Un boccale di sangue

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Nives: 11 anni
Maximilian: 15 anni

- Ti sentirò da lontano, oltre i confini dello scoccare dei minuti e il numero di passi che ci separano perché la voce bianca tua, seppur un sussurro, attira le orecchie mie come il canto delle crudeli sirene. -

Tra le pareti riecheggiarono i singhiozzi tonanti di un ragazzo che, in quel momento, si sentì tornare bambino. Quel bambino che si rintanava nell'angolo della sua camera in cerca di un posto sicuro con i capelli del colore del diavolo a coprirgli le guance macchiate di peccati e il suo libro dalla copertina blu stretto al petto, dove dentro vi giaceva un cuore rotto.

Si sentiva così indifeso e vulnerabile, era esposto alle cattiverie del mondo.

Il naso colò fastidiosamente e le lacrime gli andarono fino al mento, percorrendo sentieri sconnessi come lo erano le sue emozioni. L'aria mancò a lungo nei suoi polmoni, non si sforzò neanche a respirare. La sensazione che gli gravava addosso era la più pesante che avesse mai provato in vita sua perché stavolta non c'era solo lui a dover subire ma anche lei.

Lei che era molto più fragile, piccola e dagli occhi di vetro blu. Era delicata con le parole, nel dosare la voce, nelle carezze da dare. Non avrebbe permesso a nessuno di romperla, a costo di rimetterci lui stesso.

Eppure, sembrò impossibile alzarsi. Sentiva le gambe rigide, la schiena come un tronco d'albero, i tagli sulle braccia iniziare a prudere e la nuca... faceva male manco fosse una ferita aperta e sanguinante.

Doveva raggiungerla, non sapeva dove l'avevano portata ma doveva andare a proteggerla. Singhiozzò il suo nome in una supplica sbiascicata e morta nell'aria, le labbra spaccate tremarono con la stessa violenza che lo stava scuotendo da dentro.

La sua stanza parve diventare angusta e inospitale, fredda come gli abbraccia che di rado gli riservavano a casa. Lui voleva il freddo dei biondi capelli di Nives e pettinarglieli davanti ad una finestra, si spinse contro il muro. Voleva fondercisi, diventarne parte... sparire per un misero attimo e non sentire tutto quel dolore.

La porta della sua stanza si spalancò e lui non trattenne il sussulto che lo scosse da capo a piedi, rimase col capo chino verso terra, incapace di guardare il nuovo arrivato negli occhi.

Voleva urlare di smetterla, di farla finita. Pochi minuti prima ci aveva già pensato il professore di educazione fisica a dargliele di santa ragione. Era a pezzi con la stanchezza a impregnargli pure le ossa. Col palmo andò ad asciugare un rivolo di sangue colatogli dalla bocca, lo fece con una naturalezza sfinita da far spavento. Era abituato a raccogliere il suo stesso sangue e a ripulirsi senza emettere un fiato.

Davanti a lui, seppur la camera era al buio, si stagliò un ombra. Capì che non poteva essere un adulto perché era mingherlina ma seppe anche che non poteva essere la sua Nives, i tratti dell'ombra che si riflettevano sul suo corpo ricurvo non potevano essere paragonati a lei.

Decise di sollevare la testa con un gesto lento e faticoso. In piedi davanti a lui c'era Rhys, l'unico compagnetto con cui condivideva la camera senza finire a prenderlo a botte. Aveva il fiatone e il piccolo petto che s'abbassava e s'alzava a ritmo irregolare, aveva corso. Maximilian non si accorse del cipiglio che gli si formò in viso, ci pensò l'altro a destarlo dal suo stesso meccanismo di difesa.

"Max..." Soffiò, sconvolto. Tremava, notò dopo averlo guardato meglio. E aveva l'aria di uno che aveva appena visto un fantasma aggirarsi tra i corridoi del Collister. Si stava spazientendo, aveva bisogno di stare da solo e questa pulce lo disturbava. Ringhiò come una bestia ferita e morente, pretendendo spiegazione per quell'interruzione. Il bambino subito provò a spiegarsi con voce spezzata.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 05 ⏰

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