Cosa muore per ultimo?

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Odio quel lato di me che ogni volta rimpiange il passato quasi come fosse quest'ultimo un'aspirazione, al contrario del futuro.
Odio quella parte di me così fragile, che comanda i miei orari e le mie compagnie.
La odio con tutto il cuore.
Credo che mi rende debole.
Essere governata da paure così irrazionali.
C.B.

Cheryl's pov
Devo smetterla di pensare a quel quaderno ormai disperso chissà dove, eppure mi è impossibile non citare alcune delle mie frasi che ho scritto su quei fogli. Mi sono sempre sentita legata alla scrittura in qualche modo, ricordo che quando non facevo ancora sport, passavo giornate intere a scrivere, come se da questo dipendesse la mia vita. Scrivevo di tutto, dei miei pensieri, del mio umore giornaliero, del vicino che ho visto portare fuori il cane. Mi sedevo alla mia scrivania, penna in mano e iniziavo a scrivere ininterrottamente, cadendo talmente tanto nei dettagli che quasi mi dimenticavo di esistere. Del resto lo scrivere è come un portale per mondi infiniti, dove la nostra vita smette di appartenerci e possiamo essere chi più vogliamo, senza che nessuno possa impedircelo. Ricordo che a scuola tutti gli insegnanti erano sbigottiti che una ragazza così giovane scrivesse cose del genere, hanno anche più volte convocato mia madre per farmi iscrivere a dei concorsi di scrittura, ma ovviamente era troppo impegnata a tradire mio padre per capire che forse la figlia avesse dei talenti. Come con lo sport, neanche la scrittura le andava a genio, sempre a guardare male tutti i fasci di fogli riempiti da me, sua figlia, piuttosto mi diceva che al posto di scrivere avrei potuto fare i compiti oppure pulire la stanza, o ancora meglio, tutta la casa dato che lei doveva uscire per le sue cene costose. Ricordo che un giorno mi disse Cheryl, dovresti mettere da parte i sogni e concentrarti sul tuo aspetto, la bellezza sì che fa il suo lavoro, guarda me per esempio. Ed io l'ho guardata, vedendoci niente di più che un donna senza sogni se non quella di portarsi a letto l'ennesimo ricco sfondato che avrebbe potuto portarla a fare shopping nelle boutique. All'epoca stavo leggendo un libro e con mia grande sorpresa, su una pagina c'era proprio la frase la prima cosa a morire era la bellezza, dunque non aveva valore. Ma l'ultima? Quando ho letto questa frase, mi ha colpito molto. Forse perché tempo fa mi ero fatta la stessa domanda. Mia madre era uscita ed io ho continuato a riflettere su queste due righe, scervellandomi e cercando di trovare una risposta che potesse soddisfarmi. Era buio ormai, perciò ho acceso la lampada e ho iniziato a scrivere. Ben presto però ho capito che con una riflessione del genere i miei pensieri sarebbero andati troppo veloci e la penna guidata dalla mia mano di sicuro non sarebbe riuscita a starli dietro. Mi sono quindi stesa sul letto, spento la luce e guardato l'oscurità. Cos'è che muore per ultimo, quando una persona abbandona la terra? A primo impatto avrei risposto: la vita, una risposta banale, ma che ha in sé un meccanismo assai complesso. La persona è malata, oppure vecchia, perciò giorno dopo giorno la sua vita giunge al termine. Però la vita non è soltanto respirare, camminare, parlare. È molto di più. Del resto noi umani non siamo dei robot, abbiamo emozioni, proviamo sensazioni che variano da persona a persona. Rabbia, tristezza, felicità, amore. Quando mi sono posta la stessa domanda della protagonista, all'inizio ho pensato a queste parole. Credo che siano proprio queste quattro che ci accompagnano maggiormente nella nostra vita. Sono come i colori primari. Ma andiamo in ordine. Iniziamo con la rabbia. Spesso viene sottovalutata, molte persone dicono che esistono emozioni molto più forti, ma io credo che invece il trono venga occupato proprio da questa. Insomma, la tristezza, oppure la gioia non sono così abbaglianti come la rabbia. Ti annebbia proprio il cervello. Inizia a controllarti, togliendo di mezzo la ragione. Rimane così solo lei a governare la nostra testa, ci fa credere di essere