Zinkensdamm

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Christian sperava che il biondo sarebbe stato lì, a quella che ormai era diventata la loro isola, e sorrise quando il mezzo si fermò davanti a lui e aprì le porte per farò salire.

Il moro abbassò lo sguardo, per evitare di inciamparsi nel piccolo vuoto che c'è tra la piattaforma e la metro, e, quando lo rialzò, il biondo era seduto nel sedile davanti al suo.

Il sorriso di Christian si allargò ancora di più, scoprendo i due canini appuntiti e bianchi, e si incamminò lentamente verso quel ragazzo che aveva catturato la sua attenzione quel mattino di qualche settimana prima.

Seduto al suo posto preferito, con la città che iniziava a scorrere fuori dal finestrino, allungò il braccio verso il biondo e cercò di captare ogni piccolo movimento del suo viso per poterlo poi analizzare a mente fredda.

Bocca rossa spalancata.
Naso arricciato dallo stupore.
Occhi azzurri sgranati e luccicanti.
Fronte aggrottata.
Mani ferme a mezz'aria.

Sì, Christian era riuscito nel suo intento.
Il biondo afferrò il mazzo di girasoli che il moro gli stava porgendo e li fissò con gli occhi che si facevano sempre più lucidi dall'incredulità e dalla felicità che a stento riusciva a contenere.

Il più grande sentì il petto scaldarsi alla vista di quel sorriso scintillante e, dopo giorni bui passati a maledirsi per non essere risuscito ad essere abbastanza coraggioso, era finalmente fiero di se stesso.

«G-grazie.» sussurrò il biondo con voce a malapena udibile a causa dello sferragliare del mezzo.

Christian abbassò il mento quando gli occhi blu dell'altro si alzarono e si fissarono sulla sua figura impacciata e arrossata, perché quel mattino si era sentito coraggioso, ma era pur sempre un ragazzo spaventato dal giudizio altrui.

Quando la metro si fermò alla fermata successiva il biondo cambiò posto e si accomodò al suo fianco, appoggiando il suo viso soffice e sorridente sulla spalla sinistra del moro, che sentì quel peso come una benedizione, che lo scaldò come neanche una caminetto sa fare.
Christian, a sua volta, mischiò i ricci scuri con quelli del biondo e sospirò profondamente guardando il paesaggio intorno a lui, con il cuore leggero.

«Come ti chiami?»

«Mattia»

Gli angoli della bocca di Christian si alzarono ancora di più e gli zigomi del moro iniziarono a formicolare per il sorriso così ampio.

«E tu, min kära?»

Lo stomaco di Christian si accartocciò, piegandosi e torcendosi in mille direzioni, senza lasciarlo respirare di fronte a quel nomignolo così tenero.

Gli veniva da piangere e si sentiva così stupido, perché neanche lo conosceva e già immaginava come sarebbe stato stringergli la mano con le luci di Natale che scintillavano alle loro spalle in una gelida sera invernale.

«Christian, ma i miei amici mi chiamano Chri.»
Il biondo trattenne il fiato, indeciso sul da farsi. Poi i suoi occhi si soffermarono sui petali gialli e tutto diventò chiaro.

«Mmm, per ora me lo faccio andare bene» ammise non volendo rivelare troppo.

Christian si sentì al settimo cielo.

Che cosa aveva fatto per meritarsi un ragazzino così dolce?

«Perché i girasoli?» domandò il biondo incuriosito con la testa inebriata dal profumo dolciastro del moro e gli occhi chiusi per concentrasi su quel contatto che aveva con il suo corpo.

Volare con il deltaplano o nascondere la testa sotto terra?

Christian si buttò.

«Dalla prima volta in cui ti ho visto mi sei sembrato un sole. Sei così giallo che...»

Il biondo lo interruppe, alzandosi e guardandolo in viso, con la voglia di comprendere meglio che cosa gli si stesse dicendo.
Christian sentì freddo, nonostante il maglione e la giacca pesante.

«Giallo? Che significa?»

«Il giallo è il colore associato alla felicità, alla spensieratezza e alla gioia e tu... tu mi sei sembrato tutto questo fin dal primo istante.»

«Lo sai che il giallo è anche simbolo di menzogna, tradimento e follia?»

Ecco, Christian aveva di nuovo fatto la figura dello stupido.

Distolse lo sguardo da quella pelle ancora leggermente abbronzata e si osservò le punte dei piedi, ricoperte da un paio di stivaletti neri.

Gli era sembrato un ragionamento così interessante, eppure era stato dimostrato in qualche secondo che era una cavolata e aveva appena mandato in fumo la possibilità di "farsi bello" davanti a quel ragazzo così stupendo da togliergli il fiato ogni volta che lo vedeva.

Sentì i polpastrelli dell'altro sfiorargli le guancia destra e, stupito e grato da quel contatto così improvviso eppure capace di scatenare un'infinità di emozioni nel suo povero petto, riportò gli occhi sul biondo.

«Ehi, sto scherzando... Vai avanti ti prego, sono in vena di complimenti oggi.»

Il più alto ridacchiò sollevato, ma, allo stesso tempo, impaurito, perché l'altro l'aveva capito subito che aveva distolto lo sguardo perché a disagio, mentre i suoi vecchi amici neanche si accorgevano delle volte in cui si faceva improvvisamente silenzioso perché la sua batteria sociale era praticamente esaurita.

In quei momenti avrebbe voluto avere al suo fianco una persona, una qualunque, non necessariamente un fidanzato, che non facesse domande e, grazie ad una sola occhiata, decidesse per entrambi che era ora di tornare a casa con una di quelle scuse stupide e vuote, che tutti sapevano fosse fittizia, ma che non richiedeva approfondimenti.

«Ecco... Quando sto con te mi sento un po' come un girasole: mi catturi e finché non te ne vai non riesco a voltare la testa da altre parti e... e quando non ci sei tengo il viso rivolto verso il basso perché senza la luce, la tua luce io non so che fare, come comportarmi.»

Era pazzo?
Sì.

Di fronte al silenzio prolungato di Mattia il moro si preoccupò e fissò una signora anziana alle sue spalle per avere qualcos'altro a cui prestare attenzione.

Come gli era saltato in mente di dire una cosa del genere? Manco lo conosceva, aveva scoperto il suo nome qualche minuto prima e già si dichiarava?

Ma si sa, stare troppo in presenza del sole fa impazzire, soprattutto quando non lo si vede da tempo.
Ed è proprio ciò che era successo.

Christian non era mai stato di fronte ad un essere così perfetto e si era scottato nel peggiore dei modi.

Nel frattempo l'altro era rimasto senza parole e senza pensieri, ammaliato da quella dedica così improvvisa.
Lui che aveva sempre riso di fronte a quei film e a quei libri in cui il protagonista o la protagonista dopo dieci pagine si dichiarano innamorati alla follia, ora si ritrovava con le lacrime agli occhi dall'emozione.
Christian non si era dichiarato, ma non gli era mai stato rivolto complimento più bello.

Strinse convulsamente i gambi del fiore giallo tra le mani.

Christian aspettò a lungo una risposta, forse trenta secondi, ma la voce preregistrata annunciò l'arrivo alla fermata di lavoro del loro, che si alzò in fretta, rischiando quasi di cadere, e iniziò ad avviarsi verso l'uscita, troppo abbattuto per salutare il biondo.

Ad un tratto un paio di dita si avvolsero attorno al suo polso e lo costrinsero a voltarsi.
Il moro non capì più nulla quando le labbra carnose di Mattia si posarono sulla guancia.

«A domani, min kära» sussurrò il biondo un attimo prima di spingerlo fuori dal mezzo.

Per il resto della giornata la guancia di Christian formicolò, mentre il suo cuore batteva a ritmo costante.

Mattia, Mattia, Mattia

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