Trascorsero due settimane dall'ultima volta che vidi i fratelli Winchester. Più il tempo passava e più mi capacitavo di quanto la rabbia fosse insidiosa: a volte veri legami andavano in frantumi per delle piccolezze. Sarei potuta benissimo tornare a casa, ma in quel momento cio' di cui davvero avevo bisogno era riflettere, pensare, anche se era proprio quello il motivo per cui era partita la discussione con Dean.
Quel giorno rientrai dell'ennesimo colloquio di lavoro finito male: forse Dean aveva davvero ragione... non potevo fingere di essere una persona qualunque, innocua.
Girai la chiave nella serratura sconfortata: il motel in cui mi ero sistemata era molto carino, silenzioso e visitato per lo più da viaggiatori. Qualche giorno prima conobbi pure due sorelle: Erin e Lorelai. Erano del Colorado e avevano iniziato a viaggiare on the road per l'America; mi ricordavano molto Rachel e quello che saremmo potute diventare.
Gettai il mio zaino sul letto della camera e poi mi ci fiondai sopra esausta. Iniziai a fissare il soffitto. L'aspetto positivo di quella situazione era che i miei poteri non si erano più ripresentati, la Banshee che era in me dormiva, ma sapevo bene che quella tregua sarebbe durata poco.
Il telefono vibrò rubandomi ai miei pensieri: era l'ennesima chiamata di Sam. Ormai lo schema era fisso: prima ricevevo una telefonata da Bobby, successivamente, dopo circa un paio d'ore, mi telefonava Sam.
Non risposi come tutte le altre volte.
Lasciai scattare la mia segreteria. Poi ci fu di nuovo silenzio. In quei giorni non facevo altro che pensare alle parole di Sam: mi tormentava non aver potuto sentire quelle parole in un momento diverso, in una situazione più nostra. Volevo sentirmi pronunciare quelle parole mentre mi guardava negli occhi piuttosto che pronunciate con rimorso alle mie spalle. Mi tormentava non sapere se avesse proclamato quell'amore sapendo che lo avrei potuto sentire o se era tutto frutto della sua inconsapevolezza.
Quanto lo odiavo in quel momento, lo odiavo e lo amavo allo stesso tempo. Era un pensiero fisso che mi corrodeva le giornate. Era lì, nella mia mente a farmi compagnia, mi distruggeva ma era anche l'unico pensiero che mi salvava dalle voci nella mia testa.
Uscì per potermi prendere una birra al distributore di bibite. Una volta arrivata inserì la moneta e digitai il numero della mia scelta. Percepì uno scricchiolio alle mie spalle, come se qualcuno mi stesse seguendo.
Mantenni i nervi saldi e rimasi con lo sguardo incollato al distributore.
Feci come Bobby mi aveva insegnato: continuai le mie azioni come se nulla fosse ma mettendomi bene in ascolto del mio inseguitore. Avevo già capito che si trattava di un uomo dato il passo pesante, probabilmente non molto alto e neppure molto astuto, insomma un pessimo stalker.
Presi la lattina di birra e me ne ritornai verso la mia camera, inserì la chiave e colui che mi stava pedinando cadde nella mia trappola: con un movimento netto mi ritrovai io alle sue spalle per poi farlo scivolare dentro la camera del motel. Ora avevo io il controllo su di lui. Estrassi il coltello dal retro dei miei pantaloni attillati e mi scaraventai su di lui puntandoglielo dritto al collo.
Indossava un cappuccio grigio per cui non vidi il volto, ma riconobbi la voce: -PHOBE FERMA!- -Liam?? ma che diamine! Avrei potuto seriamente farti male!- gli urlai io visibilmente arrabbiata ma felice di vedere una faccia amica. Gli porsi una mano per potersi rialzare, poi lo feci riprendere fiato, il suo cuore correva all'impazzata.
Ritirai il coltello e gli porsi la lattina di birra, che aprì senza esitazione svelando la sua enorme sete. Non riuscivo a trattenere il sorriso -Sai che sei un pessimo stalker?- -Davvero?- -Beh innanzitutto se vuoi attaccare una ragazza in pieno giorno dovresti indossare qualcosa di meno vistoso di una felpa grigia con la stampa dei Red Hot, inoltre il tuo passo pesante tradisce tutte le tue mosse- sorrise e si scompose i capelli biondi imbarazzato. Ci guardammo per qualche secondo e poi ci abbracciammo.
Era passato troppo tempo dall'ultima volta che le nostre strade si era incrociate, e non ci eravamo potuti nemmeno salutare in modo opportuno.