inarrestabili, tanto che qualche volta può capitare di dare un pugno al muro, ed avvertirne il dolore solo successivamente. Del resto si sa, senza ragione, non si può fare quasi nulla, si deve studiare tutto, riflettere. Nei secondi prima di morire, la rabbia che una persona magari nutriva nei confronti di qualcuno, oppure nei confronti di sé stessa, cessa. Si ritrova così in pace, con sé stessa e con gli altri. Ci ho riflettuto abbastanza, poi ho scartato quest'opzione; si può arrivare alla pace con sé stessi anche in altri modi, differenti per ciascuno. Sono quindi andata avanti, la tristezza. Quest'ultima deriva dalle delusioni, dai problemi. Magari succede qualcosa, qualcuno ci abbandona, non raggiungiamo un nostro obiettivo, ci lasciamo con la persona che pensavamo fosse quella della nostra vita, e siamo abbattuti. La tristezza ci fa rinchiudere in noi stessi, creando una vera e propria barriera, che sbarra il passaggio a tutti coloro che cercano di avvicinarsi. Ci sentiamo vuoti, piangiamo e quando le lacrime finiscono, ci ritroviamo in una sensazione di malinconia, che ci avvolge come una nebbia. Sappiamo, o almeno crediamo, che niente possa andare peggio di così, perciò ci abbandoniamo a noi stessi. Tutto perde il nostro interesse, anche le attività a cui un tempo ci piaceva tantissimo prender parte. Ho pensato che quando la persona esala il suo ultimo respiro, anche la tristezza perde valore, così come la rabbia. Ormai l'ego non ha più bisogno di essere compiaciuto, le sfide che la persona si era posta contro sé stessa, sono state eliminate, non deve più dare il meglio per non abbattersi, perciò niente può ormai scuotere l'animo del defunto. Poi arriva la felicità, come il sole dopo la tempesta. Se la persona era felice nella vita e non aveva problemi con la rabbia e la tristezza, allora tutto è completamente diverso. La morte prende un'altra piega. Immaginiamo una famiglia felice e ad un tratto viene a mancare qualcuno. È ovvio che la famiglia ne risenta, soffre, viene presa di mira dalle emozioni prima elencate, in poche parole sprofonda. La persona che viene a mancare invece? Non possiamo chiederglielo, nessuno ci è mai riuscito e forse neanche ci riuscirà, però una cosa è certa; chi come me si è posto questa domanda ed ha fatto il mio ragionamento, probabilmente arriverà ad un bivio. Sarà felice oppure triste? Felicità e tristezza. In parole semplici sono come il polo nord e il polo sud. Sembrerebbero le emozioni più semplici da capire. Quando si è felici si sorride, mentre quando si è tristi si piange, no? Eppure non sempre è così. Passare dalla gioia alla tristezza di colpo è impossibile, ci sono degli spazi intermedi, delle sfumature. Ma la domanda è un'altra. È triste o felice? Anche a me ci è voluto molto tempo per arrivare ad una conclusione plausibile. Penso che sia nel limbo, cercando di arrivare ad una sponda a cui aggrapparsi, non riuscendoci. A quel punto è senza emozioni, e farebbe di tutto per provarne almeno una, anche se si tratta della tristezza. Quindi credo che quando una persona muoia, la felicità non è l'ultima a morire. Può morire ben prima, quando vede tutti i suoi cari davanti a lei, che cercano di mascherare le lacrime, dicendo che tutto andrà bene, nonostante si sappia il finale della loro storia. Arriviamo così all'ultima delle quattro parole che ho inizialmente scelto. L'amore. Anche qui ci ho pensato molto, ma sono comunque arrivata alla conclusione che neanche questo è l'ultimo a morire. Certo, l'amore è una sensazione potente, si fanno pazzie, si ride, si piange per amore. Penso che l'amore sia una di quelle sensazioni che ti fanno vivere la vita a trecentosessanta gradi. Ti fa vivere tutte le emozioni in una sola volta, ti fa vedere come sono le persone, come sono i tuoi istinti, ma soprattutto, come sei tu. L'amore ti annebbia il cervello, fai di tutto per viverlo, nonostante sia difficile e tu lo sappia. benissimo. Certo, anche questo ti toglie la ragione, magari ti fa compiere certi atti strambi, ma altri a dir poco meravigliosi. Perché sì, a volte bisogna mettere da parte la ragione e