1. Andiamo male!

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Kate:

Oggi devo presentarmi al colloquio di lavoro più importante della mia vita, ma ovviamente sono perseguitata dalla sfortuna.
Non si può dire che il tempo sia dalla mia parte: sono uscita di casa con un temporale tremendo che ha smesso solo poco fa. Il fatto è che ho avuto la brillante idea di mettere delle scarpe aperte col tacco che in mezzo secondo si sono allagate del tutto, prima ancora di arrivare all'autobus.

Come se non bastasse, sto camminando per strada con i capelli che un tempo erano belli e lisci, con la piastra appena fatta, mentre adesso sono elettrici, come se avessi preso una scossa.
L'unica cosa che è rimasta al suo posto è il trucco waterproof!

Faccio un bel respiro, inspirando ed espirando aria. «Calmati. Andrà tutto bene.»
Cerco di autoconvincermi e mi fermo di fronte all'azienda di Ashton: la Robot Crew's.
Un edificio tutto bianco e con una marea di finestre da ogni lato. Realizzato su una ventina di piani, è davvero bello e particolare, con una costruzione moderna.
Ho sempre sognato di entrare qui, e ora che ne ho finalmente l'occasione, mi sento al settimo cielo.

Mi spunta un sorriso, felice di aver avuto questa opportunità che non voglio sprecare. Tutti i problemi sembrano dissolversi nel nulla e riesco solo a pensare all'incontro con lui. Il capo in persona. Il genio che ha realizzato una meraviglia della tecnologia.

L'ho visto tante volte in tv e dallo schermo ho sempre pensato quanto fosse affascinante. Occhi di un azzurro intenso, capelli biondi, naso leggermente a punta, zigomi definiti e labbra carnose, davvero belle. Per non parlare poi del suo sorriso o del suo fisico. Spettacolare, oltre che maledettamente sexy da morire.

È sempre vestito in maniera impeccabile: completo scuro, camicia e cravatta. Dei vestiti che probabilmente costeranno quanto un anno intero di lavoro di una persona chiunque.
E ogni volta, ammetto di averlo fissato a lungo, chiedendomi se avesse qualche difetto.

Lo ammiro perché non è solo bellissimo esteticamente, ma perché è la prima persona al mondo che ha saputo creare dei robot uguali a degli essere umani. Sanno fare tutto, dalla A, alla Z.
Prendo il cellulare e ancora una volta, leggo l'articolo che so ormai a memoria.

Ashton Crew, a soli 28 anni, nel giro di poco tempo ha creato un impero costruendo e progettando dei robot che hanno l'aspetto di vere e proprie persone.
Parlano, si muovono e addirittura, pensano!
Con la vendita del primo robot a Shin Won Chu, l'imprenditore cinese più ricco della Cina, Ashton Crew ha guadagnato migliaia di dollari, permettendosi così, di crearne sempre più nuovi e migliori dei precedenti.
Con il suo marchio "Robot Crew's" ha aperto la sua prima azienda con sede a New York, per poi espandersi in Inghilterra, Spagna, Germania, Irlanda e Svizzera, diventando uno tra i milionari più giovani al mondo.
I suoi robot ora sono in vendita ovunque, e fanno tra i più svariati compiti: stirare, cucinare, pulire e non solo...
Signori e signore, se volete usufruire dei nostri robot, non rimarrete certo insoddisfatti. Scoprite cosa sono in grado di fare, oltre che le cose già citate.

Volete acquistare un robot Crew's?
Niente di più facile!
Accedendo al link qui sotto, basterà un semplice click e il robot verrà recapitato direttamente a casa vostra!
Cosa aspettate?
Non preoccupatevi, potrete pagare alla consegna o in comode rate!

Smetto di leggere e alzo lo sguardo verso il palazzo, mentre l'ansia inizia a divorarmi.
Devo essere lì fra soli dieci minuti e sto cominciando ad agitarmi.
Faccio un lungo respiro e punto gli occhi sul telefono, in modo da bloccare la tastiera e metterlo in tasca. Il problema è che non appena leggo la scritta sullo schermo, spalanco gli occhi e caccio un urlo disumano che penso abbia sentito tutta la città.

