Capitolo 2

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«Non toccare.»

Era già la quarta volta che Mitsuya me lo diceva. Aveva una piccola scatola con trecento aghi di diversa grandezza e, conoscendomi, era certo che avrei combinato casini. Era da circa due ore che stava lì a dare forma alle sue idee; gli piaceva così tanto cucire che si dimenticava anche della mia esistenza.

«Non capisco, perché questo ago è più grande di quest'altro? Servono entrambi per cucire, no?» gli domandai, alternando lo sguardo tra i due piccoli oggetti.

«Mi ascolti quando parlo? Ti ho detto di non toccare.» mi disse ancora una volta.

«Non ti importa veramente che mi possa fare male, ti da solamente fastidio che le persone tocchino le tue cose.» gli risposi, dicendo la verità.

«Infatti non ho mai detto che mi stavo preoccupando per la tua salute.»

La mia mandibola quasi cadde. Mi rispondeva sempre in questo modo quando era impegnato con la sua passione e a me infastidiva parecchio. Sbuffai e decisi di allontanarmi per farmi gli affari miei, quindi sedendomi sul divano a guardare la televisione fin quando non avrebbe finito il suo lavoro. Ma quando stetti per posare i due aghi che avevo in mano, lo feci con così tanta violenza che uno di loro mi trafisse il dito. Portai la mano davanti la bocca per trattenere ogni sorta di suono emesso dalle mie corde vocali e cercai di far finta di nulla, anche se il dolore si sentiva. Non credevo che un piccolo ago potesse fare così tanto male.

Appena lo posai nella scatola, lentamente, vidi Mitsuya guardare nella mia direzione senza dire nulla. Ma era palese che avesse capito cosa fosse successo ed ero certa che avrebbe detto qualcosa.

«No, non dirlo.»

«Te l'avevo detto.» mi disse invece, ignorando le mie parole.

«Ben ti sta.» aggiunse.

Mormorai un 'si certo' prima di voltarmi e andarmi a sedere. Non avevo niente da fare però e mi stavo annoiando davvero tanto. Dovevo trovare un modo per far allontanare Mitsuya da quella stoffa, perciò afferrai il foglio di carta posto sul tavolo, che lui aveva utilizzato per scrivere alcune misure, e lo feci in mille pezzi, creando delle piccole palline.
E gliele tirai una ad una, a volte centrando la sua testa, altre finirono sulla scrivania e altre a terra. Continuai a tirarle all'infinito e solo dopo cinque minuti abbondanti lui si voltò all'improvviso.

«Immagina passare il tempo a fare quelle cose che stare con me.» gli dissi.

«Immagina disturbare un amico per il solo piacere di farlo.» dibatté.

𝐉𝐔𝐒𝐓 𝐀 𝐋𝐎𝐎𝐊 || Takashi Mitsuya Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora