25 settembre 2011, Domenica

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Giorno 8


Avevo la sensazione di aver dormito per due giorni di fila.

Che un treno mi fosse passato sopra, ripetutamente.

Che mi avessero trapanato il cranio con un martello pneumatico.

Mi risvegliai intorpidita, non ricordando bene dove fossi o come ci fossi arrivata. I ricordi affiorarono pian piano, poco per volta e lentamente.

Così come le sensazioni di dolore, rabbia e vergogna. Cris non c'era. Ovviamente, non mi potevo aspettare di trovarla ancora lì. Probabilmente era sgattaiolata via di casa un secondo dopo che avevo preso sonno.

Affondai la faccia nel cuscino. Patetica, ecco cos'ero. Con lei avevo fatto la figura della ragazzina che ero e meritavo quel senso di vergogna.

Debby... oh, quella situazione era ancora più complicata. Non sapevo esattamente come mi sentivo nei suoi confronti... quell'uscita che aveva avuto alla festa su Cris non mi andava giù, per quanto cercassi di giustificarla.

- Sam. -

Oh no, vi prego, non esisto. Fate come se io non esistessi.

- Sam... è mezzogiorno. –

Rimasi immobile, pregando che mamma desistesse, ma ovviamente non ci speravo neanche un po'. Entrò, si sedette sul letto e mi scrollò.

- Sì, mamma. Sono sveglia, non urlare. – biascicai.

- Non sto urlando. Ti fa male la testa? Perché sei ancora vestita come ieri sera? -

Dio Santo, come potevo trovare la forza di rispondere a tutte quelle domande?

- Mamma... -

- Quanto hai bevuto? –

- Io... -

- Hai detto che potevo fidarmi! Che avresti bevuto responsabilmente! –

- Ti prego, non urlare! –

Mi strinsi la testa tra le mani e mamma tacque. La sentii sospirare, mentre si alzava dal letto e apriva le tende della camera. La luce che entrò dalle finestre mi ferì gli occhi e gemetti.

- Fa una doccia, c'è dell'aspirina in bagno. È l'ultima volta che succede una cosa del genere Sam. E scordati di uscire stasera. –

Uscì dalla camera sbattendo la porta. Perfetto, grandioso. Tanto non riuscivo a pensare a nessuno che avesse voglia di uscire con me.

Mi trascinai in bagno, la testa mi faceva malissimo, ma accolsi il dolore come se fosse il karma che tentava di punirmi e quindi buttai giù l'aspirina, docilmente.

Avrei voluto chiamare Cris, avrei voluto chiamare Debby, ma non avevo abbastanza coraggio per fare nessuna delle due cose.

Dopo la doccia mi misi addosso una tuta, mi stesi nel letto e mi tirai le lenzuola fin sopra alla testa. Lì sotto nessuno poteva toccarmi. Lì sotto potevo mettere in pausa e ripartire il giorno dopo, potevo permettermi di non dare spiegazioni e di non pensare.

Me ne stetti stesa tutto ilgiorno, paralizzata da situazioni, persone e sentimenti che non volevoaffrontare. 

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