c a p i t o l o 7 - Più giustizieri come te

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È più facile così.
È più facile indossare maschere.
È più facile abbandonare il cuore.

Zaynhugs

Conrad preme la macchinetta dei tatuaggi sul polso dell'uomo di appena cinquant'anni. Il colore rosato con cui ha deciso di rifinire il nome di sua moglie morta prematuramente, sta strabordando un po' agli angoli e così è costretto a recuperare un fazzoletto di carta e passarcelo sopra.

È da quando è entrato nello studio che il signore non finisce di parlare della sua consorte, di quanto la ami e di quanto gli abbia spezzato il cuore la perdita improvvisa.
Leucemia fulminante, gli aveva detto.
E Conrad era trasalito a quel particolare, lui che con le malattie e gli ospedali non c'è mai andato d'accordo.
Gli mettono i brividi.

Così, una smorfia si era dipinta sul suo viso e l'uomo l'aveva presa come una risposta e un modo per continuare a parlare.

Ma il tatuatore di chiacchiere quella mattina non vuol sentirne alcuna, un po' perché ha mal di stomaco e un po' perché gli girano le palle e la freddezza si è appropriata di ogni tendine.

Dunque lo lascia sfogare, intanto che finisce di ripassare l'ultima lettera del nome.

Una volta concluso, si alza dallo sgabello e gli sorride a mezza bocca, invitandolo a raggiungere Skyler per poter saldare il conto.
L'uomo gli stringe la mano e annuisce, ringraziandolo.

Nel frangente in cui esce dalla stanza, a Conrad viene voglia di fumarsi una sigaretta, pure se non potrebbe. E questo pensiero gli fa tornare a mente Rikki Suarez e il pomeriggio in cui è venuta a ringraziarlo per averla difesa da Ebert Patel. Non l'aveva trattata benissimo, e continuava a non dispiacergli affatto - difatti non capisce perché le stia ancora attaccata alla memoria del cervello, però lui aveva smesso di essere così.

Quindi, che cosa è successo?

Evita di incasinarsi ancora di più togliendosi i guanti e gettandoli nel cestino; infine prende dello scottex e del disinfettante e lo fa strisciare sulla sedia dove fino a pochi istanti fa era seduto il cliente.

Gesti meccanici per far tornare la mente a tacere.

Poi qualcuno bussa alla porta e lui dà il consenso per entrare.

Skyler si presenta in dei pantaloni neri di pelle e una camicetta bianca accollata, con la parte finale infilata dentro. Tiene i capelli sciolti e boccolosi, gli occhi truccati leggermente e le labbra fresche di semplice lucidalabbra.

Dolce come sempre, gli ricorda dell'appuntamento delle dieci e trentasette e: «Mi ha telefonato lo zio Newman». Confessa poi a bruciapelo, come se si fosse appena staccata via un cerotto.

Conrad eleva le sopracciglia, «Che vuole?».

«Mi ha chiesto se possiamo raggiungerlo stasera verso le 20PM alla Prison per parlare di quanto avvenuto all'Arcadial. Sostiene che Patel vuole denunciarti», riferisce la bionda.

Il giovane si gratta un'orecchio, schioccando la lingua sul palato. «Stasera devo badare ad Anemone. La nonna cena fuori con le amiche e poi vanno al cinema»

«Scusami, non me lo ricordavo», mormora lei. «Ma, e se la portassimo con noi?» riflette velocemente.

«Si potrebbe fare»

Skyler si apre in un sorriso smagliante, successivamente torna dietro alla scrivania, mentre lui, dato che per un'ora non ci sarà nessuno, apre la finestra, accende una sigaretta e si accomoda sulla seduta sotto di essa con dei fogli bianchi e una matita tra le mani.

La campagna pubblicitaria pensata da Bohijen non gli viene fuori neanche a pregare tutti i santi del Paradiso. Neanche se reciti il rosario al contrario. Ma di deludere il suo migliore amico non ne ha intenzione, per cui si scervella fino a far esaurire i neuroni. Solo che il problema lui lo sa qual è: l'amore.

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