Quella sera rimasi a parlare con il mio migliore amico fino alle due meno dieci di notte, seduti al tavolino di quel pub che prima di quella stessa sera non conoscevo.
Avevamo riso ricordando del passato, dei tempi del liceo, ricordando persino tutte le feste di Luca alle quali eravamo semi costretti a partecipare perché "Non potete mancare, ci saranno un botto di persone".
Ed era bello rivivere il passato, ricordare i momenti più belli della propria adolescenza, e soprattutto tutte le cazzate fatte insieme; la nostra discussione, infatti, era un continuo susseguirsi di "Ma ti ricordi quando siamo andati al concerto in piazza e ci siamo rovesciati l'acqua addosso per il troppo caldo, rimanendo tutta la sera bagnati zuppi?" oppure "Mi ricordo ancora quando hai preso la patente! Il primo giro in macchina siamo rimasti bloccati in un avvallamento, è stato pessimo!", e quell'ultimo avvenimento lo ricordavo abbastanza bene visto che da quel momento mio padre aveva avuto l'ansia, per anni, di farmi uscire in macchina da solo.Ad un certo punto della serata, vidi però Alex doversi alzare per andare a salutare due sue amiche che gli vennero in contro avendolo visto da lontano, per poi sedersi al nostro tavolo
«Loro sono Giulia e Mariasole... Due mie amiche conosciute grazie ad alcuni amici»
Le presentó e, stringendo loro la mano, mi presentai a mia volta con un sorriso di cortesia stampato sul volto.
Si erano rivelate due ragazze simpatiche, divertenti e serie nei pensieri che esponevano durante i nostri discorsi, ma la mia attenzione venne catturata particolarmente da una sola di loro: Mariasole.
Era carina e, inoltre, mi sembrava di avere il suo sguardo puntato addosso da quando mi ero presentato.
Così avevamo cominciato a parlare del più e del meno, dei nostri lavori, scoprendo che avesse una grande passione per il teatro, e che quindi avessimo in comune la passione per l'arte«Dai, mi piacerebbe vedere qualcosa»
Aveva affermato con un sorriso quando le avevo spiegato di essere un ballerino di break, e mi ero semplicemente ritrovato a ricambiare quel sorriso.
Con lei era semplice parlare, potevi toccare qualunque argomento e lei sarebbe stata in grado di risponderti, e Alex sembrava approvare il fatto che mi stessi aprendo nuovamente, anche ad una semplice chiacchierata, con qualcuno che non appartenesse già alla mia cerchia di amici.
Le offrii un drink tra una chiacchiera e un'altra, rimanendo a fissarla mentre lei mi raccontava delle sue esperienze con la danza da bambina.
Era bella, anzi bellissima ma... Non aveva i capelli biondi, non aveva gli occhi azzurri, per quanto li avesse di un verde che ricordava il mio, e soprattutto, non era un ragazzo... Non era Mattia... E per quanto mi imponessi di non pensarlo, di non ricordarlo, il mio pensiero, irrefrenabile, andava a lui e per me chiunque si fosse mai messo a paragone, avrebbe sempre perso al suo cospetto.
«Si, capisco... Io, qualche anno prima, insegnavo ai bambini... Era bello vederli imparare lentamente quell'arte» Mi riallacciai al suo discorso, per paura che pensasse non la stessi ascoltando, tornando poi in silenzio.
«... Ti andrebbe di scambiarci il numero?»
A quella domanda, posta dieci minuti più tardi, tornai a prestarle attenzione, rendendomi conto di essere rimasto a guardarla senza effettivamente ascoltare ciò che stesse dicendo, con la testa tra le nuvole
«Ma sì, certo...» Le porsi il mio cellulare, come lei fece con il suo, salvandoci a vicenda nella rubrica dell'altro.
«Pensavo... Ti andrebbe magari di uscire qualche giorno di questi?»
A quella domanda avrei potuto rispondere di tutto, assolutamente di tutto, ma l'unica cosa che la mia mente riuscii a formulare fu proprio l'unica che non avrei mai dovuto dire