Plan B

12 4 0
                                    

È bello parlare con lui, sembra capirmi, siamo proprio sulla stessa lunghezza d'onda. In un attimo ci ritroviamo al tavolo di un locale modesto, non troppo grande, con pareti di legno chiaro decorate da stampe di vecchie foto e slogan.

Inspiro a fondo. Amo alla follia l'odore del legno, mi ricorda la natura, la libertà.

"Se il piano A 'amore' non funziona, c'è sempre il piano B 'birra'" leggo scritto sul bancone a caratteri cubitali e trattengo una risata. Mi piace qui. Si respira aria di casa.

Guardo il ragazzo seduto davanti a me. Il capelli biondi che sfiorano le spalle, ormai praticamente sciolti nonostante il tentativo di raccoglierli, gli occhi castani, di un marrone profondo, come il cioccolato fondente. Sulla mascella squadrata si intravede un accenno di barba. Lo fa sembrare più vecchio. Mi rendo conto di non sapere praticamente nulla della persona che mi sta seduta di fronte così mi lascio trascinare dalla curiosità.

'Allora, Andrea, che cosa ti porta a Milano?' 'Cosa ti fa dire che non sono di qui?' mi chiede di rimando alzando un angolo della bocca 'non saprei, è strano però che un ragazzo come te non conosca posti per uscire, a meno che non sia nuovo della zona' cerco di non arrossire ma vedo il suo sorrisetto e capisco di aver fallito. Si sistema sulla sedia e appoggia i gomiti sul tavolo per avvicinarsi a me 'se con ragazzo come me intendi un povero studente di lettere che non ha vita sociale, allora sì, hai fatto centro' dice sorridendo, come per prendersi gioco di me.

Non so perché ma faccio fatica a crederci. Lo squadro una seconda volta. 

Sarà che conosco pochi compagni di corso, ma se l'avessi visto, anche solo di sfuggita, me ne sarei ricordata. Non è uno che passa esattamente inosservato. Per non parlare del tatuaggio. Non ho visto la figura intera e non posso quindi dire cosa rappresenti, ma sono piuttosto convinta che non si addica molto ad un topo da biblioteca. Mi ritorna in mente l'immagine del suo addome scolpito. Sicuro deve praticare uno sport, per avere quel fisico. 

Sono convinta che non me la stia raccontando giusta, alzo le spalle, poco male, vorrà dire che dovrò scoprirlo da sola. 

'Se lo dici tu' dico sorridendo. 'Cosa porta te a Milano?' Mi sento chiedere. 

Eccolo, il problema della mia vita. La curiosità ha sempre un prezzo e nel mio caso si traduce nella prima di una serie di mezze verità. Anche perchè raccontare la mia vera storia è un favoloso deterrente per le relazioni, se anche solo potessi raccontarla.

Come mai la mia famiglia è separata, come mai mia madre rischia di perdere il mio fratellino prima ancora che nasca, come mai io devo girare con almeno due guardie del corpo. Sapere è potere, certo, ma a volte è un grosso problema, e nessuno vuole avere problemi a di questo tipo.
A furia di nascondere la verità, il pensiero della realtà dei fatti risulta piuttosto estraneo. Se solo mio padre avesse fatto il postino, o il maestro, o il cameriere, ora sarei a casa, a Casandrino, a mangiare una sfogliatella appena sfornata. Potrei sentire mio fratello scalciare, come se fosse pronto già ora a prendere a calci il mondo.
Invece no. Mio padre è un sindaco. Lo era. Lo è sempre stato. Era una condizione quasi interna al suo essere, non poteva essere diversamente. Una persona di animo buono e giusto, una figura che non poteva tollerare le ingiustizie, lo sfruttamento e la corruzione, sotto nessuna forma. Non sarebbe potuto succedere altrimenti: quando il mare, abituato a dilagare ovunque senza difficoltà, incontra un muro fa di tutto per abbatterlo.

Tutto questo perché mio padre ha deciso di dire 'no'. Perché ha combattuto per i propri ideali, per ciò che è giusto. E l'ha fatto a viso scoperto, nonostante le conseguenze.

Sento una mano toccarmi il braccio. 'Tutto ok? Non devi rispondere per forza se non ti va'. Ritorno con la mente al locale e al ragazzo che mi sta guardando con aria preoccupata. 'Scusami, sono solo stanca' dico con poca convinzione, non ci ho creduto io, figurati se se la beve. Ma poco importa 'Io sono qui perché l'università di lettere è ottima e poi, onestamente, ho pensato fosse arrivato il momento di diventare un minimo indipendente dai miei genitori. Quindi sono scappata nella metropoli dalle mille opportunità' concludo sorridendo. 'Come darti torto, anche se sono di qui ho voluto prendere un appartamento mio per non dover fare i conti con la mia famiglia' voleva essere un commento simpatico il suo, ma il sorriso del ragazzo non ha raggiunto gli occhi. Come se la situazione fosse veramente insostenibile. 

'Non vai d'accordo con tuo fratello?' 'Normali litigi in famiglia, nulla di che' cerca di sdrammatizzare, e subito cambia discorso 'ma parliamo di cose più felici, ho sentito che per Halloween organizzano una festa per gli universitari' mi trattengo dal sospirare, so benissimo che danno questa festa stratosferica, ma so anche che sono ammessi solo universitari, ergo le mie guardie del corpo avrebbero problemi a entrare. 'Sì ho sentito, sarebbe carina, ma i parziali sono praticamente il giorno dopo'. Non è una scusa, ho veramente tre parziali subito dopo, ma l'università non sarebbe un motivo sufficiente per balzare un evento.  

'Peccato, ci sarei andato se avessi saputo di trovare almeno una faccia amica' borbotta alzando le spalle. 

Nel frattempo arriva la cameriera per ricevere gli ordini. Una ragazza con grandi occhi marroni della stessa tonalità della sua carnagione. 'Salve, cosa vi porto?' chiede con una voce squillante e un ampio sorriso. Leggo il nome sulla targhetta 'Joy'. Le si addice. Andrea mi guarda e mi fa cenno di ordinare per entrambi. 'Due aperitivi, uno con Aperol Spritz e l'altro con un Long Island se l'avete. Grazie' Vedo la penna scorrere veloce sul block notes poi fermarsi. Il viso di Joy fa capolino dalla sua chioma riccia quando alza la testa di scatto. 'Pefetto, arrivano subito' ci informa prima di andarsene. 

Vorrei sapere di più di questo ragazzo. Sono sul punto di ricominciare a parlare quando la sua espressione cambia, sembra quasi triste, poi diventa interrogativa. Sento una mano che si appoggiava sulla mia spalla e ancora prima di girarmi so di essere in un mare di guai.


Prendi uno paghi treDove le storie prendono vita. Scoprilo ora