capitolo 1

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- Alza le chiappe dal letto e vieni a dare una mano -

Megan diede un'occhiata all'orologio. Le dieci di mattina. Passati quindici minuti da quando aveva ordinato alla sua unica figlia di scendere a sbrigare le ultime faccende, si sarebbe incazzato. Il termine incazzato era piuttosto forte parlando di Markus. Il padre di Megan era un signore dai modi gentili, si limitava a sbattere le cose, come per esempio la tazza di caffè, con fare un po' più aggressivo del solito. Megan riusciva quasi a vederlo mentre metteva giù la tazza con l'aria da "sto dicendo sul serio, signorina".

Megan ogni volta che doveva piangere non ci riusciva, non riusciva a far funzionare i condotti lacrimali. Le si gonfiava la gola, le si arrossivano le guance e stava da cani, eppure non usciva nemmeno una goccia. "Quella che non piange mai", "timore reverenziale" in privato. Non aveva mai raccontato a nessuno il vero motivo per cui non piangeva mai, preferiva lasciare la gente attribuire stupidi nomignoli alla sua innata indole stoica.
Si portò una mano agli occhi.
Megan: minuta e gracile, con un visino appuntito color caramello, sorriso luminoso, arti spigolosi con invece un padre alto quanto un pino maestoso.
Per non parlare dei suoi occhi, azzurri con imperfezioni gialle e verdi, con un bordo nero intorno all'iride ben marcato.
Sua madre Helena aveva gli occhi colori nocciola e suo padre Markus aveva gli occhi verdi come Alessandrite. Ma Megan no, Megan si era beccata un bel paio di enormi occhi azzurri, distanti tra loro e ombreggiati da lunghe ciglia ricurve, il dottor Mason non si era mai nemmeno preso la briga di darle una spiegazione a riguardo.

- Tesoro... -

Markus le diede un bacio sulla testa e le mise davanti una tazza di caffè. Aveva il viso ancora pallido dall'inverno, spruzzato di lentiggini come fango su un marciapiede di Portland. Megan adorava quel viso. Anche lei aveva preso le lentiggini da suo padre e ciò le piaceva molto.

- Grazie, papà -

Markus sapeva che la figlia non beveva molto spesso caffè, ma era distratto dal lavoro, poi quel mattino dalla tazza arrivava una fragranza deliziosa. Bevve un sorso per calmarsi. Mentre beveva qualcuno suonò al campanello e battè due colpi sulla porta, quando sollevò lo sguardo, si accorse dal vetro della porta d'entrata che c'era la forma di una persona che non conosceva.
Markus prese la mano della figlia e andò ad aprire la porta.

- Signor Markus Bishop lei è accusato dell'omicidio del Signor Ryan Smith. Ha il diritto di rimanere in silenzio, tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei in tribunale -

Morgan che era accanto a loro prese il mandato d'arresto che uno dei due poliziotti le passò. Guardò il padre che ormai aveva già le manette alle mani.

- Ti voglio bene piccolina mia, tua madre sarebbe molto fiera di te -

- andiamo -

Il panico prese il controllo in lei, faceva fatica a respirare e dentro di sé si sentiva la cassa toracica sempre più piccola. Afferrò il telefono e chiamò l'unica persona che le venne in mente in quel momento. Il telefono squillava. Lei era sempre più in panico. Megan salì al piano superiore della casa e corse in camera sua per andare alla finestra.

- Ciao Megan, come stai? -

- Sono appena andati via. L'hanno accusato d'omicidio -

Si passò il cellulare all'altro orecchio, sporgendosi verso la finestra.

- Arrivo subito -

La persona dall'altro campo del telefono chiuse la chiamata. Si distese sotto shock sul letto e rimase là finché non suonarono al campanello due volte. Appena aprì la porta si buttò tra le braccia dell'uomo dinanzi a lei. Un fiume di lacrime le rigava le guance. Vederla così faceva uno strano effetto, lei non piangeva mai e non mostrava volentieri le sue emozioni a nessuno. Le accarezzò dolcemente i capelli ed entrò dentro casa e chiuse la porta alle spalle.

- L'hanno portato via -

- Shhh... Sistemeremo tutto -

Seduta sul divano aspettava la tazza di tè che lui le stava preparato per farla calmare un po'. Un trillo lontano attirò la loro attenzione. Megan corse in camera sua a rispondere al cellulare.

- Pronto -

Farfugliò. Aveva piovuto leggermente quasi tutto il pomeriggio, ma ora il sole era comparso tra le nuvole e raggi di luce giallo filtravano dalla finestra. Megan si sfregò gli occhi e guardò il numero che l'aveva chiamata. Era Kelly Smith la sua migliore amica. Quando erano piccole si erano incontrate per caso e avevano scoperto che le loro madri si conoscevano per via di un salone di parrucchiere dove andavo entrambe a farsi i capelli. Un giorno la madre di Megan fu diagnosticato un tumore al cervello all'ultimo stadio. Le mancavano pochi mesi o giorni. Dipendeva da quanto sarebbe stato veloce il tumore o no. Li passò tutti a letto. Fino a quando un giorno non si addormentò e non si svegliò più, da là Megan e Kelly erano sempre l'una accanto all'altra in qualsiasi momento, così diventarono migliori amiche.

- Appena in tempo, apri la TV canale 52. ORA! -

Appena scesa giù fece come le aveva detto la sua amica, aprì la TV e mise il canale da lei detto.

- Perché apri la TV? -

Megan non rispose, era troppo concentrata su quello che le aveva detto di fare Kelly.

- Il signor Markus Bishop è appena stato arrestato per omicidio. La persona che è stata uccisa è un certo signore di nome Ryan Smi... -

Dopo averle preso il telecomando dalle mani e spento la TV lei lo guardò con sguardo sconvolto, non capendo il perché di questa sua azione.

- Ti fa solo che male ascoltare queste cose, sistemerò tutto, parlerò con tuo padre e con chi di dovere. Lui non andrà in prigione vedrai. -

Le diede un altro abbraccio e la riportò sul divano. Megan iniziò a mugugnare. Con il suo metro e sessanta d'altezza e l'ossatura minuta sembrava ancora una bambina. Nonostante i numerosi vantaggi, come per esempio entrare al cinema a prezzo ridotto, aveva sempre odiato la sua corporatura esile. Invece l'uomo davanti a lei riusciva a trovarla bellissima, con quegli occhi azzurri, così innocenti sotto folte sopracciglia biondo cenere e una spolverata di lentiggini sul bel nasino dritto, zigomi stupendi e labbra carnose. I capelli folti e castani. Il suo collo poi, le sue esili clavicole sotto la pelle luminosa e l'incavo che formavano incontrandosi. Megan, quasi diciottenne, una bellissima ragazza. Se lo sentiva dire da un sacco di persone ma non credeva molto a tutti, era impossibile che tutti dicessero la verità.

Guardò fuori dalla finestra. Buio. Non c'era altro che buio. Un movimento di Megan lo deconcentrò dalla finestra. Riportò lo sguardo su Megan che dormiva sul divano accanto a lui come un angelo sceso in terra. Guardò l'ora dell'orologio che portava al polso destro. L'una e tre quarti. Decise che ormai era ora di andare a dormire, si distese accanto a lei e si mise a dormire avvolgendola in un abbraccio così ché non si sentisse sola.

Il caso della famiglia Bishop - avvocato Chris Evans Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora