Mathar

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Guerriero.

Lungo la strada per Pribora, lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli e il grande carro con la varia roba stipata sopra, riempivano il silenzio

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Lungo la strada per Pribora, lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli e il grande carro con la varia roba stipata sopra, riempivano il silenzio. Simone si trovava in ascolto più del filo dei suoi pensieri che della natura stessa. Per la prima volta, procedere al trotto con Neve, non gli dava quella sensazione di libertà che aveva respirato svariate volte nelle zone di casa. Gli dava sicurezza sapere di averla vicino, ma lei non avrebbe dovuto dare ordini agli uomini, né avrebbe dovuto impugnare un'arma. Se solo si fosse trasformato in una nuvola, una stella... una banale goccia d'acqua, forse avrebbe capito quale sarebbe stata la sua fine e come affrontarla. Sarebbe stato pronto. Ma poi, ricordò: la sua fine non era possibile.

Gli elfi, non muoiono, si spengono lentamente dopo troppi, tanti anni e attendono la chiamata al loro Paradiso, si disse tra sé e sé.

Era un dono, quanto una maledizione.

Qual è il mio di paradiso?

Simone strinse gli occhi e abbassò lo sguardo, negò i suoi occhi al sole.

Da bambino alla definizione rispondeva il nome di una donna, ora... ora non sapeva quale sarebbe stata l'immagine che corrispondeva al suo Valinor, c'era un vuoto al suo posto.

L'esercito oltrepassò un ponte in pietra e superò anche qualche paesino popolato da umani nelle vicinanze, il che portò il principe a distrarsi per poco tempo per osservarne i visi, il via vai indaffarato nel loro lavoro, l'espressione stupita di quella stessa gente che dal basso di quella piccola comunità, osservava quella carovana di gente in divisa, soldati, cavalli, lungo la collina.

Che fosse un errore buttarlo in una situazione del genere, era un dato di fatto.

Simone si sentiva tanto sbagliato così come incapace a gestire tutto quello. E più si allontanava da casa, più ne sentiva il peso, la responsabilità, più si chiedeva come qualcun altro sarebbe stato unicamente fiero a quel compito o che ambisse a raggiungere quella destinazione per il suo percorso di vita. Era così tanto perso nei suoi pensieri, che la sua guardia al suo fianco dovette ripetere la sua domanda.

« Principe, volete riposare? » chiese Fëanor, la sua guardia protettiva alla sua destra. Fece fermare le truppe con un solo gesto della mano, leggero ma risoluto affinché la fila dei soldati capisse.

Simone era risultato assente e forse anche di questo, teneva conto del pensiero della sua personale scorta.

« No, continuiamo. Se... se loro non sono stanchi, è ovvio » pronunciò flebile Simone, cercando di darsi un tono ma fallendo.

Fëanor lo guardò, un piccolo sorriso sollevò le labbra sottili e gentili. Gli occhi di un verde-grigio acceso contrastavano con la sua divisa grigia e bordata. Erano vestite tutte così: una sopravveste più o meno lunga, di tessuto comodo era fermata in vita da un cinturone pesante, e scendeva su dei pantaloni bombati e fermati da stivali. Sul petto della veste, era riportato lo stemma di palazzo.

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