Capitolo 5

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- Come sto? - Mi domandò mia sorella uscendo dal camerino con un bellissimo abito blu zaffiro, lungo fino alle ginocchia, schiena scoperta e una fantastica scollatura a V risaltata da un contorno di brillantini d'oro - Sei semplicemente fantastica, il pubblico ti adorerà - 

- Wow non ci posso credere che suonerò finalmente in un musical - 

- Io ho sempre creduto in te - - E io in te- disse travolgendomi in uno dei suoi abbracci, uno di quelli che ti dice quanto una persona tenga a te.

Silenzio.
Dolore.
Stanchezza.
Ecco tutto ciò che sentivo e provavo in quella piccola frazione di secondo mentre cercavo di svegliarmi. 

Spalancai gli occchi. Non ero nella mia stanza d'ospedale ma in una specie di seminterrato, ero legata ad una sedia, una sedia di quelle che si usano nei reparti psichiatrici, ero legata talmente stretta che a malapena riuscivo a muovermi. 

Mi avevano drogata, non riuscivo a rimanere sveglia e avevo un gran mal di testa. 

La porta di quel seminterrato buio e pieno di umidità si aprì e subito scese l'infermiere che mi aveva drogata e rapita.

- Il mio partner ha fallito nella sua missione ma il mio capo, beh lui ti vuole vedere soffrire
a tutti i costi - 

- Chi sei? Che cosa vuoi da me? - 

- Perdonami a volte dimentico le buone maniere, mi chiamo Jason e vedi sono stato ingaggiato per farti diciamo soffrire...- disse sorridendomi

 - Vedi, raggio di sole, tu nascendo hai portato via al mio capo una piccola cosa che hai suoi occhi però è molto importante, e lui vuole riavere quella cosa a tutti i costi e non si fermerà finché non la riavrà- 

- Ma di che cosa stai parlando? Io non conosco il tuo capo o chiunque tu sia, perciò penso se la sia presa con la persona sbagliata- 

-Io non credo. Lui mi ha ordinato di torturati finché non avresti rivelato dove si trova ciò che cerco ma, mi spiace rovinare questa bellissima pelle biancastra. Sai quando ero ancora in vita avevo una cotta per una ragazza, si chiamava Gilly, ma lei era una duchessa e quando ho provato a baciarla mi hanno giustiziato con l'accusa di averla violentata; non ti sembra buffo?! Io le ho aperto il mio cuore e lei mi ha ripagato con la morte-. Dopo quelle parole mi guardò profondamente e nel suo sguardo rividi gli occhi che aveva Stacy quando eravamo nel bagno delle ragazze, aveva gli stessi occhi neri vuoti ma allo stesso tempo colmi di sofferenza e odio

 - Tu non sei reale, tu sei un mostro- 

- Demone per la precisione, comunque anche tu lo sei per me... Hai ucciso il mio partner senza scrupoli e penso che tu l'abbia fatto senza neppure rendertene conto. La cosa buffa è che hai fatto del male persino alla tua amica Stacy- 

non capivo ciò che diceva, diceva cose senza senso... demone, il mio capo, e parlava come se fosse vissuto nell'800. Si avvicinò a me e piano piano mi accarezzò le gambe, saliva, saliva sempre di più con quella sudicia mano ma io reagii sputandogli in un occhio; 

lo infastidii molto questo mio gesto perché prese un coltello dicendomi che anche se io avevo ucciso il demone all'interno di Stacy questa volta sarebbe stato il contrario. 

Quelle parole mi provocarono un brivido che mi percosse la schiena. Mi cominciò a fare dei piccoli tagli sul viso, sulle braccia e sul collo... cercavo di trattenere le lacrime ma il dolore era troppo forte...
comincia ad urlare e a gridare aiuto ma sembrava di essere in un incubo in cui urli, ma nessuno ti sente perché non emetti nessun suono. 

Ebbi però una reazione del tutto inaspettata: Urlando alzai le braccia più forte che mai spezzando i lacci di cuoio che mi legavano le mani e lo stesso feci con le gambe... accadde tutto in pochi secondi e non appena fui libera, quel mostro mi si scaraventò contro urlandomi 

- Che cosa diavolo sei tu?-

Un dolore allucinante alla testa. Mi aveva scaraventato a terra facendomi sbattere violentemente la testa, non respiravo, mi stringeva le mani al collo; sarei morta da un momento all'altro e sentivo già la mia anima abbandonare il mio corpo, e quando guardai negli occhi il mio rapitore sentì che aveva lasciato la presa facendomi respirare di nuovo.
Urla di dolore.

Urla di sofferenza.

Urla che non appartenevano a me... erano le urla di Jason. 

Continuavo a fissarlo in quei occhi neri, desideravo ucciderlo... sanguinava da essi, dal naso e dalla bocca. Morì piano e lentamente. Rimasi in piedi davanti a quel corpo senza vita circondato da un fiume di sangue.

Mi sentivo forte, mi sentivo potente e soprattutto mi sentivo un'altra persona, un'altra me.

Salì le scale di quel seminterrato,
aprì la porta e camminai.
Camminai fino a ritrovarmi davanti al signor Thompson. Lui mi guardava sorpreso 

- Phobe... va tutto bene?-
- Il sangue brucia il suo stesso sangue -

ANOTHER ME  // SupernaturalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora