Nives: 6 anni
Maximilian: 10 anni- A un cuore in pezzi
Nessuno s'avvicini
Senza l'alto privilegio
Di aver sofferto
altrettanto. -Dopo le dolci parole di Jay, Nives se ne tornò in camera.
Tremante e impaurita.
Jay l'aveva tenuta con sé per tutta la mattinata, ed era stato gentile come al suo solito.
Lei lo apprezzava tanto e gli voleva un mondo di bene.
In stanza non vi trovò nessuna delle ragazze e così andò in bagno per sciacquarsi il viso.
L'acqua fredda le fece da calmante e fece respiri profondi, per riprendere fiato.
Perché Enea si era comportato in quel modo?
Infondo lei non gli aveva fatto nulla di male...
Un senso di colpa enorme, attanagliò il petto della piccola.
E se fosse stato il mio comportamento a farlo reagire così?
È colpa mia?
Mille domande bombardavano la sua mente stanca.
Ma si doveva preparare... Tra poco c'era il suo allenamento.
Sugli spalti, aveva detto.
Si guardò allo specchio e fece un lieve sorriso.
Ci rimarrà male se non vado.
Iniziò a prepararsi.
Si pettinò i lunghi capelli biondi e cercò di rendere meno stropicciata la divisa.
Era troppo buona per dire di no, troppo ingenua per capire le azioni dei ragazzi più grandi, troppo dolce per quel collegio così acido e inospitale.
Era pronta e si avviò verso il cortile.
L'orologio scoccò le quattro del pomeriggio e Nives si affrettò.
Scese nel giardino e raggiunse il campo.
Cercava quella sua chioma castana, ma non ce n'era traccia.
I suoi occhi verdi, ma di loro neanche l'ombra.
Non lo vedeva da nessuna parte.
Adocchiò il suo gruppo d'allenamento e timida, si avviò verso di loro.
"Scu-sate avete visto Enea?" Chiese tutta rossa in viso.
I ragazzini la guardarono un po' sconvolti ed uno di loro, parlò.
"Piccoletta, Enea è stato riempito di botte. - a quelle parole, Nives tremò - L'hanno pestato come l'uva, adesso è in infermeria. Era qui con noi qualche minuto fa e poi puf, scomparso nel nulla. Per poi ricomparire da dietro gli spalti conciato peggio di un cane preso a bastonate."
"Oh i-io, m-mi dispiace. G-grazie." Se ne andò di corsa, per andare in infermeria.
Trovò la finestra e saltò per raggiungerla.
Si aggrappò al davanzale e alzò, con fatica, il suo peso per sbirciare.
Spalancò le palpebre e cadde sul prato.
Si mise le manine davanti la bocca, sconvolta.
Era messo male.
Era steso sul lettino con qualche filo attaccato al braccio, l'occhio destro tutto nero, il corpo pieno di lividi e i vestiti strappati.
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Lui la chiamava Bottondoro...
RomanceDue bambini. Un collegio. E le tenebre che giacciono in ogni angolo di quel posto infernale. Non si può andare via prima dei 21 anni, si è bloccati lì, solo perché a casa non si è ben voluti. Le vacanze di natale, si passano lì. L'estate, anche. Un...