semplicemente vivere la vita. Quando qualcuno muore, l'amore perde tutto il suo fascino. La persona in fin di vita non si preoccuperà di certo del sentimentalismo, perciò neanche l'amore muore per ultimo. Alla fine qualcuno potrebbe pensare che alla fine non muoia niente. Che importa di cosa muoia per ultimo, la persona è morta, non tornerà più, perché preoccuparsi di una cosa così stupida? E se qualcuno si ferma alle cosiddette apparenze, saziandosi anche così, qualcun altro va ancora più a fondo. Diciamo che anche io stavo per mollare tutta questa riflessione, ma alla fine mi sono accorta che la soluzione era proprio sotto il mio naso. Pensa, mi sono detta. Cos'altro c'è in una persona? Qualcosa che segna la sua vita, la cambia in peggio o in meglio, la obbliga ad andare avanti, a fare delle scelte, che cos'è? E poi ci sono arrivata. Ammetto che per qualcuno può sembrare una piccolezza, ma per me non lo è stato. I ricordi. Ricordi di tutto. Ricordi che quella persona ha vissuto in primo piano. Un tipo di uccello che stava sul balcone, Natale celebrato con la famiglia, un programma comico visto in televisione, qualsiasi cosa. Ricordi che magari non verranno mai tramandati, ma rimarranno nella mente di quella persona, racchiusi in una miriade di cassetti, che rimarranno sempre e solo con lei e la sua anima. I ricordi sono qualcosa di fantastico e di malvagio allo stesso tempo. I ricordi di un tempo che non ci sarà più, i ricordi di un amore terminato, i ricordi di un'occasione sprecata. Questi sì, fanno male, ma ormai fanno così tanto parte di quella persona che è impossibile cambiarli. Non si può cambiare i ricordi, ci si può convincere che le cose siano andate diversamente, però la verità verrà sempre a galla, nuda e cruda. Siamo tutti fatti di ricordi, tutti, dal primo all'ultimo. Sorridiamo, piangiamo, ridiamo con essi e spesso non c'è cosa più bella che guardare fuori dalla finestra, facendo un giro nella propria mente, rileggendoli. La nostra testa viene sempre rispolverata da noi di continuo, perché noi non ci fermiamo mai, viviamo di ricordi, che ci fanno sprofondare in una beata leggerezza e ci mantengono lucidi in varie occasioni, di solito per impedirci di fare gli stessi errori del passato, perciò sì, credo che l'ultima cosa che muoia, siano i ricordi, proprio perché non smettono mai di esistere. Finché la persona vive, sogna, idealizza nuovi progetti, anch'essi sono vivi, quando invece il possessore dei ricordi abbandona la propria vita, loro continuano a vivere in qualche modo, come le foglie d'inverno, che vengono pian piano sommerse dalla neve e ben preso se ne perde traccia, però ci sono comunque e se si ha qualcuno con cui condividere i ricordi, essi non moriranno mai.

Arrivo a casa e inizio a riempire la vasca con dell'acqua calda. La gente sa molto poco di me e questa è una delle tante cose che nessuno sa. Mi piace fare lunghi bagni. Faccio docce frequenti, mi lavo i capelli quattro volte a settimana e le mie unghie sono sempre perfettamente limate e tagliate. Ho questa fissa per la pulizia, in qualche modo l'acqua mi fa sentire come se fossi incontaminata dal dolore. Ogni volta che la mia testa non riesce a reggere le potenti emozioni che l'affliggono, l'unico riparo che mi concedo è quello di un bagno caldo. L'acqua mi fa perdere il senso del mio peso e non appena entro nella vasca, non penso a nulla. Anche questa è una delle ragioni per cui ho mollato l'equitazione. Quest'ultima, ogni volta che entravo a contatto con l'acqua, mi faceva venire voglia di sprofondarci e fare in modo che essa mi portasse via tutto, compresa la vita. Penso di averlo scritto nel mio diario. Non credo che fossero veri e propri pensieri suicidi o forse sì, però volevo entrare nella vasca e non uscirne più. Con la pallavolo invece è stato diverso, facevo rapide docce perché ero troppo entusiasta per starmene ore in acqua. È così che ho capito che fosse la scelta giusta, perché al posto di farmi sprofondare, mi dava la forza necessaria per andare avanti.

How she destroyed meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora