VI. Tamacti

189 17 7
                                    

Erano le ventitré passate, era l'ora di andare a caccia e procurarsi la cena

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Erano le ventitré passate, era l'ora di andare a caccia e procurarsi la cena. Le donne , i bambini e i vecchi tossici stavano già dormendo in quelle calde gallerie di Minartas. Di notte uscivano solo i padri e i mercenari.

A quell’ ora le luci erano già spente e qualche famiglia stava morendo di fame o di caldo nel sonno. Durante l’estate morivano più velocemente.

Chiusi la porta del mio alloggio alle mie spalle con la spranga in ferro e mi incamminai nella poltiglia fangosa che padroneggiava le vie desolate di Minartas.

Aprii il tombino che usavo di solito per uscire allo scoperto. Sbucava in una stradina appartata fra le varie case dei più poveri e raramente  ai militari importava la vita dei più bisognosi, così non controllavano spesso quel pezzo di strada.

L'aria fresca quando spostai il pesante coperchio di cemento mi colpii in pieno volto facendomi sentire immediatamente meglio. Feci per uscire facendo forza sulle braccia ma mi ritirai immediatamente, quando sentii delle voci acute e dei passi avvicinarsi velocemente.

Avrei dovuto chiudere il tombino e provare ad uscire da un altro buco, ma nell’ istante in cui mi ritirai vidi un’ombra sopra di me.

Feci a malapena in tempo ad allungare le braccia che una giovane ragazza cadde inevitabilmente all’interno del tombino che avevo aperto io.

Riuscii per un pelo ad afferrarla ed a evitare che sparisse per sempre fra le acque profonde delle fogne o nello stomaco di qualche muta forma, vecchi Cuorassiti che avevano perso oramai le sembianze e le emozioni umane e che vivevano più in basso, dove nessuno osava addentrarsi, visto che si nutrivano anche dei propri simili.

Mi nascosi meglio quando vidi degli uomini correre sopra le nostre teste, ma nessuno di loro si accorse del tombino scoperchiato.
Quando fui certo che non ci fosse più nessuno la fuori chiusi il buco, rimanendo quasi completamente al buio.

Reggevo ancora il corpo inerme della ragazza. Non aveva sbattuto la testa e di certo non era morta, visto che il suo cuore batteva forte e invitante.

Non capitava spesso che un puledro cadesse dal cielo in quel modo. Se a trovarla fosse stato qualsiasi altro cuorassita probabilmente a quell’ sarebbe già stata sbranata.

Esitai per un momento cercando di trovare una soluzione. Avrei potuto lasciarla di sopra e fingere che nulla fosse successo.

I cuorassiti che la stavano inseguendo ne sarebbero stati felici.

Le altre due opzioni era lasciarla lì alla mercé dei mutaforma o portarla a Minartas di sotto, dove il suo odore non sarebbe passato inosservato.

In tutti i casi, il suo destino era la morte.

Non sapevo che farne di lei ne tantomeno perché l’avessi salvata o addirittura non ringraziando il cielo per quel dono. Avevo la cena bella pronta fra le braccia eppure non le avevo ancora strappato il cuore dal petto.

Decisi che comunque quello non era il posto giusto in cui risolvere quel genere di problemi e mi incamminai nuovamente verso il centro, allontanandomi il più possibile da quel posto lugubre. Dovetti fare più attenzione a percorrere le travi di cemento o terra che dividevano le fogne da Minartas di sotto.  Se fossimo crollati giù, come era già successo in passato a chi provava a raggiungere i tombini che sbucavano nelle strade senza controlli militari, di noi sarebbero rimaste solo le ossa.

L’opzione migliore al momento era portarla a casa mia. Passai per le gallerie disabitate, cercando di non attirare l'attenzione dei barboni stesi a terra, che al passaggio della giovane umana fra le mie braccia si mossero agitati ma del tutto addormentai, arricciando il naso per l'odore delle sue carni.

Le luci della via del mio alloggio erano spente da diverse ore. Quelli di sopra ci lasciavano al buio totale già dopo le otto di sera. Dovetti posare il corpo della ragazza a terra per aprire la porta sprangata di casa.

Il Posto in cui vivevo ormai da lunghi anni stava lentamente cedendo visto le mura di fango con cui erano costruite tutte le baracche dei Cuorassiti, ma non era affatto male.

La misi sulla  branda dell’unica stanza della casa. Accesi delle candele perché ero davvero curioso di vederla, nonostante vivere al buio per vent'anni mi aveva fatto abituare all’oscurità.

Presi una sedia e mi sedetti vicino a lei, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e avvicinandomi per scrutarla meglio.

Ero quasi sicuro di averla già vista, ma quelli di sopra infondo si assomigliavano tutti. Le scostai i capelli castani dal volto sudato per osservarla meglio. Sembrava quasi che dormisse serena. Aveva dei lineamenti molto delicati e giovanili.

Le donne a Minartas di sotto avevano dei tratti molto marcati e come agli uomini la mascella molto evidente per strappare con agilità i pezzi di carne. La sua pelle era liscia come quella di un bambino e leggermente olivastra.

Aveva le labbra schiuse e carnose che ricordavano vagamente la forma di un cuore. O forse era solamente la mia fame, che mi faceva vedere cuori dappertutto.

Indossava una camicia da boscaiolo larga e un paio di bermuda fin sopra al ginocchio neri ed incollati alle cosce per via del caldo  che c'era nelle gallerie.

Ad occhio e croce non doveva arrivare alla maggiore età. Odiavo i giovani che se andavano in giro di notte a rischiare la propria vita. Eppure Sembrava così innocente, così spaventata quando l’avevo presa al volo.

Mi avvicinai cauto, sentendo il suo respiro leggero e il suo odore forte che arrivava dritto al mio cervello. Avevo già visto quella ragazza. Mi allontanai improvvisamente passandomi le mani fra i capelli. Era la puledra che stavano cercando. Mama Mandombe aveva messo una taglia sulla sua testa e appeso dei volantini in tutte le gallerie promettendo una grossa ricompensa a chi le avrebbe portato il cuore dell’umana.

Non sapevo quali piano avesse la strega con lei e perché la stessero cercando, ma non doveva essere nulla di buono, visto che ora anche quelli di sopra, magari i suoi stessi amici e colleghi, le stavano dando la caccia.

Avrei voluto sapere più informazioni. Mama Mandombe avrebbe potuto darmi i soldi e tutto il necessario per lasciare quel posto se le avessi consegnato la ragazza, ma il mio sesto senso mi diceva di aspettare, di indagare meglio.

Esaminai a lungo l’espressione serena del volto della ragazzina. Non sapevo che farmene, ma liberarsene non sarebbe stato facile, ora che se ne stava stesa sul mio letto a pochi metri da mostri affamati che la cercavano.

Il mio sguardo scese inevitabilmente fino alle sue gambe e notai che sulla destra aveva un lungo taglio sanguinante che partiva dal ginocchio e scendeva fin quasi alla caviglia.

Finché non si fosse svegliata non avrei potuto fare nulla, così andai alla ricerca di un kit medico, ma in quella casa non avevo altro che un letto e un frigo vuoto. Presi così quello che restava di una vecchia grappa bianca trovata molto tempo prima al piano di sopra. Versai tutto il contenuto della bottiglia sulla sua gamba graffiata pensando che si sarebbe svegliata per il bruciore, ma non successe.

Il suo sangue macchiò le mie lenzuola ma almeno ora la sua gamba era disinfettata alla ben meglio. Prendere dell’infezioni in quel posto era facile come andare in bicicletta. Presi una delle mie magliette e la strappai per poter coprire la ferita e bloccare la fuoriuscita di sangue, il cui odore mi faceva brontolare maggiormente la pancia.

Decisi che la cosa migliore da fare per il momento era tenerla segreta al sicuro, visto che solitamente un umano che faceva visita nei sotterranei non durava più di venti minuti.

Presi il mio ricetrasmettitore palmare e provai a contattare l'unica persona di cui mi fidavo in quel posto.

Il mercante di cuori (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora