"Ma Pallante con sforzi enormi lancia l'asta
e strappa dal cavo fodero la splendente spada.
Quella volando cadde dove s'alzano i più alti ripari
della spalla, e trovata una via sugli orli dello scudo
appena sfiorò anche il grande corpo di Turno.
Allora Turno a lungo librandola lancia l'asta munita
di ferro acuto contro Pallante e così parla:
"Guarda se il nostro dardo sia più penetrabile."
Aveva detto; ma lo scudo, tante lamine di ferro, tante di bronzo
altrettante di pelle di toro, messe attorno, che (la punta) incontri,
in mezzo con un colpo vibrante la punta lo trapassa
e perfora i ripari della corazza ed il grande petto.
Egli afferra il caldo dardo invano dalla ferita:
per una stessa via sangue ed anima escono.
Crollò sulla ferita e sopra le armi diedero in suono
e morendo colpisce la terra ostile col volto cruento.
Ma sopra di lui Turno piantandosi sopra [ così grida con la bocca]:
"Arcadi, disse, queste mie parole riferite memori
ad Evandro: come ha meritato, rimando Pallante.
Qualsiasi onore della tomba, qualunque consolazione ci sia
di seppellirlo, concedo. Per lui non costeranno poco le ospitalità
di Enea." E, dicendo così, col piede sinistro calpestò
l'esanime afferrando gli enormi pesi del balteo
ed il sacrilego impresso: in un'unica notte nuziale
una schiera di giovani uccisa sconciamente ed i letti cruenti,
che Clono Euritide aveva cesellato con molto oro;
di questa spoglia ora Turno trionfa e gode, impadronitosene".Eneide, libro X, vv.474-500
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De Aeneide
RandomCitazioni, aneddoti e scleri sull'"Eneide" di Publio Virgilio Marone.