L'una e dieci.

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Esistere,
sentirsi parte di qualcosa di grande solo per poi
fingerlo,
essere parte di qualcosa che non ci fa sentire integrati solo diversi.
Ho trascorso la mia breve ed effimera esistenza a guardarmi indietro quasi come ad aver paura
di ciò che sono,
che sono stato.
Credo che le persone abbiamo prettamente bisogno
di qualcuno che le ascolti,
che sia lì per i problemi più stupidi di questo mondo
e per quelli grandi,
che sia lì ad assorbire mille stupide e squallide problematiche senza mai però chiedere all'interlocutore come sta.
Col tempo cambi e ho imparato che cambiare alle volte è un bene.
È un bene iniziare a delineare dei confini ben precisi ove non vuoi oltrepassare,
non di nuovo,
non ancora.
Ho imparato che diventare grandi non vuol dire spegnere e buttare via il bambino che ti ha accompagnato dentro ma prenderlo per mano e crescere assieme.
Ora sono diversi da quello di un tempo ed ora sono molto meno riflessivo perché riflettere non mi ha mai portato a nulla.
Le persone,
gran parte di esse,
non sono altro che un guscio privo di vita intento a svuotare gli altri
esattamente come fa una bottiglia con un bicchiere,
si svuota per riempire l'altro.
Sono stanco delle solite stupide paranoie e delle solite spiegazioni,
sono stanco di fermarmi a far finta di credere in voi,
di credere.
Non so come sono arrivato a tanto ma so che ci sono arrivato e per questo ringrazio gli eventi e la vita che m'ha messo difronte maschere più che persone,
esseri pronti ad usare gli altri al solo scopo di svuotarli un po' come Cell faceva con le sue vittime lasciando i vestiti in terra.
Corse sfrenato all'una e dieci di notte solo per salvare un amore che ora non ha voglia di salvare gli altri.
Le persone non sono pronte e mai lo saranno a fermarsi per ascoltare.

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