Capitolo 14

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Da quando mi ero svegliato, qualche ora più tardi, ero stato sottoposto a tutta una serie di visite per verificare l'andamento della guarigione delle mie ferite post-operatorie e, specialmente, delle mie ossa, stimando che di lì a una settimana sarei almeno potuto essere dimesso anche se mi sarebbe spettata una lunga convalescenza a casa.

«Non sei contento? Almeno torni a casa tra un po'» Chiese il mio ragazzo quando tornammo in stanza, e annuii anche se non propriamente convinto

«Se torno a casa non ci sarai tutto il giorno...»

«Cercherò di farmi dare tutti i turni notturni, da mezzanotte alle otto del mattino, che dici? Così stiamo insieme tutto il giorno» Mi sorrise, chinandosi su di me per potermi lasciare un bacino sulle labbra, lasciando che le mie labbra di conseguenza si incurvassero in un sorriso spontaneo.

Quel nostro piccolo momento venne interrotto dall'infermiera di reparto che, entrando nella stanza, mi consegnò il pranzo

«Poteva andarti peggio, sai? La minestra non è male» Ridacchió il ragazzo quando, alzandosi, lesse il contenuto, scritto sull'etichetta, di quei piatti

«Ma come la minestra... E poi?»

Gettai uno sguardo a quel vassoio, scorgendo su di un altro piatto quelle che mi parvero delle patate e, su di un terzo piatto, della frutta

«Mi sento quasi ad un ristorante... Tipo quello di Cracco, hai presente?»

Cercai di buttarla sull'ironia, cercando nel mentre di sedermi meglio sul materasso per poter mangiare, non riuscendoci un granché bene

«Amore fermo, tranquillo... Ci penso io mh?»

Alzai un sopracciglio, confuso su cosa intendesse, guardandolo aprire la confezione del piatto contenente il brodo

Quando tornó a guardarmi lui parve cogliere quella confusione sul mio viso, e ridacchió, sedendosi sul bordo del letto con quel piatto in una mano e un cucchiaio stracolmo di brodo nell'altra

«Avanti, apri»

Sentii le mie guance farsi immediatamente più calde, sapendo per certo che si fossero anche tinte di un rosso acceso

«Ma no, faccio da solo» Farfugliai imbarazzato, spostando lo sguardo ovunque tranne che su di lui

«Non dirmi che ti fai imbarazzare da un cucchiaio? Avanti, che da solo non ci riuscirai mai... Ti devo ricordare che non puoi usare la mano destra?»

Non ammisi apertamente che avesse ragione nonostante fosse ben che palese, limitandomi soltanto ad aprire la bocca sotto il suo sguardo soddisfatto mentre mi imboccava

«Comunque, sai... Prima di questo incidente, mi ero iscritto ad una serie di provini per poter partecipare ad alcuni eventi in giro per l'Italia... E ad uno anche per il Portogallo... Magari se-»

«No.»

Lo fissai interrogativo quando mi interruppe bruscamente, prendendo subito parola

«Ma non ho neanche finito di parlare, non sai neanche cosa volevo dire»

«Sì che lo so... Mi stavi per dire che magari, se fossi stato meglio, avresti potuto partecipare... Non esiste Chri, davvero, voglio che tu stia bene il prima possibile ma, se già il tempo è necessario, nel tuo caso specifico, ne servirà tanto... Quando tra un mesetto ti toglieranno il gesso, sarà il momento della riabilitazione, specialmente per il braccio...
Dovrai stare fermo per un pochino...»

Voltai il viso verso la finestra della stanza, amareggiato da quelle parole... La danza non era soltanto lavoro, per me era banalmente definibile come "tutto": fonte di gioia, espressione di libertà, valvola di sfogo nei momenti tristi o di rabbia.

Occhi Lucidi [Zenzonelli] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora