CAPITOLO 18
Taehyung
La notizia della mia partenza mi arrivò tra capo e collo; con tutte le cose che erano accadute, avevo completamente dimenticato il viaggio d'affari programmato per il lunedì successivo. Mi era tornato alla mente solo la mattina prima, di venerdì, quando la mia assistente mi aveva elencato tutti gli impegni e io l'avevo guardata come se scendessi dalle nuvole. Sarei stato via dieci giorni in un paese che si trovava a quattro ore aereo di distanza e non ero pronto psicologicamente.
Erano trascorse due settimane da quando le acque si erano calmate sia sotto l'aspetto sentimentale che familiare. Io e mio padre non avevamo più litigato e, anche se facevamo fatica a parlare di altro che non fosse lavoro e trovare un punto di incontro, ci stavamo provando. Anche lui, non potevo dire altrimenti. Si stava comportando in modo esemplare, come mai aveva fatto, e spesso mi ero ritrovato a pensare che a dare un cambio di rotta in quel rapporto era stata la nostra ultima discussione. A me faceva ancora male e spesso ci pensavo, anche se le cose stavano migliorando. Avevo ripreso ad andare a casa dei miei a trovarli e anche se l'aria era strana, era evidente che c'era un rapporto padre-figlio in ripresa. Mia madre non aveva fatto molto, se non sorridere e dire che era contenta che finalmente avessimo messo da parte i nostri dissapori. Quando le avevo fatto presente che non era stata solo una scelta mia, ma che qualcuno mi ci aveva spinto, nella giusta direzione, mi aveva chiesto di conoscere questa persona, che addirittura era riuscita a convincermi a fare qualcosa. A me, che non ascoltavo mai nessuno e che pensavo che il mondo mi detestasse. Testuali parole. Mi ero fatto una risata e avevo guardato di sottecchi mio padre, che aveva ribattuto con un «Io lo conosco». Mi aveva restituito lo sguardo per vedere la mia reazione, ma io avevo solo mantenuto il sorriso e non gli avevo dato nessuna conferma.
Ormai sapevo che lui era a conoscenza di me e Jungkook ma non volevo parlarne troppo. A parte il fatto che ero geloso da morire della nostra relazione, non volevo mettere lui sotto la lente di ingrandimento. Mio padre non aveva problemi a quanto pare, ma l'azienda e il club avevano occhi e orecchie e, siccome avevo fatto il coglione già troppe volte esponendoci, non volevo peggiorare la situazione. Jungkook lavorava lì da tre anni senza problemi e non volevo che cambiasse qualcosa solo perché qualcuno avrebbe di sicuro cercato di renderci pubblici e dire che lui era un privilegiato. Non era così. Kook lavorava onestamente ed era l'unica persona che conoscevo a detestare l'aiuto da parte di qualcuno. L'avevo notato più volte, sotto vari aspetti. Inoltre, più che per lui, lavorava per la sua famiglia e per tutte le cose a cui doveva provvedere. Se avesse avuto qualche problema a causa mia, non me lo sarei mai perdonato.
Grazie a lui ero cresciuto, grazie a lui avevo capito il valore di avere qualcuno accanto che ti amava e che amavi senza se e senza ma, anche se a volte era difficile. Io e Jungkook ci scontravamo spesso, era stato così dall'inizio, ma ora sapevo come muovermi e, soprattutto, sapevo che qualsiasi cosa fosse accaduta, io gli sarei rimasto accanto in tutti i modi, avrei fatto qualsiasi cosa per lui, anche se non condividevo qualche sua scelta o lui non condivideva qualcuna mia.
Ad esempio, non avevo condiviso la sua audacia nel non aspettare mie indicazioni per quanto atteneva al lavoro alla Fondazione e andare in prima persona a fare tutto: solo dopo aver risolto e aver sottoscritto il contratto mi aveva detto che avrebbe preso a lavorare quello stesso weekend.
Mi ero imbronciato come un ragazzino di tre anni, ma con un sorriso a trentadue denti, un bacio e uno sguardo sognante, mi aveva fatto capitolare. k.o. Mi aveva ricordato che quello era il suo sogno e avrebbe lavorato un passo alla volta per realizzarlo e chi ero io per non stramazzare al suolo davanti a quelle parole? Ormai sapeva come tenermi buono.
Come in quel momento, che, seduto ad un tavolo nel cortile della fondazione a parlare con Jay, lo guardavo interagire con i ragazzi e mi chiedevo se avessi mai visto una persona più portata di lui per quel lavoro. Aveva sul volto quel suo sorriso ampio e arricciava il naso ogni volta che rideva per qualcosa di divertente che avevano detto. Non si stancava mai e rispondeva a qualsiasi domanda, giocava con tutti e insegnava le cose più difficili ai più grandi senza farle sembrare insormontabili. A differenza mia, però, non gli dava il permesso di fare tutto: sapeva impostare dei limiti e, inaspettatamente, lo ascoltavano. Mi ricordava molto l'educazione data a Somi, anche lei lì, che disegnava vicino a Suha più contenta che mai.
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First class || Taekook
FanfictionTaehyung è quello che tutti definiscono "first class", una prima classe: arrogante, presuntuoso, impertinente e carismatico, figlio di uno dei più grandi imprenditori del Paese. Due sono le sue fisse: il lavoro e le feste. Jungkook è l'opposto di un...