9. La proposta

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Kate:

Sono nel panico più completo, è arrivata l'ora di pranzo e quando stamattina ci siamo salutati, Ashton mi ha riferito di prenotare il ristorante per le due.
Peccato che mi abbia detto il nome e dopo due secondi l'avevo già dimenticato.
Quindi alla fine non ho potuto prenotarlo e adesso ho un'ansia addosso che peggiora ogni minuto di più.

Siamo già seduti nel taxi, diretti al famoso ristorante e io mi sto mangiando le unghie dall'agitazione.
Spero che abbiano comunque posti liberi.
Ma certo, Kate.
Perché non dovrebbero averne?
Andrà tutto bene!
Provo ad autoconvincermi e un po' funziona davvero, ma solo due secondi netti, finché Ashton non decide di mettere il dito nella piaga.

«Hai prenotato il ristorante, vero?»
La sua voce mi fa girare di scatto. Non credo si fidi di me al cento per cento, dopo la storia con il taxi.
«Ma certooo» allungo l'ultima vocale per essere più convincente, ma come sempre sono pessima nel dire le bugie.
Digli la verità!

«Ehm, in realtà...»
Sto per arrendermi, ma mi anticipa.
«Meno male, non avremmo trovato posti, altrimenti. A quest'ora c'è sempre il mondo.»
Spalanco gli occhi e mi esce una risatina isterica.
«Già, meno male, allora.»
«Cosa stavi dicendo tu?»
Scuoto la testa. «Io?» mi stringo nelle spalle, fingendo che tutto vada benissimo. «Niente. Non ho detto niente.»
Lui corruga la fronte e alza un sopracciglio, osservandomi preoccupato.
«Ti senti bene? Sei un po' pallida.»
Si avvicina e mi guarda attentamente con quei bellissimi occhi blu.
Arrossisco imbarazzata e inizio ad agitarmi. Improvvisamente mi viene un'ondata di calore in tutto il corpo.
La sua vicinanza mi crea una marea di sensazioni.

È così vicino che le nostre braccia e gambe si sfiorano a vicenda.
Guardo avanti a me per non farglielo notare e mi schiarisco la voce.
«Sto b-benissimo.»
Ma le mie mani iniziano a sudare e le muovo tra loro, schioccando le dita una ad una. Il suo profumo mi avvolge le narici. È buonissimo.

Ashton non commenta altro, ma subito dopo si sposta un pochino, lasciandomi lo spazio per tornare a respirare tranquilla.
L'autista parcheggia la macchina e usciamo insieme.
Ashton gli lascia i soldi e io nel mentre, guardo il famoso ristorante.

Oddio. Avrei dovuto immaginarlo. Non è di certo un McDonald's. Questo è un ristorante di lusso. E infatti, non mi stupisce il fatto che io non ne abbia mai sentito parlare.
Si trova nell'Upper East Side, il quartiere più ricco di Manhattan.
Leggo l'insegna appesa sopra la porta a vetri: Jackpot.
Solo il nome parla da solo.
C'è persino il tappeto rosso all'entrata, non è possibile...

Un ragazzo si trova fuori dall'ingresso, è vestito con un completo elegantissimo e in questo momento stanno entrando dentro altre persone.
Per ognuno fa un inchino in segno di saluto.
Sono tutti vestiti eleganti e in modo sofisticato. Le donne con abiti lunghi, gli uomini, giacca e cravatta.
Esattamente come il mio capo che porta un completo costosissimo che ha dovuto cambiare dopo il mio disastro al bar con il caffè. Adesso indossa una camicia di un blu elettrico e con quel fisico, gli dona che è una meraviglia.

È semplicemente perfetto, qualsiasi cosa indossi. Gli starebbe bene anche un sacco di immondizia, sarebbe comunque impeccabile.
Abbasso lo sguardo per controllare quello che invece indosso io e sospiro frustrata. Mi sento fuori luogo con uno stupido jeans nero attillato e una stupida camicetta bianca.
Appartengo ad un altro mondo e lo noterebbe chiunque.

Non appena mi raggiunge, camminiamo verso l'entrata e il ragazzo ci fa un inchino anche a noi, così non sapendo come rispondere, lo faccio anche io beccandomi un'occhiata stranita da quest'ultimo.
Ci raddrizziamo entrambi e io sorrido, ma non contenta, lo saluto con un cenno della mano.

Scusa, ma non ricordo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora