CAPITOLO 13

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- CAPITOLO 13 -

Giugno

Il giorno della festa organizzata da Cristina arrivò prima che fossi pronta ad affrontarla. O forse la verità era non lo sarei mai stata davvero. Dopo aver accettato quell'invito e il successivo aiuto di Valerio nel trovarmi un finto accompagnatore, avevo volutamente ignorato l'argomento. Mi ero limitata a usare uno dei miei pomeriggi liberi per andare a comprare un abito da sera e delle scarpe adatte alla "festa elegante" di cui si era parlato. Avevo optato per un abito lungo color antracite, sobrio ed elegante. Un corpetto satinato avvolgeva sinuosamente le mie curve per poi allargarsi in una gonna morbida e leggera. In vita c'era cinturino di brillantini, gli stessi brillantini erano presenti sulle spalline sottili, così come sui laccetti dei sandali con il tacco che probabilmente non avrei mai più rimesso.

La festa, come deciso da Cristina, sarebbe iniziata molto tardi, ma fortunatamente io quel giorno avevo lavorato al turno del mattino quindi, alle cinque del pomeriggio mi stavo già rimirando allo specchio studiando le sfumature di grigio che la gonna generava ad ogni mio più piccolo movimento. Le scarpe erano innegabilmente scomode, ma quel vestito, sobrio ma principesco, mi faceva stare davvero bene. Avevo speso buona parte del mio stipendio di quel mese per acquistarlo e mi sentivo in colpa per questo, però qualcosa dentro di me mi aveva impedito di fregarmene delle apparenze. Non volevo andare a quella festa, ma se dovevo farlo volevo avere il vestito più bello e l'accompagnatore perfetto.

Ecco dove stava il vero problema, non nel vestito o nei sandali assassini, la mia più grande fonte di ansia era la questione dell'accompagnatore. Io, come una sciocca, avevo assicurato a Cristina che non sarei arrivata alla festa da sola e Valerio mi promesso di trovarmi, entro quella sera, un ragazzo all'altezza della situazione. Io volevo fidarmi, ma fino a quel giorno non mi aveva presentato nessuno e la mia ansia non faceva che aumentare. Sempre se fosse riuscito a mantenere la parola data, io avrei dovuto accettare la compagnia di uno sconosciuto totalmente a scatola chiusa.

Mi tolsi il vestito per evitare di sgualcirlo, lo appesi alla sua gruccia, poi mi gettai sul letto con lo sguardo fisso sul soffitto dipinto di bianco, meditando sul disastro imminente.


Alle undici di sera Valerio, prendendosi una pausa dal suo turno serale, venne a bussare alla mia porta per dirmi che il mio accompagnatore mi stava aspettando al solarium. A quel punto ero già vestita, truccata e pettinata, ma per un attimo ebbi l'istinto di chiudermi a chiave nella mia stanza e mandare tutto all'aria.

«Ho detto che ti avrei trovato un accompagnatore e l'ho fatto» mi disse Valerio, forse notando il terrore nei miei occhi. «Fidati, ho scelto più che bene! Ora va da lui, non farlo aspettare troppo».

Con passo incerto, non solo per via delle scarpe, mi avviai lungo il corridoio per raggiungere l'ascensore che mi avrebbe portata al solarium, verso mio accompagnatore misterioso. Mi resi conto che stavo trattenendo il fiato solo quando le porte metalliche si spalancarono sul mio posto del cuore. Il solarium era illuminato dalla solita, suggestiva, fila di lucine bianche. Non c'era nessuno, tranne una figura maschile di spalle, rivolta verso il mare scuro come la notte. Indossava completo scuro elegante ed aveva le spalle larghe e ben dritte, ma forse era solo un effetto delle giacca. Mi avvicinai con il cuore che mi martellava nelle orecchie. Quando a separarmi dall'uomo misterioso erano solo pochi passi, lui si voltò.

«Tu?» esclamammo all'unisono.

L'uomo in abito elegante non era affatto uno sconosciuto. Sbattei le palpebre una decina di volte prima di ammettere a me stessa la verità: era Timo.

«Valerio mi ha chiesto di accompagnare una ragazza ad una festa» cominciò, la voce carica di rabbia. «Ho accettato perché gli dovevo un favore, ma non pensavo certo fossi...tu!»

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