-Quindi chi è che ti manda a stalkerarmi?- lui spezzò l'abbraccio e distolse lo sguardo -Nessuno... ho pensato io di venirti a trovare!- il battito del suo cuore lo tradì, ma non era difficile capire che stava mentendo. Piegai la testa da un lato e lo inizia a squadrare con il mio sguardo. Lui sospirò capendo che non aveva altra scelta che dirmi la verità -Dean mi ha chiamato due giorni fa chiedendomi di controllare che tu stessi bene...- -Non ci posso credere...- ridei io istericamente; quel ragazzo era proprio testardo e orgoglioso -Beh come vedi sto benissimo e puoi riferire a Dean che la prossima volta se ha intenzione di riparare i suoi casini dovrebbe venire lui di persona.- -Mi ha detto che sei scappata... è successo qualcosa?- mi poggiò leggermente la sua mano sulla mia spalla con fare protettivo -Abbiamo litigato pesantemente, per via di una sciocchezza... me ne sono andata perché avevo bisogno di stare un po' da sola...- -E sta funzionando?- lo
guardai negli occhi e poi sospirai -Non proprio... ma ora non ne voglio parlare-
Liam decise così di provare a farmi trascorrere una bella giornata: recuperò la mia borsa dalle mie cose e me la lanciò, poi aprì la porta e mi indicò di seguirlo -Liam? che intendi fare?- -Voglio portarti in un posto che ti possa aiutare a staccare la mente- in quel momento fui grata di averlo conosciuto.Dopo poche ore di macchina ci ritrovammo di fronte ad un grande parco nel bel mezzo della campagna immacolata, libera e lontana da ogni cosa. Liam aveva capito che la natura era il mio posto sicuro, così mi portò nel suo. Passeggiamo per ore ed ore, incrociando qualche famiglia e qualche bambino, dopotutto era un sabato pomeriggio soleggiato: a volte la vita da cacciatrice mi faceva scordare di alcuni piccoli gesti di quotidianità che un tempo appartenevano alla mia vita normale.
-A che pensi?- mi domandò Liam sorseggiando rumorosamente il suo frullato che poco prima avevamo preso ad un piccolo chioschetto -Penso a quanto mi manchi trascorrere un pomeriggio di sole senza dover pensare a fantasmi, licantropi o demoni...- sorseggiai il mio frullato prima di porgli la stessa domanda -Oh beh semplice, penso che il mio frullato abbia un gusto davvero pessimo- ridemmo fragorosamente -Da dove vieni Phobe Singer?- quella domanda mi stupì in modo evidente -Che c'è? Non posso saper di più della mia salvatrice?- -Per quanto ancora mi chiamerai così?- gli sorrisi io a pieni denti -Per sempre- mi sussurrò lui all'orecchio. Era da tanto tempo che non ridevo così genuinamente. Decidi di essere sincera con lui, dopotutto non meritava segreti. L'unico segreto da cui lo avrei protetto era quello sulla Banshee che era in me. -Vengo dal Missouri, meglio da St. Luois... e tu?- -Queens- -Attenzione, attenzione... abbiamo un vero e proprio ragazzo di città- Liam assecondò la mia battuta sfoggiando un inchino per poi ritornare all'attacco con le varie domande. Per tutto il pomeriggio ci scambiammo informazioni sul nostro passato: Liam era un ragazzo con una storia umile, i genitori si erano conosciuti e innamorati tra le vie di New York e avevano deciso di costruire una famiglia alla giovane età di vent'anni. Sua madre era una veterinaria mentre suo padre un banchiere e avevano cresciuto tre bellissimi bambini... Nathan, Liam e Maddy. -La tua famiglia è rimasta nel Queens?- -Esatto... anche se da quando sono partito per il Vietnam non ho più avuto il coraggio di ritornare da loro. Sono successe tantissime cose, ed io non sono pronto a tornare alla normalità, a trovarmi un lavoro...- -Beh puoi sempre riniziare gli studi di medicina- -Nah troppo impegnativi- -E che piani hai per il futuro?- -Fin da quando ero piccolo ho sempre desiderato viaggiare per il mondo, fare il "nomade"- disse gesticolando le virgolette, poi mi porse la stessa domanda. Il fatto è che io non avevo una vera e propria risposta... non ci avevo mai veramente pensato -Io...beh credo che vorrei solamente rifarmi una vita normale- -Fare la cacciatrice non è poi così fico vero?- -Direi di no. Sam e Dean sono cacciatori da sempre, loro sono abituati a questa vita, io lo sono diventata...- -E come mai?- -Storia lunga- -Beh abbiamo tutta la sera!- strizzai il naso e lo guardai confusa -Ricordi? Mi devi ancora una birra- rise facendomi l'occhiolino -Ma visto che ti ho stalkerato direi che potrei farmi perdonare offrendoti una cena, che ne dici?- continuò lui. Rimasi stupita... era la prima volta che un ragazzo mi invitata fuori a cena dopo tanto tempo. In quel momento percepì un buco allo stomaco, come se quella frase mi avesse scompigliato i pensieri, mi stupì molto: cominciai ad arrossire come una ragazzina. Il suo sguardo era davvero bellissimo e di certo era un ragazzo che si faceva guardare, ma in quel momento lui guardava solo me, ed io mi sentì onorata. Accettai un po' tentennando... ero molto imbarazzata per via del mio visto stanco e imperfetto e il mio abbigliamento sicuramente inadatto per un appuntamento.
Mille pensieri e incertezze da adolescente riaffiorarono in me, ma non appena lui mi sorrise a pieni denti al mio "Certo, molto volentieri", questi pensieri sparirono.
Dopotutto meritavo anche io un frammento di felicità, seppur per una sera.
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ANOTHER ME // Supernatural
FanfictionPhobe conduce una vita del tutto normale agli occhi degli altri ma in realtá nessuno, nessuno tranne i suoi genitori, sa chi é realmente. Il segreto dei suoi sará al sicuro fino all'arrivo di due strani ragazzi in cittá... Sam e Dean Winchester che...