Nel nono libro, Virgilio riprende l'episodio omerico, presente nell'Iliade, dell'incursione di Odisseo e Diomede nell'accampamento troiano (libro X) per descrivere l'intrusione di Eurialo e Niso in quello nemico.
Tuttavia, se gli eroi greci sopravvivono entrambi e tornano trionfanti dagli altri Achei, gli eroi troiani invece muoiono entrambi: Eurialo, infatti, viene catturato e ucciso dagli uomini di Volcente e Niso, nel tentativo di vendicare il compagno, subisce la stessa sorte.
Un episodio analogo è presente nell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, ma in questo caso solo uno dei due, ovvero Medoro, sopravvive.
Riporto di seguito il passo della morte di Eurialo e Niso.
"Mentre trepidano, la lancia va su Tago per entrambe le tempie
stridendo e trapassato il cervello s'arrestò intiepidita.
Impazza feroce Volcente né vede in alcun posto l'autore
del lancio né dove possa buttarsi fremente.
"Tu però intanto mi pagherai il fio per entrambi
col caldo sangue" disse; insieme sguainata la spada
andava contro Eurialo. Allora sì, atterrito, fuor di sé,
Niso grida né poté di più celarsi nelle tenebre
o sopportare un così grande dolore.
"Me, me, son io che l'ho fatto, antro me volgete il ferro,
o Rutuli, mio ogni inganno, niente costui né osò
ne poté; invoco a testimoni di ciò il cielo e le stelle coscienti;
soltanto amò troppo un amico infelice."
Offriva tali parole, ma con forze la spada spinta
trapassa le costole e rompe i candidi petti.
Rotola Eurialo nella morte, e per le belle membra
corre il sangue e la testa rovesciata sulle spalle s'abbandona:
come quando un purpureo fiore reciso dall'aratro
languisce morente, o sul collo stanco i papaveri
abbassarono il capo quando per caso son gravati da pioggia.
Ma Niso precipita in mezzo e tra tutti cerca il solo
Volcente, sul solo Volcente si ferma.
Ma i nemici schierati attorno di qua e di là da vicino
lo respingono. Non di meno insiste e ruota la spada
fulminea, finché la nascose nella bocca di fronte
del Rutulo urlante e, morente, tolse la vita al nemico.
Poi si gettò sopra l'amico esanime,
trafitto, e li finalmente riposò di placida morte".Eneide, libro IX, vv.418-445
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De Aeneide
RandomCitazioni, aneddoti e scleri sull'"Eneide" di Publio Virgilio Marone.