Capitolo 8- Viva i salvavita portatili

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Ellen

Solitamente, dico semplicemente che tutto sommato mi piace la scuola, ma la verità è che mi piace una routine con la giornata piena, da non potersi stancare neanche inserendo una maratona nell'agenda delle cose di oggi da svolgere. Mi piace svegliarmi la mattina sapendo di avere qualcosa da fare: il corso d'arte delle 08:00, la storia americana prima di pranzo, e dopo esso, bus per il posto che chiamo casa più velocemente di quanto avessi mai detto.

Ne vado soddisfatta, e ne sono felice.

Oggi, però, la scuola la trovo particolarmente interessante. Non di certo per qualche cambio di materie o cose del genere, i miei orari sono rimasti sempre gli stessi. Volete sapere perché? Per la stessa ragione per la quale qualcun altro non la pensa come me, equivale a dire Ashley che è seduta al banco che oggi ci siamo condivise per la prima ora di storia dell'arte: suo fratello insieme a Johnson che, per di più, sono un anno più grandi, seduti comodamente davanti a noi due nella nostra classe. Reed invece non si vede da dopo il trambusto di ieri sera, che si è concluso fortunatamente con poche gocce di sangue sulle mani e sul sopracciglio del biondo... meglio non parlare dell'altro combattente. All'inizio il secondo ragazzo preso in causa di cui, ripeto, non so il nome, mi aveva preoccupata, ma l'apparente giocatore di la boxe con una passata di manica sul volto torna ad essere come nuovo.

Vorrei cominciare a credere che se una giornata scolastica inizi con una bella dose di sarcasmo me la faccia apprezzare di più. E lo faccio. E Miles difatti non mi smentisce.

«Mi state dicendo che dovrei disegnare un pinguino a casa per la pratica, e tornare qui a spiegare che droga assumesse Caravaggio quando ha voluto ritrarre un cesto con una mela e dell'uva appassite che definisce "natura morta" per la teoria? Non sono mica multitasking, se non per dire battute e far schiattare dalle risate pure la mia anima oltre quella del poveretto artista depresso!»

«Miles...» inizia sua sorella, ma io mentalmente finisco la sua frase: "Il pinguino sarebbero le ballerine del quadro di Degas, in realtà". E senza rendermene conto glielo dico.

Lui guarda stranito me, il proiettore che fa vedere il quadro, poi abbassa lo sguardo ancora più perplesso sul libro appoggiato al banco e, per finire, guarda come se volesse bruciarla, la matita che tiene in mano che tenta di tracciare su un foglio d'album sopra il libro d'arte un... qualcosa.

«Ma che cazzo...?» si lascia sfuggire.

«Signor Benson!» lo ammonisce subito il professore.

«Miles, mi spieghi perché ci troviamo qui?» si sente dire dietro di noi da Graham che tiene un compasso e che, a dirla tutta, servirebbe per matematica.

Me lo chiedo anch'io.

«Perché?! E quando mai io mi perdo un'importantissima lezione di tecnologia?» chiede indignato Miles all'amico, che lo fissa perplesso e con la frase ben stampata in fronte: Okay, ora lo ammazzo.

«Arte. Stiamo facendo arte.» lo correggo io.

«Ah...»

«Già, ah. Andate a fanculo in un'altra classe.» lo redarguisce Ash.

«Ti pentirai di tanta arroganza verso il tuo fratellone, ricorda le mie parole.» la minaccia puntandole il dito contro.

«Sto tremando.» tremola appositamente, «Qualcuno mi passi una giacca.»

«Stronza.»

«Signor Benson!» lo chiama il professore, stremato.

Miles alza gli occhi al cielo portandosi le mani tra i capelli nero corvino identici a quelli di sua sorella.

Behind the SilenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora