Episodio Quattro/4

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Sua madre era talmente furiosa che nel tragitto verso casa non aveva detto una singola parola.

Lorenzo, dal canto suo, aveva perso la voce, e pure le lacrime. Aveva pianto da quando aveva trovato sua madre, convocata a scuola, e gli aveva mollato uno sculaccione, lì davanti a tutti. Una maestra aveva sospirato, ma poi sua madre aveva rassicurato le maestre, l'aveva afferrato e l'aveva portato via. Lorenzo aveva pianto, aveva chiesto scusa mille volte, non lo sapeva, aveva sbagliato, credeva fossero quelle puzzolenti, non voleva far male a nessuno... sua madre però non lo ascoltava più. La voce gli morì dentro e le lacrime, che si erano precipitate copiose dai suoi occhioni blu, erano come esaurite.

A casa, sua madre lo spinse dentro, a varcare la soglia, con due sonori sculaccioni, uno dietro l'altro. Lorenzo sobbalzò, si parò il didietro e avanzò, per poi fermarsi. Restava guardingo, a distanza di sicurezza dalla madre, che teneva sotto controllo, cercando di intuirne le mosse.

"Spero che ti sei divertito alla festa, prima di seminare il panico", esordì, chiudendo la porta. La vide togliersi il soprabito e appenderlo all'appendiabiti all'ingresso, poi sfilarsi le scarpe e indossare le ciabatte che stavano lì in attesa. "Perché adesso, ascoltami bene Lorenzo, adesso ti concio per le feste!"

Lorenzo era troppo spaventato, troppo dispiaciuto dell'errore e del danno causato, e troppo stanco, per gli strepiti e il pianto, per pensare di fuggire, per reagire in qualunque modo. Rimase lì, imbambolato, a osservare i movimenti della madre.

"Togliti il giubbino e lo zaino, avanti, Lorenzo", ordinò la madre, la voce dura, ma senza alzare il volume. Si scosse e agendo come un automa eseguì l'ordine, appese il giubbotto all'appendiabiti, poi ai piedi vi lasciò provvisoriamente lo zaino di scuola. Sotto il giubbotto aveva ancora il costume da Ninja, ma non pensò minimamente a toglierselo.

"Vieni in cucina".

"Mamma...", esordì. Un gesto automatico, un meccanismo che era scattato non appena la madre aveva detto quella frase, che preannunciava sempre un'imminente sculacciata, di quelle coi fiocchi. Sua madre sarebbe entrata in cucina, avrebbe preso il cucchiaio di legno, si sarebbe seduta sulla sedia e poi se lo sarebbe preso in grembo, per punirlo.

"Lorenzo! Basta ora! Basta con gli scherzi, le bugie, i capricci e le lamentele! Hai esagerato di brutto! Ma ti pare normale questo comportamento, eh?! Quante volte te lo devo ripetere?! Hai esagerato, ora basta!", continuava a sgridarlo. Inconsciamente, la seguì fino alla cucina.

Quando, però, l'aveva vista raggiungere il bancone, aprire il cassetto delle posate e degli utensili e tirare fuori un grosso cucchiaio di legno, più grosso e lungo di quelli che solitamente stavano in giro per la cucina, a portata di mano, si sentì in preda al panico, il cuore gli palpitava, mille voci dentro la testa gli dicevano di scappare. Sua mare, intanto, aveva preso posto.

"Avanti, vieni qui, lo sai che ora ti tocca. Sta' tranquillo, ti farò tornare il solito bambino buono e dolce che sei di solito".

Per avvicinarsi... s'era avvicinato. Ma quando era arrivato davanti a lei, e l'aveva vista seduta dritta sulla sedia, con in mano il cucchiaio di legno... qualcosa dentro di lui era scattato. Agendo d'istinto e prendendo totalmente alla sprovvista sua madre, allungò una mano, le strappò dal pugno il cucchiaio e scappò via, mentre sua madre strillava il suo nome, allungando all'inverosimile le sillabe.

"Torna subito qui!", andava strillando la mamma, inseguendolo e correndo. Lorenzo però aveva avuto un vantaggio, l'effetto sorpresa. Altrimenti, la mamma l'avrebbe agguantato in una manciata di passi. Non che avrebbe percorso chissà quanti passi. Oltrepassato il corridoio, realizzò che non c'era via di fuga, non c'era rifugio, se non il suo letto. Non si trattava, però, di quelle volte che, minacciandolo col cucchiaio per farlo andare a letto, bastava che raggiungesse la stanza per essere salvo. Così, quando sua madre l'aveva raggiunto, entrando imbufalita nella cameretta, mentre lui stava sul letto, il cucchiaio stretto tra le braccia, s'era reso conto che non avrebbe potuto scamparla. Il cucchiaio, però, no, non gliel'avrebbe mai dato. Costi quel che costi.

Ti concio per le feste (SV#4)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora