Fusione - Peth ah Lútho

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Parola e Incanto.




Respirava in modo regolare, i ricci sembravano simili a rami intrecciati e sparsi sull'unico cuscino - comprato per puro caso in uno dei mercati incontrati lungo la strada e le fermate delle truppe - e che gli aveva lasciato per poggiare la testa. Non gli era dispiaciuto affatto, nell'istante in cui lo aveva visto addormentarsi gli era sembrato più utile che a lui. 
E poi Simone aveva dormito il giusto, senza ansie. Vedeva come si alzava e abbassava il suo petto e come ancora neanche un filo di luce avesse osato toccare la trama della tenda. Sembrava che il giorno avesse capito, lasciando loro ancora qualche ora prima di svegliarsi. Era ancora troppo presto forse, ma Simone sperò che quel buio durasse più a lungo.
Con la sua mano piazzata sullo sterno di Manuel ricamava sulla sua pelle, non sapeva nemmeno lui che cosa esattamente. Gli piaceva guardarlo: lo rendeva tranquillo saperlo vicino.
Era come osservare qualcosa di nuovo e famigliare, era intenso e calmo, Manuel era diventato così tante cose contrastanti insieme in poco tempo e non riusciva a mettere in fila le più importanti, perché ognuna lo era.
Gli piaceva inoltre tracciare la sua pelle così, senza che dovesse colorarsi in viso, senza essere visto, di nascosto: lo rendeva vivo. Si spostò appena alzando le dita sul petto, vagando sulla linea dei pettorali, sul colore dei suoi capezzoli un po' discosto da quello della pelle, sulla cicatrice al collo... Gli piaceva come trasformava con poco la sua insicurezza in libertà.
Quello si mosse appena e l'elfo quasi saltò per lo spavento se non fosse stato per un sorriso sghembo e assonnato.

« Buongiorno a te. » mugugnò Manuel a bocca impastata.

Simone si allargò in un sorriso. Non era certo quella l'immagine che vedeva nella sua testa le volte in cui si era chiesto come sarebbe stato Manuel al risveglio.
Forse, era anche meglio di come se la era immaginata.
La luce si posava dapprima sul contorno dei sui capelli e poi poteva vederne gli occhi castani colore miele.

« Buongiorno soldato. È ancora presto...»

Le lunghe ciglia si stavano decidendo a fare aprire i suoi occhi. Se li stropicciava e incurvava la bocca.

E Simone continuò a guardarlo, Manuel lasciò vedere finalmente le sue iridi. L'elfo gli schiacciò il naso con l'indice e Manuel spostandosi su un fianco non riuscì a contenere un sorriso compiaciuto.

« Ho attirato la tua attenzione? »

Simone restrinse le labbra, poi le rilassò. Avrebbe voluto rispondere "sempre" ma pensò fosse ormai palese sottolineare l'ovvio.

« È difficile non guardarti. » ammise. « Non ho mai visto qualcuno così da vicino, » alzò due dita e scavalcò la spalla, sfiorò dapprima il mento, poi la guancia, delicato « né l'ho mai toccato. »

Né l'ho mai baciato.

Manuel allargò le braccia, ci nascose le mani sui quei fianchi bianchi.

« È strano. »

L'elfo aggrottò la fronte.

« Che cosa, Manuel? »

« Che nessuno ti abbia mai voluto così vicino. »

Si era promesso di lasciarlo dormire, ma fu così naturale per Simone unire le sue labbra alle sue. Irrazionale, istintivo e leggero. Non era la prima che lo faceva e non sarebbe stata nemmeno l'ultima, ma ogni singola volta gli sembrava una cosa inedita.

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