Complimenti!
Ha appena acquistato un Robot Crew's!
Verrà recapitato al seguente indirizzo: West 49st, Street, New York, Stati uniti.

«Cosaaa? Ma com'è possibile!» strillo, incurante di essere in mezzo alla strada. 
Mi agito e penso al mio conto in banca che chiede pietà. Questa cifra non me la potrei permettere nemmeno vendendo un rene!
Cerco di calmarmi, facendo dei respiri. Ovviamente non funzionano affatto e peggiorano la situazione già di per sé critica.
Potrei svenire...
«Non mi sento bene» mi tocco la fronte, sentendo un calo di pressione.
Calma, Kate.
Calma.
Ma poi continuo a leggere e penso che da un momento a un altro potrei non solo svenire, ma avere direttamente un infarto.

50.000$ che verranno pagati alla consegna del pacco o in comode rate!

A questo punto spalanco la bocca e chiudo gli occhi sentendo solo il mio corpo cadere al suolo.

«Signora... Signora, sta bene?»
Percepisco la voce di una signora molto gentile.
Inizialmente mi sembra lontanissima, poi piano piano, più lei lo ripete, più mi rendo conto che invece è proprio qui. Apro gli occhi, confusa.
È china su di me. Mi guardo attorno, non capendo dove sono.
Vedo un palazzo bianco che non riconosco e mi rendo conto di essere sdraiata sulla strada.
Corrugo la fronte, accorgendomi di aver perso i sensi.
Faccio presa sui gomiti e con il suo aiuto riesco ad alzarmi abbastanza velocemente.

«Scusi, dove sono?» chiedo con un leggero mal di testa. Avrà sulla sessantina d'anni, dei grandi occhi azzurri e uno sguardo molto dolce.

«Sta bene?» chiede, prima di tutto.
Mi sorprende quanto sia premurosa con una persona che non conosce affatto.
Annuisco leggermente. «Sì, grazie.»
Fa un respiro di sollievo, si gira a guardare il palazzo, poi rivolge di nuovo l'attenzione su di me.
«Si trova davanti alla Robot Crew's. Ha bisogno che chiami un'ambulanza?»

Questo nome non mi dice niente.
Non so perché sono qui! Non ricordo nemmeno perché io sia uscita di casa.
«No, grazie. Sto bene, davvero» le rivolgo un mezzo sorriso. «Sa dove è la fermata dell'autobus?»
L'unica cosa da fare è tornare, sempre che mi venga in mente il mio indirizzo!
Santo cielo.
Andiamo male!

Me la indica con il dito. «Proprio dall'altra parte della strada. Se ha bisogno non esiti a dirlo.»
Scuoto la testa, negando ancora una volta. «No, davvero. Sto bene. Ora torno a casa mia.»

«Va bene» mi sorride, appoggia una mano sulla mia spalla e si allontana, camminando piano.
Prima di andar via faccio caso a un telefono buttato per strada poco più lontano, quindi lo raggiungo e mi chino a prenderlo. Sblocco la tastiera, sperando di scoprire chi lo ha perso, cosicché possa restituirlo.
Si apre su una pagina con scritto di aver acquistato un robot, c'è segnato un indirizzo e sotto di questo una cifra spaventosamente alta.
Ci penso su perché mi suona familiare.
«Che strano» commento a voce alta. «Questo indirizzo sono sicura di conoscerlo, ma dove l'ho sentito?» mi gratto la testa e mi sforzo di ricordare perché sono qui.

Improvvisamente, come se niente fosse, ritorna tutto. Il vuoto di memoria scompare e io ritorno di nuovo in me. Ricordo ogni cosa.
Il colloquio, il robot acquistato per sbaglio...
Guardo l'orario e scopro che sono esattamente le nove e un quarto, sarei dovuta essere lì quindici minuti fa.
«Oddio, no, no, no. Sono in ritardooo.»

Inizio a correre come una pazza.

Scusa, ma non ricordo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora