Capitolo 16

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"perché dormi con un foglio in mano?"

Non riuscii a capire a chi appartenesse quella voce, eppure mi era così familiare ma ero talmente stanca che non ce la facevo ad emettere nemmeno un suono, mi feci forza e vidi mia sorella ai piedi del mio letto che con occhi curiosi contemplava il foglio che avevo nella mano sinistra; lessi le prime parole che stavano scritte su di esso e fui consapevole che era una pagina di diario in cui avevo scritto ciò che era successo la sera precedente.

"devo stare attenta a dove metto i fogli" pensai mentre mi infilavo le ciabatte e con passo lento mi dirigevo verso il bagno per poi andare in cucina per fare colazione mentre mia sorella non si dava pace riguardo quel foglio che fino a pochi secondi prima avevo chiuso in un cassetto della mia camera.

"posso leggere quello che c'era scritto?" chiese sorridendo, un sorriso maligno più che altro.
"non è nulla di importante, solo una lista di quello che devo comprare oggi" mentii, non dovevo comprare assolutamente nulla quel giorno, era solo una scusa per poter incontrare il ragazzo dagli occhi angelici che viveva costantemente nei miei pensieri e nel mio cuore.

Quella mattina il sole splendeva in cielo e c'era un vento non troppo caldo che dava inizio a quella che sarebbe stata la stagione perfetta per passare del tempo libera da ogni pensiero negativo e soprattutto in sua compagnia; rimasi seduta sul comodo divano del soggiorno affacciata alla finestra che dava sul viale principale della casa aspettando il suo arrivo; ma di lui non si vide nemmeno l'ombra, il che mi fece preoccupare un po'.

"forse devo andare io a cercarlo?"

pensai; più ci pensavo e più credevo che fosse la decisione migliore da prendere mentre mi mordevo l'interno delle guancie dall'ansia; ma d'improvviso sentii bussare alla porta e come per magia ritornai alla realtà.

Scattai in piedi e sfrecciando per la casa con i piedi scalzi sul pavimento in legno andai verso la porta, mi sistemai i capelli e feci uno dei miei sorrisi migliori pronta ad accoglierlo, così abbassai la maniglia e il battito cominciò ad accelerare all'improvviso.

"buongiorno, Nancy"

Lo guardai incredula come se non fosse reale.

"Tom?"

Era sui gradini in pietra dell'ingresso in una posizione eretta con in mano il suo cappello color cammello e solo allora dopo così tanto tempo incrociai nuovamente i suoi occhi, come se fosse stata la prima volta in assoluto.

"posso fare qualcosa per te?" chiesi.
"volevo chiedere se aveste dell'origano, mio padre mi ha detto di chiedere a voi, così eccomi quì"
"si, certo, vado a prendertelo" gli diedi le spalle e raggiunsi la dispensa in cucina dove mia madre conservava l'origano e ponendolo in un barattolo in vetro glielo consegnai, e quasi inaspettatamente mi chiese: "come stai?"

Alzai lo sguardo verso di lui e quasi incredula gli risposi che stavo bene e chiedesi in altrettanta cortesia come andasse con Sophie; non mi rispose subito, anzi, non mi rispose proprio, pensai che si stesse prendendo dei secondi per formulare bene ciò che voleva dirmi ma evidentemente non era così; colsi il momento per chiedergli se sapesse dove fosse Joe, mi disse che era fuori dal paese ma che sarebbe tornato la sera verso le 19 all'officina del padre perché doveva dargli una mano nel trasportare delle casse.

Non ci scambiammo troppe parole, bastava quel breve discorso e subito dopo scomparve tra gli alberi del viale mentre lo guardavo fuori dalla porta per poi tornare dentro casa facendo un sospiro e sprofondare tra i cuscini del divano e nascondere il volto con le mani.

"Che ne è stato di noi? Di quei giovani che passavano i pomeriggi a parlare dei propri sogni e invece adesso non sono niente più che estranei?
Che ne è stato del ragazzo che mi fece sognare ad occhi aperti mentre adesso non vedo altro che una persona a me sconosciuta di cui non so più nulla?
Non ti riconosco e non mi riconosco ma spero ancora in un inizio, sono disposta a ricominciare, a dimenticare quel che è stato solo se tu mi possa spiegare cosa è successo e perché hai preso tutto come un semplice gioco.
Che tu mi abbia vista come una pedina da spostare su di una scacchiera a tuo piacimento? Non so ancora darmi una risposta, e sinceramente spero in una tua risposta negativa"

Conclusi il mio monologo interiore con delle ferite che ormai credevo chiuse e guarite mentre invece non lo sono mai state, anzi, hanno continuato a perdere sangue.

Perché pensai a lui?

Perché anche se non volevo ammetterlo sapevo che avrebbe sempre avuto un posto nel mio cuore nonostante tutto.

"Perduta per sempre"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora