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Non ho avuto molto tempo per stare con mio fratello in realtà, perché subito dopo mi hanno portato dalla nuova direttrice, Paola Vinci.

«come ti chiami, nénna?» chiede l'uomo riccio e brizzolato che ci stava guardando insieme all'altro poliziotto che ho scoperto, è il comandante.
«Clarissa, Clarissa Di Salvo.» rispondo.

«io sono Beppe», si presenta lui, sorridendo gentilmente.
Mi sta già simpatico.

Il comandante invece sembra farsi i cazzi suoi mentre entriamo nell'ufficio della direttrice, che indossa una blusa celeste e dei oantaloni a vita alta blu, con delle décolleté bianche. È seduta sulla sedia della sua scrivania, mentre io mi siedo su una delle poltroncine in pelle davanti ad essa.

Mi guardo un po' intorno spaesata.
La direttrice se ne accorge ma non dice nulla, anzi prende il mio fascicolo e inizia a leggerlo.
«Clarissa Nives Di Salvo, quindici anni, arrestata per rissa. Sorella di Carmine Di Salvo.» alza lo sguardo su di me e mi scruta per minuti interminabili, poi si alza e fa il giro della scrivania, venendo esattamente affianco a me. Si poggia sul legno ed io mi tiro leggermente indietro per guardarla negli occhi. Ha un espressione dura sul viso, occhi severi e giudicatori. Come tutti.

«perché hai picchiato quella ragazza Clarissa?» la domanda mi fa rigurare lo stomaco. Non parlo.

La verità è che un motivo c'è.
Angela Fusco è una stronza che mi tormenta dalla elementari.
Eppure rimango in silenzio, mentre fisso la direttrice come se fosse mia madre, come se potesse sgridarmi e darmi gli schiaffi in faccia che ho sempre preso fin da piccola.

Mi sento come una bambina che sa di aver sbagliato e che guarda la mamma con quell'aria pentita e che spera non riceverà una punizione troppo cattiva.

«ti hanno tagliato la lingua? Rispondimi.» il comandante fa un passo avanti alla nostra sinistra ma la direttrice lo blocca col solo sguardo, lui mi lancia un'occhiata ma io non ricambio.
«ha detto e fatto cose cattive.»

«e questo ti dà il diritto di picchiarla?»

Abbasso lo sguardo perché so la risposta “No, non mi dà il diritto di picchiarla” eppure l'ho fatto.
Il punto è che io non l'ho fatto nemmeno apposta, non volevo fargli realmente del male insomma, sì se qualcuno rompe il cazzo lo picchio fino alla morte, ma di sicuro non lo farei per delle provocazioni.

Solo che quel giorno era un giorno di merda ed io stavo di merda e questo ha portato ad una reazione di merda.

Quello che intendo dire è che non volevo picchiare Angela, ma mi ha fatto infuriare ed io... L'ho picchiata, me me sono resa conto solo dopo averlo fatto.
Era come se avessi dimenticato anche perché lo avessi fatto.

Sono del pensiero che picchiarsi e fare quel genere di cose si fa nella vita, la maggior parte delle persone lo fanno solo che poche denunciano.
Il problema è che io sono andata davvero oltre.
Gli ho spaccato la mandibola e rotto il braccio. I miei genitori hanno dovuto pagare una quantità di soldi davvero grande per sdebitarsi del casino che ho fatto.

Ho fatto molte risse, prima di questa, ma sono riuscita a fermarmi quando stavo esagerando, invece con Angela non ci sono riuscita.

Fare risse, ubriacarsi, farsi le canne e tutte le altre cose, è normale, quando si è giovani si ha un cervello di merda e quindi certe cose si fanno ma bisogna sempre riconoscere i limiti.
I confini da non superare.

Non mi ritengo una casa e chiesa, non mi ritengo una santa ma sono sicura di non essere una persona diversa da molte altre. Sono giovane, ho fatto una cazzata, lo ammetto ma non sono cattiva. Non l'ho fatto perché sono una criminale.

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