13. Sei un pervertito

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Kate:

A oggi sono ufficialmente dieci giorni che lavoro per Ashton e sono anche nove giorni che ho James, il robot, fermo in casa mia nel soggiorno.
Ho pagato ieri la prima rata, dato che non posso restituirlo, ma il problema è che non ho nessuna idea di cosa farne. Non posso lasciarlo sempre così. È anche abbastanza inquietante, ogni mattina mi viene un infarto pensando sia un ladro, poi mi ricordo che è lui, allora mi rilasso.

Faccio un respiro profondo e mi piazzo di fronte. È ora di svegliarlo.
«Apri gli occhi» e quando lo dico, mi vorrei dare un ceffone da sola.
Lui li apre immediatamente e io deglutisco.
«Kate!» la sua voce profonda e maliziosa si fa subito sentire.

«James! Come stai?» indago.
«Sto sempre bene, i miei circuiti sono a posto.
E come sta, il tuo corpo umano?»
Lo osservo sconvolta.
«Il mio corpo umano sta...bene!»
James scoppia a ridere. «Sto scherzando. Sono un robot, ma posso sostenere una conversazione normale. Sì, sto benissimo, grazie.
Penso di aver dormito un po'. Mi hai spento, per caso?»
«Ehm, un pochino.. Forse!» e lui inclina la testa di lato guardandomi, confuso.
«Forse?»

«Okay, sì, James. Ti ho spento per nove giorni.» Sputo il rospo. «Ma tu mi avevi detto che non ti saresti accorto se io ti avrei spento» dico, come sorta di scusa.
Lui raddrizza la testa e abbassa lo sguardo verso le sue gambe.

«Infatti, normalmente, non me ne dovrei accorgere, ma solo se si tratta di pochi minuti.
Essendo stato così tanto tempo, credo di essere un po' paralizzato, non riesco a muovermi.
Potresti aiutami, per favore?»

«E cosa dovrei fare?»
«Mettiti di fianco a me, io appoggerò il braccio sopra le tue spalle e tenterò di muovere un passo» mi spiega, serio.
«Ehm, okay. Ma come mai sei bloccato?»
e mentre lo chiedo faccio esattamente come mi ha detto.

Lui circonda subito il braccio intorno al mio collo e io subito mi sento un po' a disagio.
Ricorda che è un robot.

«Forse non te l'ho spiegato, ma quando mi spegni, mi devi lasciare seduto,
altrimenti le mie gambe si bloccano.
Ma stai tranquilla, mi riprenderò presto.
Male che vada dovrai solo attaccarmi a una presa di corrente!»
«C-cosa?» spalanco la bocca e lui si gira verso di me.
«Ho una batteria all'interno del mio corpo.
Serve solo in caso di emergenza.
Normalmente si ricarica da sola quando mi muovo e faccio movimento, ma dato che sono rimasto spento, forse si è un po' scaricata.
Okay, adesso provo a camminare.»

Osservo il suo piede, ma nonostante ci stia provando non si muove neppure di un millimetro. Sbuffa, contrariato.
«Okay, passiamo al piano B, a questo punto.
Prendi il mio carica batterie!»

Quale?

«Ehm... Io non ho visto nessuno caricatore!»
Mi guarda e corruga leggermente la sua fronte perfetta e senza imperfezioni.
«Dovrebbe essere nella mia scatola, quella con cui sono arrivato!»
Oh, merda.

Mi metto una mano davanti alla bocca e lo guardo deglutendo.
«Ehm... Io ho buttato la scatola.
Mi dispiace, non ho... Non ci ho fatto caso!»
«Oh...» mormora. «Allora abbiamo un problema.»
«Dove posso comprarlo?»
«Non si può comprare. È specifico per me. Mi devi portare dal dottore.
Lui si trova all'interno della Robot Crew's, dove sono stato creato.
Si chiama Barton Evans, è il medico di tutti i robot.
Solo lui può creare un altro caricatore e risolvere il problema.»

Oh, no..
Lo devo portare in azienda?!

«Ehm, sì, lo conosco.. Io lavoro lì» confesso, imbarazzata.
«Davvero? Allora conosci Ashton Crew?»
«Sì, sono la sua assistente.»
Mi metto i capelli dietro l'orecchio.
«Come faccio a portarti in azienda se non riesci a camminare? Sei un po' pesante da prendere in braccio!»
Scoppia a ridere.
«Dato che conosci il signor Crew, chiamalo e spiegagli la situazione.
Manderà qualcuno a prendermi.»

Scusa, ma non ricordo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora