Jess
Ci sono volute diverse ore prima che tutte quelle persone si dileguassero e i giornalisti la smettessero di affollare l'esterno dell'ospedale. Jackson ha cacciato via tutti imponendo a Kyle un po' di riposo, mentre Miles ha rilasciato un'intervista per placare le domande dei reporter. Ho atteso che la folla si diramasse prima di andare a fargli visita. Intanto mi sono tenuta impegnata con qualche visita di controllo in reparto, per non lasciare vagare la mente verso pensieri che sapevo mi avrebbero costretta ad analizzare i miei sentimenti riguardo a Kyle. Alla fine ho raccolto le poche forze emotive rimastomi per mostrargli ancora il mio sostegno e non farlo sentire soffocato dalle sue stesse fragilità. Mi sono assicurata che stesse bene, che avesse tutto il necessario e che non restasse solo mentre suo padre congedava le ultime persone, ma quando mi ha chiesto sfacciatamente di restare e passare la notte con lui, in ospedale, non sono stata in grado di assecondarlo. Sentivo il bisogno di allontanarmi da lui e prendermi cura di me stessa. La mia testa è troppo incasinata dalla sua presenza e dai ricordi che mi hanno pervaso per tutta la giornata. Sono stanca. Devo assolutamente riposare, liberare la mente e poi esaminare con calma e schiettezza quello che sta succedendo tra di noi per prendere una decisione definitiva su cosa fare del nostro rapporto. Tornerò da lui domani, come promesso. Per questa sera ho già un programma piuttosto serrato: lavarmi, chiamare mamma e dormire.
Apro la porta di casa con l'unico intento di fiondarmi in bagno e affondare nel letto entro mezz'ora. Poso la borsa e il cappotto nell'appendiabiti, mi tolgo le scarpe e mi spoglio lungo il cammino verso la doccia. Una volta dentro faccio scorrere l'acqua calda e m'immergo completamente sotto il getto fumante, rilassando a poco poco i muscoli. Mi lascio coccolare dal tepore mentre mi massaggio dolcemente la pelle e i capelli. Con calma passo i polpastrelli nella cute e chiudo gli occhi mentre mi bagno delicatamente il viso. Mi godo questo momento di pace dopo aver trascorso le ultime settimane in preda all'ansia e alla preoccupazione per l'intervento. Lascio scivolare via insieme all'acqua ogni tormento. Mi abbandono con la testa contro le piastrelle e libero tutta la tensione accumulata in questa interminabile giornata. Mi sforzo di ritrovare il mio equilibrio mentale cullata dal suono dell'acqua che picchietta incessante sul mio corpo. La nube di vapore che mi circonda gioca un ruolo distensivo per i miei sensi, quietando la mia mente turbata. Immersa in questa placida atmosfera mi accorgo distrattamente che stanno suonando alla porta. Non ho idea di chi possa essere e sinceramente non m'importa. Voglio restarmene ancora un po' qui, con gli occhi chiusi. A quanto pare però qualcuno ha deciso di attaccarsi convulsamente al mio campanello. Cristo! Non si può avere un attimo di pace senza che nessuno mi rompi le scatole?
Imprecando in tutte le lingue che conosco afferro una tovaglia e me l'avvolgo attorno al corpo, costringendomi controvoglia a uscire dalla doccia per vedere di chi si tratta. Non mi premuro nemmeno di tamponare le goccioline d'acqua che ho sulla pelle, né tanto meno di raccogliere con un asciugamano i capelli ancora grondanti. D'altronde chi mai potrei trovarmi davanti a quest'ora? Un vicino di casa? Il capo condomino? La signora Diaz che ha perso per la milionesima volta il suo gatto?Infuriata spalanco la porta, pronta a subirmi qualche assurda lamentela e a contrattaccare sull'allucinante maleducazione del mio disturbatore. Quello che i miei occhi si ritrovano davanti però è ben lontano dalle mie fantasie al riguardo. «Hector?» domando attonita, scrutando allibita la sua imponente figura che sovrasta l'uscio di casa mia.
«Jessica», mi saluta. La voce calda che non si premura nemmeno di nascondere quell'evidente pizzico di compiacimento nel constatare la mia espressione sconcertata.
«Che ci fai qui?». Il mio tono risulta più acuto e accusatorio del solito. Non saprei se sia dettato dallo stupore di trovarlo a pochi passi da me, mentre sono in queste condizioni, o dall'irrefrenabile voglia che ho di sbattergli la porta in faccia e spiaccicarci sù quel viso insolente che si ritrova.
«Devo parlarti e come ben sai ti ostini a ignorare i miei messaggi e le mie chiamate, così sono venuto direttamente di persona per accertarmi che tu mi stia a sentire». Il fastidio che trasuda dal suo volto per la mia indifferenza non fa che gonfiare il piacere che provo nel torturarlo.
«Mi stai tallonando o sei solo troppo orgoglioso per fare i conti con il mio disinteresse?», lo provoco, cosciente di quanto il suo ego ne risenta di questa insinuazione.
«Oh tutto questo non ha a che vedere con il mio orgoglio, te lo posso garantire!» chiarisce spazientito, scuotendo la testa.
«Bene, allora dimmi: cosa e chi ti ha dato il permesso di venirmi a cercare fin qui? Potrei denunciarti per violazione di domicilio» brontolo, incrociando le braccia al petto.
«Sulla base di cosa? Non ho mica forzato la serratura per entrare» si difende. No, certo che no! Ha solo rischiato di fulminare il campanello per l'insistenza con cui si ci è attaccato. Tra l'altro vorrei sapere chi gli ha aperto il portone per farlo salire fin qui. «Sei stata tu a darmi il consenso ad avere accesso ai tuoi dati sensibili, come l'indirizzo di casa» farnetica con la sua lingua sciolta. «Inoltre vorrei ricordarti che sono il tuo avvocato e in quanto tale possiedo l'autorizzazione ad avere certe libertà come...».
«Smettila di straparlare! Ho capito» lo sovrasto, massaggiandomi una tempia dolorante. «Dimmi che diamine vuoi e vattene». Sto gelando qui, nell'androne, coperta solo da un telo che mi avvolge dal seno alle ginocchia. Voglio liberarmi di lui il prima possibile e tornarmene al calduccio dentro casa.
«I tuoi tentativi di tenermi alla larga non servono certo a farmi desistere, piuttosto sono un insulto alla mia caparbietà e non fanno che imbestialirmi» m'informa, storcendo quelle dannate labbra dalle linee perfette che si muovono abilmente dando voce al suo sfogo. La cocciutaggine che pervade i suoi occhi neri mentre attraversano il mio viso non è che una conferma di come tutto questo lo istighi a perseguirmi. «Io detesto rincorrere la gente. Non mi piace elemosinare l'attenzione di nessuno, dovresti saperlo» si lamenta infatti.
«Allora non farlo, non rincorrermi». La soluzione mi sembra abbastanza semplice dopotutto.
«Me lo risparmierei volentieri se non mi costringessi costantemente a farlo con la tua noncuranza verso i miei messaggi» brontola accusatorio. Quindi la colpa sarebbe mia? A me sembra invece che riguardi più la sua incapacità di fare i conti con il mio rifiuto di accondiscendere a ogni sua richiesta. «Ti piace sfidare la mia pazienza, spingermi oltre il limite» ribadisce frustrato. «Beh ecco quello che ricevi in cambio: un ostinato uomo che ricorre a ogni mezzo che possiede per ottenere ció che vuole». Il suo sguardo intenso, che s'insidia prepotente dentro i miei occhi scuri, mi lascia intendere per un istante che quello che dice di volere in realtà non è altro che me. Quell'illusione però sfuma via veloce quando mi ricordo di avere a che fare con un megalomane avvocato di Manhattan, il cui ego è talmente grande da non lasciare spazio a nessun altro che non sia se stesso.
«Ti prego, Hector, basta! Sono troppo stanca per starti a sentire. Questa non è proprio la giornata giusta» squittisco, sfinita da quella che sembra essere un'arringa di difesa studiata a tavolino. «Ho ignorato il tuo messaggio perché volevo passare una serata tranquilla a casa in assoluta solitudine, dedicandomi esclusivamente ad attività rilassanti come fare una doccia calda, bere un tè e andare a letto presto. Tutte azioni che non lasciavano spazio alla tua indesiderata e opprimente presenza, che comunque è riuscita ugualmente a insediarsi nel mio pacifico programma e rompermi le scatole nell'esatto momento in cui il mio rituale di benessere è cominciato» concludo indispettita, premurandomi di rimarcare l'evidente disprezzo che provo nei confronti del suo atto di estremo disturbo.
«Lieto di aver alterato i tuoi programmi. Mettere a dura prova i tuoi nervi, esattamente come tu fai con i miei, è un vero piacere». Ora potrei sbattergliela davvero la porta contro il muso e non m'importerebbe affatto se il suo bel viso ne rimarrebbe scalfito. «Vestiti. Ti porto a cena fuori» asserisce di tutto punto.
«Come scusa?» chiedo allibita, facendo un passo indietro dentro casa. Questo è tutto matto! Pensa davvero di poter comandare la gente a suo piacimento?
«Dobbiamo parlare della tua citazione quindi, a meno che tu non voglia uscire nuda e bagnata...». Rivolge una rapida occhiata al telo che mi avvolge, sforzandosi di non indugiare più del dovuto con lo sguardo sulla pelle scoperta, che lascia spazio al piccolo solco tra i seni e mostra le sensuali linee del collo. «Ti conviene vestirti. Ti porto fuori». Troppo presa dalla sua assurda richiesta non presto molta attenzione al modo in cui si schiarisce appena la voce, nascondendo il lieve cenno di sospiro che lo fa deglutire. Ha dei seri problemi di comprensione o cosa?
«Non vado da nessuna parte! Forse non ti è chiaro che voglio passare una serata tranquilla in casa» ripeto esasperata.
«A te invece sembra non essere chiara l'urgenza di affrontare una conversazione riguardo la tua citazione» insiste spazientito. Gesù! Non mi libererò mai di quest'uomo così fastidiosamente tenace.
«Credevo che avessi la situazione sotto controllo» osservo, rammentando il suo pavoneggiarsi al riguardo.
«È così» confuta senza battere ciglio. Allora cosa diamine vuole da me?
«Ottimo! Quindi possiamo prendere appuntamento nel tuo ufficio e vederci con calma nei prossimi giorni. Ciao». Sto per chiudere la porta ma non faccio in tempo a incastrare la serratura che lui la riapre con la mano, spingendola quel tanto che basta per insediarsi nel piccolo spazio che separa l'uscio dall'ingresso.
«Non ho intenzione di perdere tempo con i tuoi giochetti». Improvvisamente è così vicino al mio corpo seminudo da costringermi a fare un passetto indietro per non scontrarmi con il suo braccio, appoggiato alla porta per impedirmi di chiudergliela in faccia. «So giá che non ti presenterai nel mio ufficio, perciò vestiti. Ne parleremo stasera a cena» ordina intransigente.
«Non voglio uscire» ripeto risoluta. Lo fronteggio persino, non curandomi di come questa presa di posizione ci riporti a pochi centimetri l'uno dall'altra, investendo i miei polmoni con il suo accattivante profumo.
«Preferisci parlarne dentro casa?» domanda imperterrito, disposto a propinarmi la qualsiasi pur di trascorrere questa dannata serata con me. Scontrarsi con lui sta diventando snervante. Non importa quanto m'impegni a contrastarlo, trova sempre il modo per averla vinta. Sbuffo. «Non mi darai tregua, non è così?» realizzo frustrata.
«Non sono avvezzo ad accettare comportamenti riluttanti come il tuo» ammette con quell'aria di superiorità che lo rende tanto affascinante quanto fastidioso. Maledizione! Lo detesto. Lo detesto con tutta me stessa. Alzo gli occhi al cielo e assottiglio lo sguardo, assicurandomi che percepisca tutto l'odio che sto provando nei suoi riguardi in questo momento. «Entra». Arresa mi faccio da parte e lo lascio passare. «Aspettami sul divano» brontolo stizzita. «Se vuoi che esca con te mi serve qualche minuto per prepararmi».
«Nessun problema. Aspetterò pazientemente» decreta imperturbabile. Oh, questo lo vedremo mio caro avvocato! Sta per avere inizio il secondo round.
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Cracked
RomanceLa storia è una sorta di spin off di Death Stalker, ma vi consiglio di leggerla in contemporanea agli aggiornamenti di quest'ultima poiché alcuni capitoli sono collegati tra di loro. La trama verrà postata a breve.