CAPITOLO 26

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- CAPITOLO 26 -

03 luglio

Dopo aver chiuso a chiave la porta della stanza, Timo, con mio iniziale disappunto, mi rimise giù. Senza il suo abbraccio, senza il suo corpo possente stretto tra le braccia e le gambe, mi sentii subito fredda e instabile. Non feci in tempo a lamentarmene che la sua bocca tornò sulla mia. Milioni di farfalle ricominciarono a svolazzarmi nello stomaco mentre le nostre lingue si accarezzavano, si avviluppavano, si sfidavano. Mi spinse ancora una volta contro il muro e strusciò il suo fisico imponente contro il mio corpo morbido e bollente. Le sue braccia nude e muscolose mi intrappolavano al muro, una trappola dalla quale non sarei mai voluta fuggire. Sentii la sua erezione pulsante contro il mio ventre ed ebbi un capogiro. Mio. Tutto mio.

Sollevai una gamba per incrementare quel contatto e, quando lui afferrò la mia coscia nuda, io mugolai compiaciuta nella sua bocca. Gli accarezzai l'ampia schiena mentre le sue mani forti, che avevano spesso popolato le mie fantasie, risalivano avide lungo le mie gambe sollevando l'orlo della lunga maglietta a pois.

«Ci tieni molto a questa maglietta?» mi chiese in un sussurro roco prima di baciarmi il collo con fervore. Gemetti artigliandomi ai suoi bicipiti.

«La odio» risposi pensando che era solo un impedimento che non permetteva alla sua pelle di scaldare la mia.

«Ottimo» ringhiò lui contro il mio collo.

Portò entrambe le mani sulla maglietta, mi rivolse uno sguardo divertito e provocatorio e poi, con un solo vigoroso gesto, la strappò. Io sussultai ed emisi un gridolino eccitato mentre, rimasta seminuda, studiavo estasiata i movimenti dei suoi muscoli gonfi. I brandelli della mia maglietta gli rimasero tra le dita, se ne liberò aiutandomi a far scivolare sul pavimento quei miserabili resti, poi il suo sguardo di brace si posò sui miei seni, finalmente liberi. Finalmente suoi.

«Stupenda» sussurrò mentre faceva scorrere lentamente le dita attorno ai miei seni sodi.

Emise un verso gutturale e le mie mutandine si bagnarono ancora un po'. Mi lanciò uno sguardo rovente, poi si abbassò per prendermi un capezzolo tra le labbra. Gli occhi nei miei, le mani sui miei fianchi. Ansimai mentre disegnava cerchi perfetti con la lingua e sfiorava la pelle ipersensibile con i denti. Dentro di me si scatenò un fuoco irrefrenabile. Gli presi una mano e me la portai sull'altro seno. Lui fece un verso roco e compiaciuto, poi iniziò a giocarci con dita sapienti. Mi inarcai quando, lui, senza abbandonare i miei seni, allungò la mano libera verso l'elastico delle mie mutandine, oltrepassandolo. Rabbrividii e chiusi gli occhi, in estasi. Mi accarezzò, compiaciuto dall'umidità che trovò ad attenderlo, e roteò le dita con cautela, salendo, scendendo, premendo, sfiorando, stuzzicando, senza mai eccedere, senza mai penetrarmi. Andò avanti così per un tempo deliziosamente incalcolabile ma poi, proprio quando sapevo di essere ad un passo dall'orgasmo, Timo allontanò mani e labbra dal mio corpo e mi fa voltare verso l'armadio a specchio.

«Guardati» mi sussurrò all'orecchio, leccandomi e mordendomi piano il lobo. La barba mi pizzicava la pelle sensibile del collo mentre le sue mani mi percorrevano su e già le curve della vita sottile e dei fianchi ampi. «Guardaci».

Io, inizialmente titubante ed intimidita, assecondai la sua richiesta e quando alzai lo sguardo pensai di essere in un sogno. Il mio corpo, morbido e voluttuoso, era mollemente appoggiato al suo, forte e solido contro la mia schiena. Il mio seno era gonfio come non l'avevo mai visto e la mia espressione era... estatica. Non ero mai stata bella e sensuale come in quel momento. Sorrisi al nostro riflesso e poi, bramosa come mai prima di allora, cercai le sue mani e le rimisi al loro posto: sul mio seno nudo e nelle mie mutandine. Timo sogghignò, bello come il sole, erotico e provocante come un diavolo tentatore, poi ricominciò a muovere le dita sui miei punti più sensibili.

LUNA D'ESTATEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora