Shot

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Mi guardo allo specchio.
Non sono mai stata nulla di speciale: nè bella nè brutta. Nella media.
I ragazzi non si giravano quando passavo per i corridoi della scuola, ma non ridevano nemmeno.
Non credo mi notassero a dire il vero.
E ne sono sempre stata più che contenta.

La ragazza di fronte a me non è nulla di speciale.
Mi soffermo sul viso, l'incarnato leggermente più scuro, i capelli neri e gli occhi nocciola.
Giù, a casa, mi dicevano sempre che ero tutta mia madre.

Un sorriso senza gioia mi increspa le labbra. Da quanto non ti vedo? Giorni, settimane, mesi e chissà quando ti rivedrò.
Credo saresti orgogliosa di vedermi oggi, in questo magnifico vestito che sa di cielo stellato e di mare.

Chissà come si sta con il pancione, ormai manca circa un mese, devi essere stanca e impaziente ora come ora.
Non vedo l'ora di riabbracciare entrambi, te e il bambino. E non appena si conclude il processo potrò farlo.
Salto quasi sul posto, voglio tornare a vivere e so che oggi potrebbero essere le prove generali del mio grande ritorno.

"Esci Elisa oppure arriveremo in ritardo" avvisa Nico rimanendo prudentemente in corridoio
"Arrivo subito"

Decido di mettermi al collo la perla che i miei genitori mi regalarono per i miei 18 anni, per tenerli vicino al cuore, faccio un respiro profondo e raggiungo Max e Nico che nel frattempo mi stavano aspettando in cucina.

Vedo i loro volti: sono accesi da una luce diversa, sembra lo sguardo di mio padre ogni volta che dovevo uscire.
Un misto di amore e preoccupazione.
"Sono pronta, andiamo".

L'aria della sera è piacevole sulla pelle. Il vestito copre le spalle e cade morbido sugli avambracci, facendomi il solletico.
Come se ci fosse bisogno di farmi ridere: ormai non provo più nemmeno a mascherare la mia gioia, tanto che le guance iniziano a farmi male.
Abbiamo deciso di andarci a piedi, più tempo riesco a stare all'aria aperta meglio è.
Ringrazio il cielo che non ho scarpe con il tacco, altrimenti la mia vanità mi avrebbe imposto di metterle e avrei sofferto le pene dell'inferno. Mentre guardo i miei semplici sandali di pelle, mi sento decisamente fortunata.

"Mi sembrava di averti detto di prendere anche delle scarpe eleganti" sento Nico sussurrare a Max
"Lo so, scusami, è solo che c'era questo tizio insistente e strambo, mi ha dato il suo biglietto da visita e aveva una strana camicia di seta e io sono andato in panico e sono scappato" dice tutto d'un fiato, come fosse un peccato che teneva dentro da tempo. Potrei giurare che Nico abbia serrato la mascella per non dire qualcosa di sconveniente.
Se non ha intenzione di dire nulla parlerò io.

"Tranquillo, sono più che grata a questo ragazzo, mi ha risparmiato una serata di torture fisiche assicurata. Dimmi di più del mio salvatore. Come si chiama?" abbandona l'espressione da cane bastonato e con fin troppo entusiasmo risponde
"Gabriele".

So che la sua gioia deriva dal fatto di non essere nei guai e devo costringermi a trattenere una risata alla vista dell'espressione di Nico. Un misto di gelosia e irritazione.

Aumenta il passo e mi ritrovo quasi a correre. Ad ampie falcate arriviamo al parco e iniziamo a vedere la piazzetta in lontananza riempirsi di ragazzi e ragazze.
Pura adrenalina è ciò che mi scorre nelle vene mentre mi dò una sistemata ai capelli arruffati per la corsa.
È tanto che non partecipo a una festa, non sembra come a casa però. Questi volti non mi dicono nulla.
Almeno per ora.

Mi giro verso Nico e Max e vedo che stanno discutendo sotto voce. Gabriele non gli è proprio andato giù eh, magari, chissà, questa sarà la volta buona che quei due si mettono insieme. Speriamo.
Li avviso con un cenno che vado a prendermi una birra e mi avvio verso il tavolo al centro, come una sorta di bancone, sperando di trovare qualcosa di decisamente più forte. Mentre mi faccio strada tra la folla a un ragazzo cade il cellulare, mi chino per raccoglierlo e, quando mi rialzo, incontro uno sguardo che ben conosco.

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