CAPITOLO 4

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- CAPITOLO 4 -

Giugno

L'arrivo di Cristina all'hotel Fortuna fu decisamente più indolore di quanto mi fossi aspettata.

Quella mattina mi svegliai prestissimo e molto, molto agitata. Non solo sarebbe stato il mio primo giorno a contatto con il pubblico, ma avrei anche rivisto mia cugina dopo sei lunghi anni. Mi vestii con l'"abbigliamento consono" (quel giorno dei jeans scuri e una camicetta smanicata) che il regolamento prevedeva per il mio ruolo di receptionist/barista/assistente, mi appuntai al petto la targhetta dorata con inciso il mio nome in corsivo e scesi al piano terra.

Valerio mi accolse con il solito entusiasmo e mi consegno un foglio con stampata una coloratissima tabella excel. «I tuoi turni sono segnati in rosa, i miei in arancione, quelli di mia sorella in giallo, quelli di mio padre in verde e quelli di Simone in turchese».

Osservai lo schema e notai con grande sollievo che, sebbene i tre colori si sovrapponessero in molto spesso, quelli rosa non si incrociavano mai con quelli gialli.

«Ti ringrazio» dissi, quasi commossa. Sapevo che era stato lui ad organizzare i turni in modo che non io non dovessi mai condividere il mio tempo con Cristina.

«Tranquilla» mi rispose ammiccando. «L'ho per il quieto vivere di tutti».

Mi ero appena sistemata al mio posto dietro il bancone della reception quando la vidi arrivare.

Cristina salì le scale che portavano all'ingresso con la stessa grazia maliziosa che ricordavo, posò la sua mastodontica valigia accanto al bancone e poi mi guardò. A dire il vero, più che uno scambio di sguardi, la nostra fu una reciproca analisi ai raggi x. Lei probabilmente notò che non ero affatto dimagrita ma che le mie curve ora apparivano più proporzionate e forse notò anche che il mio era l'atteggiamento di una donna sicura di sé e non più quello di una ragazzina sprovveduta. Io, invece, notai che Cristina aveva perso il suo splendore. Era sempre magra, atletica e bellissima, ovviamente, ma il suo sguardo era così spento! Aveva anche un accenno di occhiaie e i capelli non erano più lucenti come li ricordavo.

Quasi mi dispiacque per lei. Potevo solo immaginare quanto quel periodo, con i problemi di salute di zia Daniela e la crisi economica che la pandemia aveva generato nel turismo, fosse stato complicato per i gemelli, ma in tutta onestà non mi sarei mai aspettata di notarne i segni sul volto e sull'aura della sempre splendida ed impeccabile Cristina.

«Ciao Luna» mi disse dopo qualche istante. «Ti trovo bene». Le parole erano gentili, ma il tono era piatto e privo di qualsiasi enfasi.

«Ciao Cristina» risposi, senza riuscire ad aggiungere altro.

«Mia mamma ti manda i suoi più cari saluti».

«Come sta?»

«Fisicamente bene» spiegò Cristina. «Ora è il suo umore il vero problema: non sopporta l'idea di stare a riposo».

«Qui in albergo non si fermava mai» commentai ricordando zia Daniela che si spostava costantemente da una parte all'altra della struttura chiacchierando con i clienti, servendo al bar, lavorando in reception, risolvendo piccoli e grandi problemi, aiutando al ristorante...

«Infatti» annuì mia cugina, poi si rivolse al gemello: «Vale quand'è il mio primo turno?»

«Questa sera» rispose lui consegnandole una tabella oraria identica alla mia.

«Ottimo. Allora credo che approfitterò di queste ore per prendere un po' di sole in piscina» ci comunicò prima di allontanarsi dal bancone della reception trascinandosi dietro la grossa valigia.

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