CAPITOLO II

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SIENA E L'OSTERIA DELLA STELLA LONTANA

Il fatidico sabato mattina arrivò, Ginevra e Vittorio erano pronti, avevano fatto preparare le loro sacche e i loro cavalli. Sfortunatamente dovettero svegliarsi presto, ancora addormentati, Leonardo e Michela barcollarono fino alla camera degli ospiti della casa dei genitori di Vittorio. Paolo che era sempre sveglio zampettò dietro ai suoi padroni, poi si addormentò in camera.
Ginevra e Vittorio salirono a cavallo e raggiunsero Enrico e Filippo a ponte vecchio «Pronti?» chiese quest'ultimo «Certo» rispose Vittorio sorridendo «Direzione Siena» disse Enrico.
I ragazzi si misero in viaggio.


Quando finalmente il sole apparve luminoso in cielo l'aria era tiepida, la campagna toscana assomigliava a uno dipinto o qualcosa del genere: immensi campi di varie tonalità di verde apparivano davanti ai loro occhi, profumi di fiori e quant'altro della natura era immerso nell'aria.
Per le strade ogni tanto passava qualche contadino, o qualche viandante a cavallo o a piedi. Intravidero qualche fortezza da lontano «Quella fortezza è di Monteriggioni» spiegò Enrico indicando quella che doveva essere una fortezza.


Dopo un altro lunghissimo percorso, davanti a loro videro qualcosa, porta Camollia
«Eccoci arrivati» annunciò Filippo felice. I ragazzi sorrisero.
La città era piccola e le vie abbastanza larghe, finalmente arrivarono di fronte ad un palazzetto non molto grande, i quattro scesero e legarono i cavalli. Entrati dentro Filippo e Enrico mostrarono la casa ai due, poi fecero mettere le cose dei due giovani in una stanza che di solito non veniva mai usata.
Poco dopo le campane suonarono
«Che ne dite di andare a sgranocchiare qualcosa?» Chiese deciso Filippo
«Si, ci sto» disse Ginevra
«Mi raccomando, a me va bene mangiare pure la terra» sentenziò Vittorio «So io dove andare» disse Enrico battendosi una mano sul petto felice.

Il gruppetto uscì e si incamminò verso Piazza del Campo, e passarono vicino a un'osteria «Qui si mangia bene» disse Enrico indicando l'insegna, quel posto si chiamava
"L'Osteria Della Stella Lontana"

«Entriamo dai» disse Ginevra, i quattro entrarono e un odore di birra e vino invase le loro narici: il locale era molto grande, sui tavoli c'era qualche cesto con qualche frutto, uno scoppiettante camino era sistemato in un angolo, rendendo il luogo caldo e accogliente. In fondo al salone c'erano delle scale che portavano al piano di sopra. Alla loro sinistra c'era il bancone con il cibo e le botti di birra e vino


Scelsero di sedersi al tavolo vuoto al centro della stanza «Che bello questo posto» disse Ginevra guardandosi intorno «Salve Enrico, oh ma quanto tempo Filippo» i quattro si voltarono, una donna alta con i capelli neri, lunghi, ribelli e ricci venne verso di loro «Beatrice! Quanto tempo» disse quest'ultimo è la salutò «Vedo che non siete soli. Che vi porto?» chiese pulendosi le mani con un panno
«Allora, facciamo due birre chiare e due bicchieri di vino» disse Filippo squadrando gli altri «E poi se hai dello stufato va bene»
La ragazza annuì «Perfetto, arrivo subito» disse e poi scomparve. Poco dopo tornò con le birre e dopo un altro poco portò delle ciotole di legno con dello stufato, fatto di verdure, pollo e formaggio «Grazie» disse Enrico. Beatrice se ne andò e tornò a pulire il bancone.

I ragazzi mangiarono e bevvero con gusto il cibo «Ottima scelta. Mangerei queste cose tutti i giorni» disse Ginevra affamata rivolta ai cugini «Già. Almeno qui non si spreca nulla» disse Vittorio ridendo. Beatrice passava ogni tanto a pulire i tavoli con dell'acqua e a passare lo straccio.

Dopo aver quasi finito di mangiare, qualcuno scese le scale «Bea, dove sono finiti quei due?» chiese un uomo con la barba «E io che ne so Rodolfo. Per andare a pigliare la birra e il vino ci vuole un anno intero. Si saranno messi a chiacchierare. Lo sai com'è fatto mio cugino! Appena vede qualcuno si mette a chiacchera' fino a sera» disse lei sbuffando.

Poco dopo la porta si aprì «Eccoci» disse un uomo con i capelli ricci entrando con una botte in mano «Regolo! Alla buon ora!» disse lei poggiando lo straccio «Lo so, è che Pietro poi...» disse lui ma non finì la frase perché due persone gli vennero addosso, facendo cadere le botti «Ma siete cretini!» urlò lei. Per fortuna nulla si era rotto.

Vittorio, Ginevra e i suoi cugini si voltarono spaventati dal rumore. Beatrice e Rodolfo aiutarono i tre ad alzarsi, i primi due li aiutarono «Grazie ragazzi» disse Regolo.
Gli ultimi due a rimettersi in piedi furono un uomo dai capelli chiari (Pietro) e uno dai capelli color ebano «Grazie mille» disse alzando lo sguardo verso i due giovani
«Di nulla» disse Ginevra stringendogli la mano «Alessio, stai bene?» chiese una donna dai capelli castani scendendo le scale «Si, sta bene, io e Vittorio lo abbiamo rimesso in piedi» disse Ginevra rivolgendosi a lei. Due ragazzini si avvicinarono alla donna «Stai bene babbo?» chiese il bambino.


L'uomo annuì «Certo che per essere un Solimberghi non riesci neanche a portare una botte di vino. Accidenti Alessio» disse Beatrice incrociando le braccia rivolgendosi ad Alessio

«Veramente riusciamo a portare anche di più» disse Vittorio facendosi avanti.


A sentire quei due nomi la scena si arrestò, era come se il tempo si fosse fermato, lo sguardo dell'uomo e del ragazzo si incatenò, i due si fissarono per alcuni minuti, senza proferire parola. Poi, sul viso candido del ragazzo scese una lacrima
«Z-Zio...A-Alessio...» disse commosso «Nipote mio...Vittorio» disse Alessio.
Nessuno osò proferire parola.

Un Criminale Nascosto A Firenze - Volume 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora