XXVIII. Tamacti

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La prima cosa che percepí quando mi calai dal tombino, fu l’odore pungente del sangue e della carne putrida

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La prima cosa che percepí quando mi calai dal tombino, fu l’odore pungente del sangue e della carne putrida.

Odore di casa.

Non mi era mancato per niente.

I miei occhi si abituarono subito al buio di quelle caverne profonde.

Nonostante non fossi mai stato in quelle terre sotterranee, il mio olfatto animale mi fece capire che per trovare il meatpoint, cioè i rifornimenti di cuori e carne umana che si trovavano ad ogni confine, dovevo scendere ancora.

Mi Mossi veloce come un ratto, seguendo l’odore di cibo che faceva brontolare ancora più forte il mio stomaco affamato.

Dovevo fare più in fretta possibile, non solo perché stavo morendo di fame, ma perché Selva mi stava aspettando.

Non mi piaceva non averla intorno. Non so quando e se mi sarei abituato alla sua mancanza. Non ero un tipo che si affezionava, ero un animale dopo tutto, ma quella ragazzina mi aveva fatto battere il cuore dopo molto tempo.

Non sapevo nemmeno di averlo, un cuore.

Lì  sotto non  udii nessun rumore, non vidii nemmeno un cuorassita. Quel posto era molto diverso da Minartas di sotto.

Probabilmente non c’erano cuorassiti in quelle caverne, il che mi avrebbe risparmiato eventuali discussioni che si creavano spesso tra noi, mostruosi animali senza cervello.

Come diavolo poteva Selva essere attratta da me?

Al Meatpoint non c’era nessuno.

La macelleria, come chiamava Ombra quei posti, era grande la metà di quella di Minartas, ed era posizionata più in basso a livello del mare , a pochi passi dagli abissi. Non era una posizione molto strategica, visto che i parassiti che si nascondevano lì sotto sarebbero potuti salire improvvisamente.

Evidentemente non interessava a nessuno, non doveva essere un rifornimento molto famoso.

Era costruito con fango e legna, il tetto arrugginito era in eternit e come porta c’era una tendina di perle vecchie.

Esitante misi piedi all’interno del locale.

La puzza di carne marcia era quasi insopportabile anche per  me.
Non doveva passare nessuno da un bel po’  di tempo.

La vetrina della carne non era allestita, almeno che le mosche morte facessero parte del menù.

-C’è qualcuno?-

In risposta sentii tossire all’interno di uno stanzino.

Era una tosse secca e fastidiosa, che durò interminabili secondi.

Un Cuorassita uscí dalla stanza con un fazzoletto lercio davanti alla bocca.

Era magro come un chiodo, le rughe sulla faccia pallida dimostravano all’uomo almeno sessant’anni di vita, cosa impossibile per uno di noi,  e probabilmente era molto vicino alla ora fatale.

Non aveva quasi più capelli e gli occhi rossi erano annebbiati, quasi bianchi, altro segno chiaro che sarebbe morto presto.

E pensare che in cinque anni anche io mi sarei ridotto in quel modo…

-Un Forestiero!- esclamò la cosa, la voce rauca e le parole confuse, probabilmente dovuto al fatto che non avesse nemmeno un dente.

-Ha qualcosa? Di fresco, possibilmente.-

Lui rise, finendo per tossire nuovamente, e si chinò sotto al bancone. -Certo, fresco da frigo!-

Mi sporsi dalla vetrina per spiarlo, ma non vidi molto. Stava cercando qualcosa nei frigoriferi.

-Questi sono i cuori più freschi che ho. Sono di tre giorni fa. Direttamente dagli Stati Uniti. Cuori Americani, mai provati? Hanno lo stesso sapore della salsa barbecue, se sai che intendo! E chi se lo scorda il sapore della salsa barbecue!-

Non aveva bisogno di provare a vendermi i migliori cuori della sua baracca, con la fame che avevo mi sarei mangiato qualsiasi pezzo di carne.

Ne aveva solo tre, e li presi tutti. Nonostante non fossero freschi, avrei rischiato il mal di pancia.

-Da dove vieni, giovane?-

-Minartas.-

-Oh! Certo, ci sono stato spesso. Lì ci sono un sacco di cuorassiti. Per questo vivo qua ora. Posso morire in pace, da solo , senza altri mostri fra i piedi. Non voglio essere mangiato da uno dei miei simili, se sai che intendo!- scoppiò nuovamente a ridere, rischiando di strozzarsi con la sua saliva .

Presi i miei cuori avvolti nella carta e mi voltai per uscire.

-Passano spesso cuorassiti di Minartas da qua. Anzi, proprio poco fa è passata una donna. E che donna!-

Mi bloccai, girandomi per guardarlo negli occhi.

-Una donna ha detto?-

-Si! Sarò pure cieco, ma so riconoscere una bella donna! Era una cuorassita, ma sembrava un’umana! Cercava un’umano, ma qua  io li vendo solo a pezzi,se sai cosa intendo!- disse ridendo forte.

Rabbrividii, e la mia testa iniziò a girare. Non poteva essere lei.
Mama Mandombe.

Uscii dal locale di corsa, mangiando in un boccone o due uno dei cuori che avevo appena comprato. Avevo bisogno di forze per correre più veloce da Selva.

Se la strega ci aveva raggiunto fino a qui, voleva dire che eravamo spacciati. I suoi soldati si trovavano in tutta la regione, era impossibile sfuggirle.

Attraversai i tunnel inciampando sui miei stessi passi, tagliando la strada dove potevo.

Durante la corsa persi un cuore a terra, ma non mi importava, non avevo tempo da perdere.

Risalii in superficie, più sudato e fetido di prima, sbucando dallo stesso tombino con cui ero sceso.

Selva non c’era .

Mi guardai intorno spaventato, sperando di scorgerla magari seduta a terra,vicino ad un albero.

-Selva!-

La cercai nei dintorni, forse stava solamente cercando altre more e mi stavo allarmando inutilmente.

Eppure, le avevo detto di restare lì, di non muoversi,e lei non lo avrebbe mai fatto.

L’aveva presa.

La strega l’aveva presa

Il mercante di cuori (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora