Capitolo 9- Un irreale realtà tra domande, nomi e baci

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Ellen

No, direi di no. E l'orientamento, o anche solo usare Google Maps prima se, e sottolineo il se, avessi avuto il cellulare carico di batteria al 100%, in questo momento è l'ultimo dei miei pensieri.

Non penso nemmeno ad Ashley che, dando solo una semplice occhiata al motociclista dietro il fratello per assicurarsi, probabilmente, che fosse lui, è salita in sella lasciandomi, o meglio, lasciandoci soli.
Non sono arrabbiata, non la ringrazierò quando la vedrò, questo è certo.

Che nella mia testa io lo stia già facendo sono dettagli irrivelanti, però questa improvvisa comparsa non è del tutto spiacevole. Affatto.

«Non credo che l'orientamento serva a molto in un posto del genere.» mi decido a parlare.

«Non posso darti torto su questo.» si guarda intorno e nota in qual tipo di deserto ci troviamo. Da soli.

Io continuo a fargli una lastra a raggi X per minuti raddoppiati, triplicata... va bene: quadruplicati, per filo e per segno, non distaccando neanche una volta lo sguardo dal suo corpo o dal suo viso. Lui, notando il mio sguardo insistente, scuote la testa e sorride.

Sorride.

E vedo i suoi denti bianchi slittare tra il buio della notte, in mezzo al nulla.

E siamo da soli. In mezzo al nulla.

Si volta una volta sceso dalla groppa del rivestimento in pelle, mette una gamba piegata sul cavalletto della moto e ci si appoggia con la schiena, facendo slittare il suo sguardo nel mio.

Basterebbe il vento gelido che mi colpisce viso e capelli, oltre a tutto il resto, a riscuotermi da quegli occhi dai colori intensi, ma sono proprio quest'ultimi a farmi sobbalzare per la prontezza con cui si posano dappertutto sulla mia figura. Squadrandomi a modo.

«Che vuoi fare, liten jente

E, in un istante, me lo ritrovo davanti.

Mi riscosso definitamente. Ma forse, questa vicinanza mi sta solo facendo perdere ulteriormente la testa.

Avvicina il viso al mio, sento il calore che emana, pur non sfiorandomi nemmeno con un dito.

Le sue labbra sembrano un richiamo silenzioso, a cui i miei occhi rispondono prontamente.

E le mie sembrano proprio un richiamo per lui.

Perché non mi scanso?

Mi chiedo una volta.

E me lo richiedo una seconda, quando un suo dito si poggia sotto il mio mento facendomelo alzare, allineando alla perfezione, come un puzzle, i nostri respiri.

Perché non mi scanso?

I miei occhi si chiudono per un battito di ciglia istintivamente, per quel contatto ancora inesistente che richiede entrambi le parti delle due persone incluse.

Perché non mi scanso?

Tre.

Posso quasi percepire la pelle morbida, quando un sussurro che sento a stento mi inebria il cervello.

«Che hai intenzioni di fare, liten jente

Non lo so.

Apro gli occhi di scatto, indietreggio di qualche passo, e la ragione sembra tornare a me.

La stessa ragione che continua a chiedermi: Perché non ti sei scansata?

La stessa ragione che continua a dirmi: Tu non lo conosci.

Behind the SilenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora