventicello caldo e benefico, l'erba soffice e alta, continuai a camminare perun'altra ora, intenta ad allontanarmi il più possibile da quel luogo orribile,alla fine però le mie forze vennero meno ed io caddi a terra, in un sonnoprofondo di rammarico e delusione, avevo perso. Lo scettro rotolò accanto a me,ma la sua luce non smise di vegliare sul mio fragile corpo, che ormai stava abbandonando la vita.

Mentre dormivo sognai.

Devisvegliarti, alzati è ora di allenarti, una voce dolce mi scuoteva dal miosonno, era una donna molto alta con dei capelli biondissimi e degli occhiazzurri chiaro, aveva un abito verde acqua molto fino e prezioso, aprii gliocchi e mi ritrovai in una stanza che non era la mia. C'era un grande letto abaldacchino di legno con tende di lino bianche e con piccoli ricami gialli, poiun grande armadio, un tappeto sontuoso, la stanza era enorme, grande quandotutta la mia casa umana. Dove era l'armadio c'era anche un camino ed unsalottino prove, poi un immenso bagno con una vasca enorme, da poterci starealmeno in dieci, questa era tutta di marmo rosa, un grande lavabo anch'esso dimarmo un pavimento bianco molto fine, quando mi guardai allo specchio, vidi unapiccola bambina, con una vestaglia rosa antico, dei capelli biondi con deiboccoli e una faccetta assonnata, mi diressi verso l'enorme finestra che davasu di una terrazza, il sole ancora non era sorto. <<ah bene, vedo che tisei alzata>> la donna di poco prima era tornata, <<su dai è ora,tuo padre già ti sta aspettando>>. La segui in silenzio, scoprii cosi che nella mia camera c'era un ulteriore salone con un grandissimo camino e ad un enorme biblioteca, a terra c'era qualche gioco, ma nulla di più, per il resto erano solo libri e quaderni. Scese le scale mi ritrovai in un grande spazio mezzo vuoto, ai cui lati erano disposti molti bracieri per scaldare l'aria e delle statue, di tanto in tanto c'erano degli arazzi o dei quadri. Seguivo quella donna senza problemi, dopo tutto la riconoscevo come madre, quando però fui davanti ad una porta di legno scuro iniziai a sentirmi agitata <<sei in ritardo, non va bene>> la voce di mio padre, forte e dura penetrò nelle mie orecchie <<è solo una bambina, è stanca>> <<non è solo quello, è moto di più>>. Mia madre mi diede un bacio sulla fronte e ci lasciò soli, ma quando quell'uomo cominciò ad avvicinarsi a me io mi risvegliai.

Avevo una tale paura, forse alle volte mi aveva anche fatto del male, pur di rendermi una perfetta prescelta. Non potevo saperlo, non lo ricordavo.

Recuperato loscettro, cominciai a medicarmi la ferita, e poi ripresi molto lentamente il miocammino, sentivo che tutte le mie forze stavano venendo meno, che non sarei maiarrivata al luogo che mi ero prefissata. In lontananza vidi un piccolo fiume, non sapevo se era un visone o meno, ma la mia sete era davvero tanta e dovevo trovare un po' di sollievo, così andai verso di esso nella speranza di non essere ingannata.

Quando però arrivai nel punto non c'era nulla, allora mi lascia cadere a terra, sconfitta.

Chiusi gli occhi e mi riaddormentai.

<<nonna, ma tu stavi tanto male>>, <<si piccola mia>> <<e come ti sei slavata, perché nonna io comincio ad avere paura>> <<amore mio, se sono qui vuol dire che da quella situazione ne sono uscita>>, la mia piccola nipotina cominciò a ridere, tranquillizzata. <<Ciao mamma, ciao bambina mia>> <<la mamma, è tornata la mamma!>>, euforica corsa da lei <<ciao tesoro mio, allora cosa hai fatto di bello oggi?>> <<abbiamo cucinato, ti abbiamo fatto il tiramisù>> <<ma che brava che sei stata amore mio>> <<visto che sei arrivata io allora vado>> <<si, grazie mamma, dai piccola preparati che andiamo dal dottore, oggi hai la seduta>> <<va bene>> rispose la mia piccola nipotina.

Mia figliacontinuava ad insistere con quelle visite dallo psicologo, ma tanto non sarebbe

cambiato nulla, ciò che lei sentiva o vedeva non era il frutto della sua fantasia, ma una realtà che c è per pochi umani, purtroppo non riuscivo a farle capire questa cosa.

CRISTAL IN VIAGGIO VERSO L'IGNOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora