Eighth

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Dopo più di un mese di silenzio, io e Jason ci siamo rivolti la parola, ma non ho il coraggio di affrontarlo dopo quello scontro.
Avrei preferito che continuassimo a evutarci fino ap prossimo incontro con il giudice, piuttosto che trovare quell'idiota arrogante nella mia camera da letto a giudicarmi per aver lasciato Katty da sola per meno di un minuto.

E dopo ha il coraggio di portare quella squaldrina a mangiare in questa casa, come se non sapesse quanto vorrei strangolarla con le mie stesse mani.

Non voglio più averlo vicino, non voglio più sentire il suo odore o vedere le sue pupille così da vicino.

Al solo ricordo della sua bocca rossissima a due centimetri dalle mie mi fermo sul posto, mentre le mie gambe iniziano a tremare quando l'immagine del suo corpo gigante che sovrasta il mio ritorna nella mia mente.

Per quanto sia stato arrogante, non riesco a cancellare dai miei maledetti pensieri le sue braccia possenti che abbracciava o delicatamente nostra figlia.

So che non lo avrebbe mai fatto se non lo avessi provocato, ma non so per quale motivo non credo di pentirmene.
Probabilmente avrebbe continuato a guardarla da lontano come qualcosa che non gli appartenesse, anche se sta spendendo una fortuna pur di vederla crescere in questa casa, più per far soffrire la sottoscritta che per avvicinarsi a sua figlia.

Sbatto più volte le pupille quando mi rendo conto di non star respirando da un paio di secondi, per poi schiaffeggiarmi mentalmente e ritornare coi piedi per terra prima che la piccola inizi a piangere.

La mia espressione passa da seria a intenenerita in un batter d'occhio quando vedo la piccola Katty dimenarsi sul suo lettino, con la testa girata dalla parte opposta, come se volesse dirmi di essere arrabbiata con me per averla lasciata sola con la nonna.

«Amore.»

Sussurro con un tono talmente basso che non riesco nemmeno ad attirare la sua attenzione, ma lascio scappare una risata sincera quando la prendo in braccio e vedo che continua a ignorarmi del tutto.

«Ma quanto sei monella.»-sussurro di nuovo vicino al suo orecchio, chiudendo gli occhi quando l'odore della sua pelle entra nelle mie narici, per poi poggiare le labbra sulla sua piccola guancia morbida.

«Non fare così, sono stata con la zia.»-la bacio di nuovo, per poi avviarmi verso il mio letto e abbassare la scollatura della felpa larga per prepararmi ad allattarla.

I rumori che provengono dal corridoio le fanno aprire gli occhi di scatto, ma prima ancora che possa assumere la solita smorfia che fa prima di piangere, la avvicino al mio petto dolcemente.

«Non erano questi i piani, piccina, non era così che dovevi conoscere tuo padre.»

Punto di vista di Jason

«Non ti dico di accettare la sua presenza. Solo di non renderle la vita impossibile.»

Lancio una rapida occhiata a mia madre, spostando lo sguardo dal soffitto per zittirla con un'occhiataccia prima che possa dire altro.

«Se vive in questa casa è solo perché la bambina ha bisogno di lei.»- dico con un tono rauco e più che infastidito, sistemando le mani dietro la testa per riprendere a guardare il soffitto della mia camera da letto, al che mia madre sospira pesantemente.

È da quando le ho detto di avere una figlia che rompe il cazzo dicendo che devo riavvicinarmi a Channelle, dimenticandosi di quello che è capace di fare quella donna.

«Jason, figliolo...»

Ringhio per il fastidio quando capisco che si avvicina al mio letto lentamente, sedendosi al mio fianco e poggiando una mano sul mio addome in segno di affetto, ma questa volta decido di non darle retta e continuare a guardare il lampadario nella speranza di addormentarmi prima che mia madre mi faccia il lavaggio del cervello:

EX 4 || || Ema OQU Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora