Capitolo 16 - Conversazione

76 8 1
                                    

" E questa è Persefone," dissi, mentre giravamo le scuderie. Ci fermammo di fronte ad una cavalla color nocciola con la criniera bianca. Quando ci vide nitrì e si mosse, eccitata. "É chiaramente felice di vederci qui," aggiunsi e Niall si avvicinò per accarezzarla.

"É bellissima," disse, sorridendomi. Ignorai la capriola che fece il mio cuore. "Tutti i cavalli hanno nomi grechi?" Mi chiese successivamente e non potei evitare di sorridere perché l'aveva compreso.

Dopo il discorso sulla sua ragazza, avevamo iniziato a parlare di cavalli. Gli avevo presentato tutti quelli che avevamo, i loro nomi e da quanto tempo si trovassero qui. E sì, tutti i cavalli avevano nomi ispirati alla mitologia greca.

"Sì, aveva cominciato mio papà quando pensò che avere i cavalli al centro fosse una buona idea," spiegai e lui annuì.

"Quindi è stato tuo padre ad iniziare tutto. Dov'è ora?"

Rimasi in silenzio e mi raggelai sul posto, nonostante fossero passati anni, parlare di lui faceva ancora male. Persefone dovette intuire la mia tristezza perché mosse delicatamente la testa contro la mia, in un gesto di conforto.

"É morto qualche anno fa. Diversi anni dopo mia madre," gli dissi e lo sentii sussultare.

"Oh mio Dio, non lo sapevo. Mi dispiace," disse immediatamente, avvicinandosi di un passo, ma io ne feci uno indietro. Avevo bisogno di distanza tra di noi.

"Va tutto bene. Sto bene. Mi fa ancora male, ma in tutti questi anni ho metabolizzato la cosa," dissi, mentre lui mi guardava ancora con pietà. Non lo biasimavo, era una reazione comune quando si veniva a scoprire che avevo perso entrambi i genitori.

Continuammo a parlare per un po' e non so perché gli raccontai dei miei genitori, ma come aveva detto lui, era più facile parlargli, anche se si trattava di cavalli o di genitori scomparsi. Mi infondeva una sorta di fiducia quando sorrideva che mi aveva portata ad aprirmi, poi mi aveva raccontato della sua ragazza, quindi mi sentivo in dovere di lasciarmi un po' andare con la mia storia.

"Quindi ora hai solo Rhonda," disse ed io mi irrigidii, stringendo le mani in due pugni e Persefone nitrì preoccupata, questa volta. "Wow, non ti piace, vero?"

"Veramente perspicace," gli dissi. "La odio con tutta me stessa, sto contando i giorni che mi separano dalla fine dell'estate così che possa andarmene e non vederla più."

"Non tornerai mai più? Ma è casa tua," mi disse ed io scossi la testa.

"Ha smesso di essere casa mia quando mio padre è morto, da allora è diventata una prigione ed io voglio essere libera. Voglio andare all'università e fare ciò che voglio. É l'ultima estate che lavoro qui," risposi onestamente. Ero impressionata dal raccontargli queste cose.

"Quindi se tornerò, non ti troverò più," rifletté ed io voltai il capo nella sua direzione, sorpresa dalla sua affermazione e dal modo in cui l'aveva pronunciata. I suoi occhi si scontrarono con i miei ed io trattenni il respiro, insicura su cosa fare.

"No, non mi troverai," risposi e lui sembrò sconcertato.

Non disse nient'altro, continuava ad accarezzare Persefone ed anche io focalizzai la mia attenzione su di lei per un po', almeno finché non riprese a parlare.

"Alla fine sei andata al ballo? So che mi hai detto che non andavi, ma forse..."

"No," confessai e lui annuì come se se lo aspettasse, ma nuovamente, non sembrava soddisfatto della mia risposta. "Ho avuto molto lavoro da sbrigare. Rhonda mi aveva dato una lista infinita di mansioni. Non ho neanche dormito quella notte," gli dissi.

Lo so, lo so. Ero andata al ballo, avevo danzato con lui e l'avevo anche baciato. Ma non potevo dirglielo, vero?  Stava cercando di aggiustare le cose con la fidanzata ed io non potevo andare lì e dirgli 'Ehi, sono la ragazza misteriosa, sai quella a cui stai pensando. Ma sì, non esserne felice. Non uscirei mai con qualcuno di famoso come te. Mi dispiace.' Questo farebbe di me una stronza e non lo sono.

Chiamatemi Ella - TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora