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"Siediti, mettiti dove vuoi."

Joaquin e Victoria sono arrivati a casa di lui e il primo sorride quando vede la ragazza guardarsi intorno, osservando quei piccoli dettagli che sembrano essere cambiati. Torna poi con i piedi per terra e si siede sul divano, giocando con le mani per il nervosismo.

"Cosa vuoi dirmi?"
"Che.. sono serio quando dico che non ho idea di quello che tu mi abbia detto l'ultima volta. Non ti ho lasciata per un'altra ragazza ma voglio capire come tu abbia pensato ad una cosa del genere, cosa ti abbia spinto a dubitare di me e ad andartene."
"I media." risponde lei. "Per più volte sei stato fotografo con questa ragazza."
"Ma dove?"
"In macchina insieme, sempre al centro di Milano." sospira e chiude gli occhi per poi di qualche istante.
"Si può sapere dove hai letto questa cosa?"

Victoria estrae il telefono e ricerca nella memoria quel titolo che l'ha perseguitata per tanto tempo, digitando poi sulla tastiera e trovando la pagina esatta. Indica lui i vari titoli in successione dove presentano "la nuova fiamma" , "la nuova ragazza", "il nuovo inizio" e tante altre cose che affiancano il nome di Joaquin Correa. Lui afferra il telefono, legge qualche riga e poi passa alle foto. Fatica un attimo a riconoscere quella ragazza, dopo capisce e sospira pesantemente.

"Non è una ragazza con cui uscivo, Victoria."
"E chi è?"
"È una ragazza dell'associazione. Mi sono fatto male durante un allenamento, il dottore non c'era e mi hanno portato ad un centro di recupero per farmi gli esami." spiega.

Si sente immediatamente stupida, il mondo le crolla addosso con delle semplici parole e il suo cuore vorrebbe solo esplodere.

"Perché non me ne hai parlato? Credevi davvero che ti avessi presa in giro?" chiede Joaquin.
"Sei sparito per una settimana." sussurra. "Dopo avermi detto che non riuscivamo più a vederci per me, hai fatto finta che non esistessi e te la sei presa con me perché ho voluto passare tre mesi senza nessun altro attorno che non fossi tu."
"Me la son presa con te perché non volevo vederti portare addosso il peso di un carico di lavoro troppo pesante."
"Fosse solo quello, hai detto che ti ho messo sullo stesso piano di un altro e che avevo dubbi."
"Sei tu che me lo hai fatto capire."
"Non è vero, non è così!" tuona esasperata. "Ti ho detto che avevo paura che tutto volesse finire e avevo ragione! A chiunque verrebbe in mente di star correndo troppo arrivati ad un certo punto, ma mi andava bene perché io stavo bene con te. Sei tu che sei saltato da uno scoglio all'altro senza capire quel che volevo dirti."
"Per quale motivo non me lo hai detto subito?"
"Perché sei andato avanti di testa tua." risponde, abbassando di nuovo di tanto il tono della voce.
"E perché te ne sei andata e mi hai reso impossibile parlarti?"
"Perché credevo che fossi insieme ad un'altra." risponde. "Hai idea di quanto mi abbia tormentato quel pensiero?"
"Lo posso capire, ma hai dedotto qualcosa in modo sbagliato da sola."
"Da sola? Sei sparito per giorni senza dirmi niente quando avevi detto che ci avresti pensato e mi avresti fatto sapere al più presto!" alza di nuovo il tono di voce e lui sospira. "Perché io dovrei giustificarti per aver dedotto cose sbagliate su di me ma io non posso essere giustificata per aver dedotto cose sbagliate su di te?"
"Perché la cosa è diversa! Hai messo in dubbio quello che provavo per te!"
"Lo hai fatto anche tu, in maniera diversa, ma lo hai comunque fatto!"

Si era ripromesso di non urlare, di mantenere la calma e di chiarire senza litigare, ma la discussione e il fuoco sembrano inevitabili quando sono insieme.

"Credevo di averti dato tutte le certezze di cui avevi bisogno." dice lui.
"Ed io credevo di aver fatto lo stesso." sospira e si mette in piedi, allontanandosi di qualche passo dal divano e da lui. "Ma a quanto pare non è stato così e non lo sarà mai perché non finirà mai e sono stanca di dovermi sentire male ogni volta che litighiamo."

Si sente debole come una bambina quando inizia a piangere, ma non può farne a meno: questo ragazzo è un mix di emozioni che le fa male quando le è contro.

"Dove stai andando?"
"Torno da Marco."
"Victoria!" si alza e con uno scatto le arriva alle spalle, chiudendo con una spinta della mano la porta che aveva aperto.
"Basta, ti supplico, non ce la faccio più!"
"Sono io che non ne posso più! Ogni volta che voglio parlarti scappi sempre!" anche lui alza il tono della voce e sbatte una mano sulla parte di muro accanto alla sua testa, facendola sussultare.
"Questo è perché non vuoi rassegnarti al fatto che sia finita e che non c'è più niente da chiarire!"
"Hai ragione, non me ne voglio fare una ragione! Come posso farlo quando i miei sentimenti sono rimasti sempre gli stessi?! Sono passati due anni, credevo di averti dimenticata, credevo di aver amato un'altra e volevo vederti lontana da me il più possibile quando sei tornata qui e con un altro. Ma non ci riesco, è più forte di me! Ma tu continui a non capire quello che voglio dirti, continui ad intendere solo quello che vuoi, anche dopo averti detto che ti amavo almeno un milione di volte! Continui a non credermi come due anni fa!" urla frustrato, mettendo su un piatto d'argento quelli che sono i suoi sentimenti.

Le urla sono talmente forti da fare un po' di eco nella stanza o forse solo nella testa di Victoria che si paralizza all'istante e ferma un singhiozzo che vorrebbe uscire dalla sua gola, sentendo una lacrima scendere lungo il suo collo.

"Perché..?" chiede con un tono spezzato.
"Perché ti amo." risponde più pacato.
"Avevi detto che saresti morto senza di me."

Dice, ricordando quella volta che gli ha raccontato la leggenda dei due amanti di Teruel e il finale triste di quella storia che poi è diventata la loro.

"Io non sarò mai vivo se non ho te al mio fianco."
"Hai detto che.. avevi un'altra."
"Cercavo di riempire un vuoto che sei stata tu a creare, nessun altro potrà colmarlo."
"Jo.." strizza gli occhi e lascia scendere altro pianto, poggiando la testa contro la parete. "Perché?"
"Ho bisogno di te." mormora.

Unisce le loro fronti ed asciuga il suo viso dal pianto, accarezzando le guance leggermente arrossate per calmarla e vede che ci riesce anche abbastanza. Sospirano insieme e si guardano per un breve istante negli occhi, lasciando che l'unico rumore presente sia quello dei loro cuori che vanno all'impazzata.

"Che cos'hai detto?" domanda lei, sentendo il respiro di lui sulla sua pelle.
"Che ho bisogno di te."

A dividerli solo l'aria.
Lei si spinge in avanti come presa dall'istinto e bacia quelle labbra che sentiva lontane da troppo tempo, incorniciando il suo volto e sospirando pesantemente. Joaquin ricambia immediatamente e stringe i suoi fianchi, sollevandola leggermente e facendo si che allacciasse le gambe intorno al suo busto. Si gira ed apre la porta della stanza da letto e la fa sdraiare sul letto, accarezzando il suo corpo senza mai staccarsi dalle sue labbra.

Amargo / Joaquin CorreaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora