-Ehi, eccomi, scusa ma era uhm... un mio parente- sussurra il supplente di filosofia dall'aria misteriosa. -come promesso, non mi sono mossa- dico io abbozzando un sorriso, uno di quelli ricchi di malinconia mista all'imbarazzo... pare abbozzarlo pure lui un sorriso imbarazzato. -Forse è meglio che ti riporti in camera, hai bisogno di riposare- e così facciamo... torniamo in camera, percorriamo il corridoio che da sul giardino ovest dell'ospedale, sono tranquilla, strano ma vero.
-Penelope- sibila una voce quasi angelica
mi volto di scatto ma, non vi era traccia di nessuno... -Va tutto bene?- domanda il ragazzo con aria sbigottita - Avrei giurato di sentire... nulla non importa- dico ritornando a guardare davanti a me.
-Penelope- continua a sibilare la voce
Provo ad ignorarla, come cerco di ignorare quei brividi che mi percorrono la schiena al pensiero che qualcosa di brutto stesse per accadere.
Quel corridoio si faceva sempre più lungo e inquietante. Ero talmente concentrata su quella voce nella mia testa che non mi ero nemmeno accorta di essere nel corridoio dell'ala sud: nell'ala sud ci sono i pazienti in coma. Nell'ala sud giace il corpo di Stacy, quasi morente. Passiamo davanti alla sua camera, la porta è aperta e all'interno ci sono i genitori della ragazza... chiedo al professore di fermarci e lui, titubante segue la mia richiesta. La mamma di Stacy è inginocchiata ai piedi del letto della figlia... piange disperata stringendo a se un rosario con grandi perle di color rosso sangue, come il colore del sangue versato da Cristo nel momento della sua morte, mentre il padre poggia la mano destra sulla spalla della moglie.
-Andiamo via- ordino io al mio, ormai angelo custode, con le lacrime agli occhi. Quelle lacrime iniziano a percorrere il mio freddo viso, insieme ai sensi di colpa che mi lacerano il cuore pian piano, fino a togliermi il respiro. Ho paura. Ho paura di me stessa, di quello che faccio quando perdo il controllo, ferisco la gente, le persone che amo: vorrei essere io al posto di Stacy in quel letto d'ospedale... Io dovrei essere al suo posto.
Mi sveglio agitata, impaurita, senza il respiro. Sono le 2.45 della notte. Ho avuto un'incubo: non sono abituata a dormire molto, sono spesso tormentata da incubi, insonnia e sonnambulismo, i dottori e gli psicologi che ho consultato concordano tutti sul fatto che si tratti di un disturbo post-traumatico, dovuto alla morte di mia sorella. Ansimo... cerco di stare calma, ma non ci riesco. Il rumore della macchina del cuore si fa più forte e fastidioso. stringo il lenzuolo molto forte mentre cerco di prendere le redini della situazione. Provo a scendere dal letto, staccando con violenza l'ago della flebo facendo sanguinare il braccio. Mi avvicino alla porta cercando di chiamare aiuto, sento che respiro si fa più pesante, un peso sul petto mi impedisce di respirare. Accenno uno o due passi, poi cado rumorosamente al suolo. sento il pavimento freddo toccarmi la guancia destra e vedo alcune ciocche dei mie capelli sul pavimento, non sono però rossi fuoco, sono color nocciola, sono lunghi, molto più lunghi dei miei, quei capelli mi fanno capire che sono distesa a terra, morente. Sento le uniche forze che ho in corpo abbandonarmi, le palpebre farsi pesanti, il cuore rallenta. Non riesco ad urlare. Si dice che quando si sta per morire il tempo rallenti, in quel momento il tempo sembrava non esistere, sembrava fare un patto con la morte. La morte... noi tutti la immaginiamo come una donna vecchia, cadaverica, vestita di nero con in mano una lama con la quale taglierà il filo rosso della nostra vita... la vedo, vedo la morte che taglia il filo della mia vita.
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ANOTHER ME // Supernatural
FanficPhobe conduce una vita del tutto normale agli occhi degli altri ma in realtá nessuno, nessuno tranne i suoi genitori, sa chi é realmente. Il segreto dei suoi sará al sicuro fino all'arrivo di due strani ragazzi in cittá... Sam e Dean Winchester che...