Cheryl's pov
: -fa male?- chiede massaggiandomi il polso.
Cheryl: -sopportabile- dico guardando un punto indefinito della stanza davanti a me. Un banale dolore fisico. Una scossa dentro al corpo, una fitta, forse del sangue, cose che la mia mente ormai vede come il niente più assoluto ma come un normale respiro oppure un battito di ciglia. Ci insegnano a sopportare il dolore sin da piccoli. Se cadi e ti sbucci un ginocchio, disinfetta, metti un cerotto e aspetta che si formi la crosta, però non piangere, non ne vale la pena. Non piangere perché ormai il sinonimo di lacrime è debolezza. Ci insegnano tutto questo, ad evitare il dolore, a sopportarlo, a superarlo soprattutto, ma nessuno parla mai del dolore mentale; quella pulsazione persistente, come una molla che viene schiacciata e poi rilasciata, in continuazione, senza mai fermarsi, fino a quando non salta dalla mano ed esplode con una velocità tale da farti barcollare. Ci insegnano a temere la concretezza del dolore, e non il suo alter ego. Fa ridere come quando ero più piccola preferivo di gran lunga il dolore mentale. Il dolore fisico comporta sangue e lividi, quello mentale non fa niente alla fine. Credevo davvero fosse così, che ingenua. Credevo che la paura di non essere abbastanza, di deludere me stessa e non riuscire ad arrivare a quei sogni che chiudevo innumerevoli volte in minuscoli cassetti nella mia mente, non mi avrebbero mai toccato a tal punto da riempirmi di ferite interne, che avrebbero iniziato a sanguinare e non si sarebbero più fermate. Il sangue della mente è una massa confusa e trasparente, eppure se lo guardi meglio, riesci a scovare delle parole, forse addirittura delle immagini che sembrerebbe non abbiano nessun senso, eppure dentro di te ti lacerano. Il dolore fisico ha le sue cure, ma quello mentale? Non c'è un vero e proprio medicinale per mettere a tacere quella dannata sensazione che non smette di perseguitarti. C'è più che altro un anestetico, il tempo. Originale vero? Il tempo si usa per tutto ormai. Ogni scusa, ogni cosa che non si riesce a spiegare. Odio le spiegazioni senza senso, le cose irrazionali, quelle che non hanno un inizio e una fine, eppure qui mi trovo d'accordo. Ridicolo, eppure a pensarci bene, sì, il tempo qui è un vero e proprio anestetico. Con esso tutto si alleggerisce, certi dolori si imparano a sopportare e certi pesi non sembrano più così pesanti come lo erano prima. Niente passa del tutto, sia chiaro, semplicemente sbiadisce, tutto qua, come un vecchio tatuaggio. Si sbiadiscono le paure, forse i sogni, i difetti. Ricordo ancora quando il mio coach dell'epoca mi chiese quale fosse il mio più grande difetto. L'egocentrismo, avevo risposto. Da una parte era vero, ero convinta che in bellezza nessuno potesse superarmi, eppure c'era un difetto ancora più grande. Il non voler parlare, il non voler leggere ad alta voce il proprio interiore a qualcuno, l'incapacità di esprimere ciò che si prova. Ma del resto, perché no, mascheriamo tutto con l'egocentrismo, più semplice da spiegare, senza cadere nel dettaglio. Reprimo una smorfia di dolore guardando la luna che illumina la città fuori dalla finestra. Quando ho iniziato le sedute di fisioterapia e riabilitazione, ho deciso che le avrei fatte solo di notte. Ci ho messo un po' a convincere il medico, però alla fine ha ceduto. Perché la notte?Ecco, come non c'è amore senza odio, non c'è neanche cura senza di esso. È un concetto strano, forse addirittura senza senso, però la mia testa riesce comunque a dargli un significato. Odio la luna sinceramente. Odio la misteriosità che porta e che affascina milioni di persone. Odio la sua forma stramba, completamente al di fuori dalla perfezione. La odio perché forse ha assistito maggiormente ai miei momenti di debolezza che a quelli di forza. Il sole è stato un compagno più fidato. Il sole che se lo guardi ti fa lacrimare gli occhi. Bello eppure così doloroso da guardare. Così fragile che per non farsi osservare all'interno colpisce ogni cosa con i suoi raggi potentissimi. Il sole che dà così tanto senza però farsi guardare. Probabilmente anche lui ha le sue debolezze, forse siamo proprio noi, gli umani. Il sole che mi ha asciugato le lacrime e baciato la fronte con i suoi raggi. Il sole che solo i suoi occhi sapevano contenere.
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How she destroyed me
Teen FictionSequel "this is the story of how she saved me". "Antoinette Topaz si aggiudica il primo posto come alzatrice nella classifica mondiale di pallavolo. La sua squadra approda ai mondiali e se dovesse vincere diventerà la miglior squadra mai esistita. L...