Capitolo 22

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La cittadina di Carthage era molto inquietante: non vi era traccia di un'anima viva. Arrivai, come mio solito, con un attimo di anticipo rispetto agli altri, così accostai davanti ad un palo della luce su cui vi erano appesi dei fogli sopra i quali si trovavano delle foto e delle informazioni sulle persone scomparse di cui Dean ci aveva parlato; mi soffermai su una di loro in particolare, Emily Green, una ragazzina di 15 anni, una bambina. Quale mostro avrebbe mai potuto far del male ad una bambina? ma poi i miei pensieri vennero interrotti dai rumori dei motori delle macchine di Dean ed Ellen. -trovato qualcosa?- mi domandò la donna sporgendosi dal finestrino della macchina color mattone -in realtà nulla...- -Phobe! Tieni!- disse Dean sporgendo un braccio fuori dal finestrino dell'Impala impugnando una pistola -Che cosa ci dovrei fare con quella?- domandai io ridendo -Sparare?- -Dean ma io ho già un'arma- -Intendi quell'arnese del Medioevo? Non penserai di uccidere il Diavolo con arco e frecce?!- disse lui indicando la balestra e le frecce che avevo inserito in una faretra, la quale attraversava diagonalmente tutta la mia schiena per poi passare sulla spalla sinistra, e ricongiungendosi con il resto attraversando il mio petto -Beh, si dà il caso che questo arnese del Medioevo sia un'arnese mortale quanto una pistola, soprattutto se a maneggiarla è qualcuno che non sbaglia mai un colpo...- dissi io facendogli l'occhiolino e rivolgendo poi lo sguardo verso il minore dei fratelli, il quale ricambiò il sorriso -Come ti pare! Anche se penso che la pistola sia meglio... solo fai attenzione- -Sempre-. Decidemmo così di dividerci: I fratelli Winchester sarebbero andati a controllare alla stazione di polizia, mentre io, Castiel e le Harvelle avremmo dovuto controllare se ci fosse qualcuno nei paraggi. -Guarda che esistono le portiere- commentò Jo a Castiel apparso davanti a lei senza aprire alcuna portiera della macchina: la ammiravo molto quella ragazza poiché nonostante la situazione riusciva ad essere sarcastica e seria allo stesso momento. Ad un tratto mi voltai e notai che quella cittadina non era poi così fantasma e abbandonata come pensavo... dozzine di uomini e donne in completo nero stavano in piedi, sparsi per le strade di Carthage, seri e silenziosi, se ne stavano lì immobili a fissare il vuoto, tutti loro guardavano verso ovest, come se aspettassero qualcosa, o meglio, qualcuno. -Ragazzi... abbiamo compagnia- dissi io stringendo a me la cinghia della mia faretra -In che senso? Io non vedo nessuno...- ribadì Jo. Quella frase mi fece capire che chiunque fosse quella gente, non era nulla di umano. -Mietitori- aggiunse l'angelo facendosi sempre più serio e pensieroso -Li vedi pure tu?- domandai io sapendo già che non era un buon segno -Mietitori? C'è n'è più di uno?- chiese Ellen con affare preoccupato -Saranno circa una dozzina... ma perché sono qui? Insomma non dovrebbero riunirsi in casi di catastrofi o pestilenze? L'incendio di Chicago, Il terremoto di San Francisco, Pompei... sono le uniche situazioni in cui si sono riuniti così tanti mietitori- aggiunsi io mostrando che i miei accurati studi estivi avevano avuto successo -Hai ragione, ma non so perché sono qui... scusate, ma devo scoprirlo- furono le ultime parole di Castiel prima che sparisse del tutto accecato da un bagliore bianco. -Castiel?- gridai io, m a non ebbi risposta da nessuno eccetto che dal silenzio -Ellen, Jo, voi proseguite... io cercherò Cass- -Phobe no! Può essere rischioso, Cass se la caverà- disse la più giovane cercando di persuadermi, invano... -Jo, sono l'unica che può scoprire perché questi mietitori si trovano qui, inoltre ho i miei poteri che mi proteggono- -Phobe ha ragione, è l'unica oltre a Castiel che può trovare informazioni... andiamo dai ragazzi- disse Ellen convincendo la figlia che quella era una sfida già vinta da me in partenza -Ok, va bene, ma prometti che non appena scoprirai qualcosa tornerai da noi- si rivolse Jo a me -Lo prometto-. 

Non sapevo esattamente cosa dovessi fare ma sapevo che quei mietitori potevano sentirmi e vedermi, dovevo solo trovare un modo per attirare l'attenzione di almeno uno di loro: quest'estate lessi su un libro della biblioteca datata di Bobby che i mietitori sono esseri avidi e senza scrupoli, e che sono attratti dalle urla delle banshee. L'unico problema è che essendo le banshee e i mietitori molto simili, non si trovano molto in sintonia... dubito che uno di loro si decida spontaneamente di parlarmi, presumo che dovrò dare loro qualcosa in cambio. Pensai quindi che se fossero veramente attratti dalle grida di una creatura come me avrei dovuto urlare, così mi preparai per quella impresa: non potete immaginare quanto sia difficile sfoderare un urlo da banshee su comando. Mi arrampicai sul tettuccio di un'auto abbandonata, riempì i polmoni di aria con un respiro molto profondo e chiusi gli occhi... mi concentrai sulla morte di qualcuno a me caro, non avevo molto tempo così decisi di innescare la bomba nel modo più veloce ma doloroso possibile: portai alla memoria una ferita ancora aperta, ricordando il corpo di mia sorella, disteso senza vita su quella pista di ghiaccio, immerso in una pozza di sangue scuro e ancora fresco, ricordai i suoi occhi marroni, fermi, spalancati verso di me. Aprì gli occhi e sapevo che il mio colore azzurro cielo aveva lasciato spazio a quegli occhi viola lucenti, e con tutta la forza che avevo in corpo emisi quell'urlo che evocava la Morte; fu talmente forte che feci tremare le vetrine dei negozi e i vetri delle auto... Tutti loro si voltarono, ma una di loro in particolare mi guardava con occhi affascinati e fu in quell'istante che capì chi era colei con cui avrei negoziato. 

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